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Nuova start-up di Volvo per monitorare gli pneumatici

Poiché, come è noto, gli pneumatici rappresentano l’unico punto di contatto tra i veicoli e la strada, non ci stancheremo mai di ripetere che il loro controllo dovrà sempre essere periodico e scrupoloso, specie in veicoli di elevato tonnellaggio. Questo vale anche per la pressione di gonfiaggio che va sempre monitorata, sia per questioni di sicurezza, sia per migliorare le prestazioni dei mezzi sotto il profilo dei consumi. Questi motivi spiegano il successo negli ultimi anni e la sempre maggiore diffusione di dispositivi come il Tire Pressure Monitoring System (TPMS), sistema che appunto controlla la pressione delle gomme.

Anche se i TPMS vengono ormai inseriti negli pneumatici da praticamente tutte le case produttrici, ancor oggi pochi veicoli pesanti sono dotati percentualmente di tale sistema. Una situazione destinata però a cambiare presto, visto che la UE ha previsto che nel 2024 in Europa tutti i veicoli industriali con massa massima non superiore a 3,5 ton e quelli con massa massima superiore a 3,5 ton, ma non superiore a 12 ton e tutti i rimorchi dovranno possedere questo dispositivo.
In questo scenario oggi il sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici deve essere calibrato manualmente su ogni camion sia in fase di assemblaggio sia quando uno pneumatico viene cambiato in officina.

Roman Iustin, ingegnere del Gruppo Volvo e CEO di Fyrqom AB

Ecco allora che a Roman Iustin, ingegnere del Gruppo Volvo, è venuta l’idea di rendere questo processo più efficiente con un sistema automatizzato di calibrazione dei TPMS. L’idea è stata sviluppata attraverso CampX, una sorta di “arena globale dell’innovazione” del Gruppo per la trasformazione tecnologica e aziendale.
Poiché poi questa soluzione di calibramento automatico si scosta dalle attività principali di Volvo, l’azienda svedese ha deciso di costituire una “startup”, Fyrqom AB, che promuova il nuovo dispositivo con il supporto di molte aree interne al Gruppo (legale, strategia, finanza, imposte, risorse umane e acquisti).

La nuova startup è quindi una joint venture tra Volvo Group, Qamcom Group e Roman Iustin, che ricopre il ruolo il CEO di Fyrqom AB.
«Avere questa funzione di venture builder (un generatore seriale di startup, ovvero un’azienda che fonda e costruisce nuove aziende in serie – ndR) nel concetto CampX – afferma Johan Lundén, vicepresidente senior e presidente di CampX – è un buon modo per cogliere nuove idee e opportunità di business, sia all’interno che all’esterno del nostro Gruppo, e accelerarle sul mercato».

La Cina è