15 indagati per associazione a delinquere finalizzata al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori nei settori della logistica e della metalmeccanica, sequestro di immobili e disponibilità finanziarie per oltre 750.000 euro. È quanto emerge da una maxi inchiesta svolta dalla Guardia di Finanza di Padova, che ha interdetto un imprenditore di nazionalità indiana, residente da tempo nel padovano, che aveva creato un vero e proprio impero illecito improntato allo sfruttamento di numerosi lavoratori (principalmente connazionali, ma anche bengalesi e pakistani) con ramificazioni in diverse regioni italiane: Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Puglia.
Il sistema collaudato funzionava in questo modo: appena giunti sul territorio nazionale, i lavoratori ottenevano un regolare permesso di soggiorno grazie all’immediata assunzione presso cooperative fornitrici di forza-lavoro per i grandi magazzini della logistica e per varie industrie del settore metalmeccanico. I lavoratori, come riporta il quotidiano PadovaOggi, erano però sottoposti alla pressante vigilanza dell’organizzazione, che dislocava presso ogni cooperativa un fidato sodale con il compito di spegnere, con la minaccia e talvolta con l’uso della forza, ogni tentativo di protesta o ribellione, controllando anche la fruizione di ferie o permessi, nonché disincentivando l’eventuale adesione a organizzazioni sindacali.
Ma il clima di costante intimidazione era soprattutto alimentato dal timore di possibili ritorsioni sui familiari rimasti in India. Inoltre gli stessi lavoratori – già gravati dalla necessità di mantenere le famiglie d’origine – erano costretti a restituire le ingenti somme dovute per l’ingresso e l’ottenimento dell’impiego in Italia, nonché obbligati a soggiornare presso le case degli stessi organizzatori del sistema criminale, spesso in situazioni alloggiative degradanti, per essere sottoposti a un controllo stringente fino al pieno soddisfacimento della pretesa economica. Il consistente profitto dell’organizzazione, pertanto, era assicurato dal denaro contante prelevato direttamente dai conti correnti dei lavoratori sfruttati.
Tale profitto veniva in parte trasferito in India e in parte utilizzato per l’acquisto di ulteriori abitazioni da destinare a dimora obbligata dei lavoratori, in modo da alimentare e accrescere il sistema di sfruttamento della manodopera. In conclusione, la stima dei soggetti reclutati e impiegati nel solo territorio padovano con il sistema del «caporalato» è risultata ammontare a oltre 100 unità .
Le indagini, coordinate dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria delle fiamme gialle di Padova, come detto in apertura hanno portato all’interdizione del promotore del sistema criminale e al sequestro di beni e disponibilità finanziarie per 750 mila euro, tra cui 3 immobili siti nella provincia di Padova, utilizzati per ospitare i lavoratori reclutati.