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Se l’occhio non vede: Bosch lancia all’IAA un sistema di allerta in tempo reale

In quali e quanti condizioni l’occhio umano non riesce a vedere al meglio? Provate a pensare: in mezzo a una fitta nebbia, oppure quando dal cielo viene giù un temporale scrosciante oppure quando il veicolo di quel malcapitato ha deciso di interrompere la sua marcia proprio lì, dietro quella curva che state per imboccare. Bosch ha sviluppato Road Hazard Service esattamente per “illuminare” queste situazioni e per fornire ai conducenti informazioni in tempo reale sui potenziali pericoli presenti lungo il percorso, riducendo quindi il rischio di incidenti. 

Il lancio ufficiale a dire il vero è dello scorso giugno, quando il sistema è comparso su in Europa sulle vetture delle principali case automobilistiche tedesche. Da dicembre 2024 avverrà il salto anche nel mondo dei veicoli da trasporto, quando ad adottare Road Hazard Service saranno i camion di Mercedes-Benz Trucks, ma l’anteprima sarà mostrata già dalla prossima settimana ad Hannover nel corso dell’IAA. La cosa è interessante perché se in generale il servizio serve a segnalare condizioni di pericolo in tempo utile, prima cioè che si verifichi una situazione critica, rispetto ai veicoli commerciali – come ha spiegato Markus Heyn, membro del Cda di Bosch e Presidente del settore di business Mobility – «il servizio consente anche di reindirizzare i mezzi in modo efficiente e tempestivo per evitare i pericoli che si presentano all’improvviso». 

Per funzionare il sistema deve raccogliere dati anonimi attingendo a tante fonti, come possono essere i servizi meteorologici, gli operatori della viabilità, i gestori delle autostrade. Ma d’altra parte anche i veicoli equipaggiati con Bosch Road Hazard Service inviano dati che riguardano la temperatura esterna, l’attivazione di tergicristalli o fendinebbia, la messa in funzione del sistema Esp ecc. Tutti segnali da elaborare poi in messaggi funzionali a salvaguardare la sicurezza stradale.
Road Hazard Service è un componente dei Connected Map Services di Bosch, in grado di ottimizzare, tramite swarm data e informazioni meteorologiche, il ricorso a sistemi di assistenza alla guida, come il cruise control adattivo o la frenata automatica di emergenza. In pratica, in queste condizioni, il Road Hazard Service funziona come un sensore aggiuntivo, che serve proprio ad anticipare l’attivazione di un sistema in condizioni critiche. È il caso, per esempio, di quando l’asfalto di una strada diventa particolarmente scivoloso perché inondato di acqua e quindi c’è bisogno di anticipare la frenata di emergenza, perché se si attivasse con i tempi normali – vale a dire con l’asfalto asciutto – a quel punto potrebbe essere troppo tardi.
Non serve aggiungere che proprio tale potenzialità di poter «reagire con quanto accade intorno» costituirà un elemento facilitatore dell’introduzione della guida autonoma.

DSV vicinissima all’acquisto di DB Schenker

Ormai i giochi sembrano fatti: la società di logistica danese DSV sembra aver formalizzato l’acquisto di DB Schenker, la divisione logistica di Deutsche Bahn, azienda di Stato tedesca. Ad affermarlo sono fonti dello stesso governo di Berlino riportate dall’agenzia di stampa Reuters. Addirittura, a conferma della concretezza dell’operazione, si anticipa anche la somma versata per la cessione: 15,43 miliardi di dollari, vale a dire una cifra molto vicina ai 14 miliardi di euro, apposta come parte integrante di un contratto preliminare firmato dalle parti.

Il via libera da parte del consiglio di amministrazione dovrebbe essere ratificato in queste ore, mentre manca ancora l’accettazione da parte del consiglio di sorveglianza. E in tale contesto è presente la resistenza da parte dei sindacati, contrari alla cessione alla società danese in quanto la ritengono un pericolo concreto per la tenuta del livello occupazionale dell’azienda. O meglio, rispetto all’altra offerta – più leggera a livello finanziario – da parte di Cvc Capital Partners, quella di DSV viene considerata più “affilata” dal punto di vista dei tagli di personale.

Per ora non sono ancora giunte conferme ufficiali, ma buona parte degli osservatori sono concordi nel giustificare la scelta di Deutsche Bahn di cedere Schenker soltanto con la necessità di contenere il proprio debito (vicino ai 30 miliardi) e per concentrarsi tendenzialmente sul business passeggeri, a scapito di quello merci. 

DSV diventerebbe così il maggiore spedizioniere mondiale in termini di fatturato. E non a caso subito dopo le voci di acquisto il valore delle aziosi dell’operatore danese hanno iniziato a salire. La stessa banca statunitense Citigroup ne ha raccomandato l’acquisto, stimando un loro rialzo nell’ordine del 26%.

Il camion Volvo è sostenibile a partire dall’involucro

La sostenibilità è una scelta necessariamente olistica. Se infatti un produttore di camion si ricordasse dell’ambiente soltanto quando realizza motori sarebbe riduttivo, perché intorno al propulsore c’è tanto altro e le emissioni che questo «altro» è in grado di produrre sono altamente significative.

Volvo Trucks, per esempio, decisa a conquistare un azzeramento delle emissioni delle emissioni di gas serra nella catena di fornitura entro il 2040, ha puntato innanzi tutto sull’acciaio, per la semplice ragione che il 47% di un FH diesel è fatto di tale materiale, che poi a sua volta assorbe il 44% della CO2 emessa in fase produttiva, pari a circa 21 tonnellate. Ebbene, puntando su una tipologia di acciaio diversa, messa a punto dall’azienda svedese SSAB, è possibile riuscire a tagliare le emissioni di CO2 di circa l’80%. In che modo? Essenzialmente in due: innanzi tutto facendo uso in fase produttiva soltanto di materie prime riciclate e poi puntando a livello energetico soltanto su elettricità o biogas privi di fonti fossili. E questo acciaio – ribattezzato come SSAB Zero – è già presente dal 2022 sui veicoli elettrici e in seguito anche sulle trasmissioni. Dall’inizio del 2025 si fa un altro passo in avanti, facendolo diventare il materiale base con cui realizzare i telai. E qui i numeri diventano importanti. Proviamo a calcolarli.

DI COSA È FATTO UN VOLVO FH DIESEL?

47, 26, 11 e 8%

Sono le percentuali assorbite rispettivamente da acciaio, ghisa, polimeri e alluminio. Che poi rappresentano nell’ordine il 44, il 26, il 14 e l’8% di CO2 emessa in fase produttiva, pari a 21 tonnellate

Un taglio di 6.600 tonnellate di CO2 in un anno

La previsione è quella di sfornare nell’arco di un anno 12 mila FH ed FM con telaio SSAB Zero. In questo modo, a conti fatti, si immetteranno nell’ambiente circa 6.600 tonnellate di C02 equivalenti. Ma è un passo ulteriore, a cui ne seguiranno altri, sia estendendo il ricorso a questo speciale acciaio anche ad altre gamme, sia andando a sostituire altri materiali con alternative a basse emissioni. Quali? «L’acciaio è uno dei materiali principali dei nostri camion – risponde Jan Hjelmgren, Senior Vice President Product Management and Quality di Volvo Trucks – ma noi stiamo cercando di sostituire anche altri materiali, come l’alluminio e la plastica, con alternative a basse emissioni. Siamo orgogliosi di essere all’avanguardia nel settore quando si tratta di materiali sostenibili per i nostri veicoli».

UPS acquisisce Frigo-Trans e cresce nella logistica sanitaria

Un’altra importante operazione di acquisizione nel settore logistico conferma l’attuale trend del comparto verso la concentrazione aziendale, con grandi società che inglobano altre imprese più settoriali e con mission specifiche, in modo da coprire tutto il processo di consegna dall’inizio alla fine

L’ultimo esempio vede alla ribalta UPS, famosa società americana di trasporto pacchi e spedizioni internazionali, che ha comunicato di aver acquisito Frigo-Trans e la sua consociata BPL, aziende leader nel settore della logistica sanitaria complessa, con sede in Germania. Un’acquisizione che, una volta completata, rafforzerà in modo significativo le capacità end-to-end del colosso statunitense in tutta Europa e che è rivolta ai clienti UPS Healthcare che necessitano di una logistica sensibile alla temperatura e alle tempistiche di consegna.

La rete di Frigo-Trans comprende magazzini a temperatura controllata che coprono sei zone di temperatura, dalla crioconservazione (-196°C) all’ambiente (da +15° a +25°C); una soluzione di trasporto della catena del freddo paneuropea e capacità di spedizione a temperatura controllata e in tempi rapidi. 

La conclusione dell’accordo è prevista per il primo trimestre del 2025, ovviamente dopo le consuete verifiche e approvazioni normative. Al momento non sono stati resi noti il valore e i termini della transazione.

L’operazione si inserisce nella strategia di ampliamento del network globale di UPS Healthcare che in Europa negli ultimi anni ha visto l’acquisizione di Bomi Group per l’Italia, a novembre 2022, e quella dell’unità logistica sanitaria di Transports Chabas Santé per la Francia a settembre 2023.

«Il ritmo incalzante dell’innovazione nell’industria farmaceutica sta creando la necessità di avere catene di fornitura del freddo e congelato più integrate – ha commentato Kate Gutmann, presidente di UPS International, Healthcare and Supply Chain Solutions – Frigo-Trans contribuirà ad ampliare il portafoglio di soluzioni per i nostri clienti e ad accelerare il nostro percorso per diventare il primo fornitore di logistica sanitaria complessa al mondo che risponde alle loro esigenze».

Accordo Bosch-Pirelli per sviluppare i cyber-pneumatici

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Bosch e Pirelli hanno firmato un accordo di collaborazione per lo sviluppo della tecnologia dei pneumatici intelligenti, ovvero software-based e capaci, grazie ai sensori installati “in tire”, di garantire ai guidatori maggiore sicurezza, comfort e sostenibilità e una migliore dinamica di guida. Obiettivo dell’intesa è di “creare nuove soluzioni e funzionalità di guida” legate all’impiego dei sensori.

La tecnologia di Pirelli è chiamata Cyber Tyre. Si tratta del primo sistema al mondo basato su pneumatici con sensori integrati che raccolgono dati e li trasmettono al veicolo, processandoli in tempo reale. Da parte sua Bosch ha già sviluppato un’applicazione ESP specificatamente adattata ai pneumatici Pirelli in occasione di un primo progetto congiunto, insieme al costruttore di auto ad alte prestazioni Pagani. In quel caso Pirelli Cyber Tyre ha trasmesso alla Pagani Utopia Roadster informazioni chiave dal pneumatico all’unità di controllo dell’ESP, il che assicura un utilizzo ottimale delle specifiche proprietà dello pneumatico e delle sue performance, ma anche massimi livelli di sicurezza e comfort di guida su misura in ogni condizione.

Nell’ambito della nuova intesa, Bosch fornirà, oltre alle proprie competenze hardware e software, i sensori MEMS (Micro-Electro-Mechanical Systems, microsistemi di elettromeccanica) e quelli per la pressione degli pneumatici che utilizzano lo standard BLE (“Bluetooth Low Energy”). Unendo questi dispositivi ai sistemi integrati di Pirelli – che vanno dall’hardware al software, agli algoritmi e alla modellazione – sarà possibile raccogliere, processare e trasmettere in tempo reale i dati dagli pneumatici per fornire parametri ai sistemi di controllo dell’elettronica del veicolo tramite BLE, in modo da ridurre il consumo energetico.

Il prossimo step delle due aziende sarà poi quello di sfruttare la tecnologia MEMS di Bosch per applicazioni in-tire.

I rilevatori di velocità devono essere ben visibili, non basta la loro presegnalazione

La corretta segnalazione degli autovelox e in generale dei rilevatori stradali di velocità è un tema caldissimo, soprattutto dopo una recente ordinanza della Cassazione (la n.19377/2024), che ha stabilito che non vi è più alcun obbligo di indicare ai guidatori la tipologia dello strumento di rilevazione attraverso il quale si troveranno a passare, andando contro l’interpretazione di legge che prevedeva che le autorità dovessero spiegare anche di che genere di sistema si trattasse. Gli Ermellini hanno semplicemente chiarito che invece non vi è alcun obbligo esplicito in tal senso e che è sufficiente informare i conducenti della presenza di un generico sistema di misurazione della velocità, effettuando la segnalazione con il giusto anticipo.

Ecco dunque che una recente sentenza del Tribunale di Latina (18 luglio 2024) appare estremamente interessante, perché rimette nella giusta prospettiva la materia, in questo caso occupandosi degli autovelox mobili, ma con un ragionamento che potrebbe essere applicato anche a quelli fissi.

IL FATTO

Il Tribunale laziale era stato chiamato in appello a giudicare di una decisione del Giudice di pace di Latina riguardante una multa per presunto eccesso di velocità, che l’organo di primo grado aveva ritenuto legittima. Il «fattaccio» era avvenuto sulla via Pontina, nel comune di Sabaudia, dove una pattuglia delle Polizia stradale aveva accertato lo sforamento di velocità tra i 10 e i 40 km/h del limite di 90 km/h, misurato per mezzo di una postazione mobile (Telelaser Trucam).

Il ricorrente, difeso dall’avv. Roberto Iacovacci, chiedeva l’annullamento dell’ordinanza della Prefettura di Latina – conseguente alla multa – e del verbale stesso, adducendo due motivazioni: l’erronea interpretazione degli art. 43 e 142, comma 6 bis, del Codice della Strada che prevedono che la postazione mobile debba essere visibile e presegnalata; la mancanza di conformità dello strumento utilizzato in quanto privo di omologazione, verifica e taratura (nel verbale si richiamava l’approvazione, ma non l’omologazione). Come spesso accade, la Prefettura di Latina non si presentava in aula.

LA DECISIONE

Il Tribunale non ha comunque avuto molti dubbi e ha deciso che l’appello era fondato e doveva essere accolto.

Il giudice Stefano Fava si richiama infatti al verbale di accertamento dell’infrazione che recita: «L’impiego dell’apparecchiatura è stato presegnalato ai sensi di legge, mediante presenza di idoneo segnale stradale con indicazione puntuale del rilevamento della velocità (come previsto dall’art. 142 comma 6 bis del CdS). La postazione è stata resa ben visibile. Punto di rilevamento opportunamente segnalato».

Ma in questa spiegazione il senso dell’art.142 comma 6 bis è stato compreso e rispettato? Secondo il giudice no. L’articolo in questione dispone infatti che «le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi».

Quindi la norma distingue tra la segnalazione preventiva dell’apparecchio – che deve avvenire mediante cartelli o dispositivi luminosi – e la sua visibilità concreta al momento del transito del veicolo nel punto esatto dove l’apparecchio è situato.

Il cartello di presegnalazione può essere posto ad una distanza variabile dallo strumento – a discrezione degli accertatori purché ragionevole – ma è comunque obbligatorio che la postazione di controllo sia visibile per rendere regolare la rilevazione dell’infrazione. Il giudice si richiama per questo a diverse pronunce della Cassazione che affermano in sostanza come «tanto per le postazioni fisse quanto per quelle mobili, il requisito della preventiva segnalazione della postazione ed il requisito della visibilità della stessa sono distinti ed autonomi e devono essere entrambi soddisfatti ai fini della legittimità della rilevazione della velocità…».

Ora, nel caso in esame, nel verbale di accertamento dell’infrazione non è indicato a quale distanza dal punto di controllo è stata posta la presegnalazione né le caratteristiche della stessa, ma semplicemente che il punto di controllo «è stato presegnalato ai sensi di legge», senza quindi consentire di stabilire la congruità e ragionevolezza della distanza dal punto di controllo né le caratteristiche della presegnalazione. Insomma, la cartellonistica che segnala la presenza dell’autovelox deve risultare ben visibile – e dal verbale non è dato sapere se lo fosse – e deve rispettare i criteri di dimensioni e leggibilità previsti dalla normativa – e anche in questo caso nulla sappiamo.

Non bastasse – aggiunge il Tribunale – il verbale risulta viziato anche riguardo la conformità dell’apparecchio sul fronte approvazione/omologazione.

LE CONSEGUENZE

L’accoglimento dell’appello ha comportato in conclusione l‘annullamento dell’ordinanza/ingiunzione emessa dal Prefetto di Latina e del verbale presupposto. Inoltre la Prefettura laziale è stata condannata al pagamento delle spese di lite, secondo il principio della soccombenza, per entrambi i gradi di giudizio.

È chiaro che dopo questa sentenza occorrerà dare prova – magari fotografica – da parte della Polstrada della corretta distinguibilità degli indicatori che segnalano la presenza di una postazione, altrimenti sarà complicato se non impossibile provare il rispetto della procedura di posizionamento dei cartelli o simili e quindi giustificare la sanzione.

Allarme autisti, Frosi (Polimi): “Al centro le persone. Anche i software nella logistica tengano conto delle esigenze individuali”

Mettere al centro le persone. Lo ripete anche Damiano Frosi, direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano che dal 2011 analizza la logistica e le sue dinamiche. Lo abbiamo coinvolto nel dibattito su come arginare l’emorragia di autisti, dopo l’uscita a metà agosto della Cgia di Mestre che ha denunciato la mancanza di 22mila driver anche rielaborando alcuni dati presenti nell’ultima edizione dei “100 numeri per capire l’autotrasporto” presentata a maggio nell’ambito del Transpotec a Milano. Comunicazione e formazione tra le strategie indicate da Frosi per elevare l’attrattività del settore, ma anche attenzione alle esigenze personali e psicologiche dei lavoratori. “Ogni austista è diverso – dice – i software devono tenerne conto”. Insomma, un approccio human centric che l’Osservatorio ha monitorato e che verrà presentato con il prossimo rapporto in programma il 12 novembre prossimo a Milano

Si è parlato molto di autisti che mancano, figure professionali introvabili nella logistica. L’Osservatorio conferma? 

L’Osservatorio ha stimato una carenza di personale nel settore della logistica pari a circa 60mila unità, per gli autisti siamo a poco meno di 30mila; quindi, direi che i 22mila stimati dalla Cgia di Mestre è un numero condivisibile. Oltre ai driver, noi rileviamo una forte insufficienza di magazzinieri legata anche e soprattutto all’evoluzione del lavoro in questi spazi che sono oramai caratterizzati dai ritmi imposti dall’e-commerce con turni molto lunghi, con tempi di lavoro che includono orari notturni e giorni festivi, insomma molto impegnativi. Inoltre, in forma meno accentuata, mancano anche nuove figure professionali in grado di leggere i dati, di sfruttare le nuove tecnologie. A mio parere abbiamo a che fare con un problema di attrattività del settore: un laureato a parità di trattamento sceglie un lavoro nell’industria perché conosce poco la logistica e si affida all’immaginario collettivo. Chi invece ci lavora trova un ambiente stimolante, pieno di sfide, chi sceglie la logistica solitamente non se ne pente. 

Per questo motivo l’Osservatorio sta studiando – e lo farà anche nell’edizione del prossimo novembre – alcuni modelli human centric?

La carenza di personale comincia ad essere molto pressante per il settore. Come Osservatorio abbiamo analizzato le modalità per attrarre le candidature: devi mettere le persone al centro se vuoi ottenere il risultato. Questo vale anche con la tecnologia che va dall’App per gli autisti alla grossa automazione per il magazzino: questi cambiamenti vanno sempre disegnati considerando il ruolo e le esigenze delle persone che ci lavorano. Culturalmente siamo stati abituati a considerare la logistica con una capacità infinita in termini di camion e persone. Oggi non è più così, in particolare dopo il Covid, ci troviamo a fare i conti con vincoli reali, quali la carenza di personale. La programmazione va fatta tenendo conto di questo e le politiche human centric diventano centrali. 

La committenza è consapevole di questo cambiamento?

Molto dipende dalle aziende. Abbiamo realtà molto consapevoli dell’importanza della logistica tanto che il responsabile siede nelle riunioni di vertice e altre dove è meno sentita l’esigenza, ma anche qui sta arrivando la consapevolezza. Ci sono esempi di grandi marchi come Zalando che esplicitano in modo inconfondibile l’importanza che la logistica ricopre nel loro business: nei magazzini ci sono spazi pulitissimi, servizi, luoghi di culto, palestre, spazi relax, ecc. Hanno capito che le persone della logistica vanno coccolate…

Ma comunque il settore è destinato a un grosso turn over di personale: il decreto flussi potrebbe aiutare?

Secondo me sì, ma occorre lavorare in primis sull’integrazione che in questi contesti diventa fondamentale: se viene trascurata, si rischia il fallimento dell’intero progetto.

Tornando agli autisti, quali sono le strategie che un’azienda può introdurre per fidelizzare i driver?

Sono convinto che è molto importante lavorare sull’immagine del settore con una comunicazione in grado di includere i drivers e farli sentire parte di un importante sistema produttivo. Questo si ottiene con una comunicazione adeguata e molta formazione. Poi occorrerebbe lavorare per migliorare la vita sul camion, eliminando o riducendo i tempi di attesa, per esempio, costruendo aree di sosta adeguate. Ricordo una foto scattata in Spagna dove due autisti giocano a scacchi durante l’attesa: ecco una cosa molto piccola, che però potrebbe essere molto apprezzata. Infine, introducendo più tecnologia, ma con intelligenza.

Ovvero? 

Ogni autista è diverso, ha le proprie esigenze, particolarità, temperamento. Il software che pianifica le attività deve poter tener presente – per quanto possibile – anche delle necessità e delle sensibilità delle persone. Occorre far evolvere la logica ripetitiva delle assegnazioni dei viaggi in base a dei parametri prestabiliti con la logica della ripetitività sulla base dei bisogni aziendali e costruire la pianificazione tenendo contro delle persone che andranno a svolgere quelle mansioni, della loro vita. 

Intelligenza Artificiale, il Gruppo Volvo investe nell’azienda di trasporti aifleet

È l’Intelligenza Artificiale la protagonista dell’ultimo investimento di Volvo Group Venture Capital, società del gruppo svedese che si propone di promuovere la crescita di nuove imprese impegnate nel settore dei trasporti sostenibili e delle soluzioni infrastrutturali.

La destinataria del finanziamento Volvo si chiama aifleet (con la a minuscola) ed è un’azienda di autotrasporti texana che ha deciso di sfruttare la sua esclusiva tecnologia IA per affrontare le inefficienze nel settore degli autotrasporti statunitense e assicurare nel contempo un ambiente di lavoro ottimizzato ai conducenti. Da una parte l’autista è più soddisfatto e di conseguenza aumenta l’utilizzo dei camion, attraverso migliori strumenti di pianificazione e algoritmi più intelligenti; dall’altra parte la pianificazione e la programmazione del percorso sono ottimizzate e si crea un’automazione end-to-end. Aifleet calcola che con l’IA l’utilizzo dei suoi conducenti è superiore di oltre il 40% rispetto alla media del settore.

Contesto, mercato e reazioni

Fondata nel 2020, aifleet opera nel comparto dei carichi completi (FTL – Full truck load), ovvero per i trasporti in cui la piena capacità di un camion viene acquistata per spedire merci più grandi tra destinazioni stabilite. Un segmento che negli USA è frammentato e complicato da un basso utilizzo dei conducenti e da inefficienze, come le miglia a vuoto nella catena di fornitura.

«Il mercato americano dei carichi completi è di 400 miliardi di dollari – sottolinea Marc El Khoury, co-fondatore e CEO di aifleet – ma è enormemente inefficiente e spezzato in mezzo milione di trasportatori, dove persino il più grande ha meno dell’1% del mercato. Poiché l’impiego dei camion è in calo dal 2018, aifleet ha sviluppato una tecnologia per migliorare radicalmente l’efficienza dei trasporti, riportando al contempo la vera umanità nell’esperienza del conducente. Siamo contenti dell’investimento di Volvo e non vediamo l’ora di continuare a sfruttare la nostra tecnologia per creare un settore più sostenibile».

«Siamo entusiasti dell’opportunità di collaborare con aifleet – ha aggiunto Stephen Roy, presidente di Volvo Group North America e di Mack Trucks – Il Gruppo Volvo è impegnato a promuovere l’innovazione e soluzioni di trasporto più efficaci ed è chiaro che aifleet, sfruttando la sua tecnologia unica, condivide la nostra ambizione».

Gruber mette uno Scania elettrico al servizio di Siemens

Quando si tratta di ambiente tutto torna utile! Al momento attuale l’ultima frontiera attraversata da Gruber Logistics per abbattere le emissioni ha preso la forma di un camion elettrico – uno Scania 25 P – messo al servizio dello stabilimento Siemens di Lipsia, in cui vengono prodotti quadri elettrici a bassa tensione, per coprire tratte che non vanno oltre i 100 chilometri e per raggiungere ogni giorno una percorrenza media di circa 250 chilometri e una annua di circa 60 mila. Tutte missioni coperte senza produrre alcuna emissione visto che l’energia con cui viene ricaricato è prodotto interamente da fonti rinnovabili

Non solo elettrico

Ma come detto, tutto torna utile. E quindi Gruber condivide con Scania il ricorso anche a diverse tipologie di combustione o di carburante che possano fornire un sostegno alla causa ambientale. Ecco allora veicoli con combustione interna alimentati con biocarburanti (B100), ma ecco pure anche i veicoli a Bio-LNG che la stessa Gruber Logistics mette sempre al servizio di Siemens sia lungo la rotta tra Berlino e Francoforte sul Meno, sia lungo la tratta tra la metropoli dello stato federale tedesco dell’Assia e Gütersloh.

Una sostenibilità fatta di numeri

Al momento attuale l’azienda di logistica altoatesina utilizza carburanti alternativi per il 40% dei suoi trasporti, ricorre a soluzioni multimodali strada-rotaia in circa il 30% delle movimentazioni e raggiunge una percentuale di saturazione del carico del 95% per le spedizioni LTL.

Il green, una strada da percorrere in compagnia

E proprio questo ampliamento della prospettiva insegna che se è essenziale per un trasportatore trovare un partner affidabile lungo la strada della sostenibilità, è anche decisivo poter condividere con i committenti le stesse finalità e la stessa lunghezza d’onda. «Per sviluppare ulteriormente soluzioni di trasporto sostenibili nel settore è essenziale avere un partner come Siemens che condivide il nostro impegno per l’innovazione e la responsabilità ambientale», afferma al riguardo Felix Kunath, direttore esecutivo FTL di Gruber Logistics. E Martin Fricke, responsabile della logistica presso lo stabilimento Siemens di Lipsia, gli fa eco: «Siamo lieti di aver fatto un altro passo avanti nella nostra strategia di sostenibilità e siamo orgogliosi di offrire soluzioni per la mobilità elettrica come produttori di quadri di bassa tensione».

Insomma, tutti contenti. E anche questa è sostebilità.

Trasporto combinato Nord-Sud Europa, Hupac propone la Francia come percorso alternativo

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I treni merci che attraversano verticalmente l’Europa? Perché non trasferirli – almeno in parte – sui percorsi francesi? È la proposta lanciata da Hupac, colosso elvetico del traffico merci intermodale ferro-gomma, in relazione al trasporto combinato sull’asse Nord-Sud del Continente.

L’idea di Hupac di utilizzare la rete ferroviaria francese in alternativa al sovraccarico del sistema ferroviario tedesco deriva dalla più che positiva esperienza nello scorso agosto del treno shuttle diesel che ha attraversato l’Alsazia durante la chiusura della ferrovia della Valle del Reno.

«L’iniziativa – spiega in una nota l’operatore intermodale – ha dimostrato che è necessario ampliare le linee ferroviarie attraverso la Francia per garantire la stabilità e l’affidabilità del trasporto combinato europeo».

Il successo del Shuttle diesel sulla riva sinistra del Reno

Il servizio shuttle via ferro per la chiusura della linea tedesca ha visto transitare sui binari circa 20 treni merci al giorno per direzione attraverso l’Alsazia, con l’utilizzo di locomotive diesel sulla linea non elettrificata Wörth-Lauterbourg-Strasburgo-Offenburg. «Un’idea pionieristica – spiega Michail Stahlhut, CEO di Hupac – che ha permesso di evitare un collasso della filiera industriale, come era purtroppo accaduto con l’incidente di Rastatt del 2017».

Per Hupac il risultato delle tre settimane di chiusura è positivo. Il volume di traffico – relativamente basso a causa del periodo vacanziero – è stato gestito in gran parte attraverso il corridoio di 4 metri in Alsazia – ricordiamo che i corridoi di questa misura sono necessari per permettere il passaggio dei semirimorchi con altezza agli angoli di appunto 4 metri – e attraverso la Gäubahn, con un profilo ridotto. 

Problemi da affrontare: scarsa capacità di stazionamento

Non sono comunque mancati intoppi. Il punto debole della deviazione attraverso la Francia ha riguardato la scarsa capacità di stazionamento nei punti di trasferimento, che ha causato problemi di congestione quando il traffico è stato irregolare. Inoltre, verso la fine del mese, il percorso di deviazione ha raggiunto il suo limite di capacità a causa dell’aumento dei volumi.

I promotori del progetto – SBB Cargo International, Captrain France, DB InfraGo e SNCF Reseau, che hanno investito quasi tre anni nella preparazione dell’iniziativa -sono stati comunque in grado di trovare soluzioni favorevoli al mercato, evitando un ritorno alla strada.

«Ora dobbiamo partire da questo risultato pionieristico – afferma Hans-Jörg Bertschi, presidente del consiglio di amministrazione di Hupac – e includere le linee d’accesso francesi ad Alptransit nella politica svizzera di trasferimento modale. L’adeguamento della Belgio-Metz-Strasburgo-Basilea al profilo di 4 metri è una priorità assoluta».

Da realizzare corridoio di 4 metri sulla riva sinistra del Reno

«Lo spostamento del traffico transalpino su rotaia è stagnante da diversi anni – sottolinea ancora Bertschi – Le capacità limitate della rete ferroviaria tedesca sono responsabili di questa situazione di stallo nella politica di trasferimento modale della Svizzera. E il rinnovo dei corridoi ferroviari in Germania, con chiusura delle linee principali per diversi mesi, aggraverà la situazione fino a dopo il 2030».

Per portare su rotaia un’altra parte del transito alpino attraverso la Svizzera è dunque obbligatorio adeguare al corridoio di 4 metri l’asse Belgio-Metz-Strasburgo-Basilea sulla riva sinistra del Reno. Il traffico dal Belgio e dall’Olanda meridionale, attualmente instradato attraverso la Germania, potrebbe essere così gestito sul percorso più breve di 110 km attraverso la Francia, «in modo – dice il presidente – da evitare una stagnazione o addirittura una regressione nella politica di trasferimento modale».

«È nell’interesse della politica dei trasporti svizzera – conclude – stimolare l’ampliamento dei profili dei tunnel attraverso i Monti Vosgi con sovvenzioni mirate in Francia, come è stato fatto con successo in Italia».

Una mozione in tal senso della Commissione Trasporti del Consiglio Nazionale svizzero è stata approvata dal Consiglio Nazionale stesso nel giugno 2024 e sarà discussa dal Consiglio degli Stati entro fine mese.

Aumento traffico via Francia a partire dal 2025

Nel frattempo Hupac sta potenziando strategicamente il traffico merci sulla rete francese. «A partire dal 2025 – annuncia il CEO – stiamo pianificando treni di transito attraverso la Francia per container con un profilo idoneo, non essendo ancora possibile per i semirimorchi di 4 metri. Un’alternativa alla difficile situazione in Germania, dove il rinnovo dei corridoi con mesi di chiusura totale metteranno a dura prova le capacità di trasporto».

Mercato stabile nel primo semestre del 2024

Dopo l’andamento negativo del 2023, i volumi di traffico nella rete Hupac si sono stabilizzati. Nei primi sei mesi dell’anno è stato registrato un leggero aumento dello 0,4% del traffico transalpino attraverso la Svizzera. Le perdite di traffico durante il blocco di Rastatt sono state moderate e non hanno avuto un impatto significativo sul risultato.

Il Gruppo Hupac ha trasportato un totale di 494.000 spedizioni stradali nel primo semestre 2024, pari a un calo del 2,8% rispetto all’anno precedente. Anche il traffico marittimo verso l’entroterra in Germania e il traffico transalpino attraverso l’Austria e la Francia hanno evidenziato un andamento negativo. «Riteniamo che saremo in grado di mantenere un livello stabile nei prossimi mesi – conclude Stahlhut – e addirittura di crescere in alcune aree, per esempio nel mercato del Benelux».

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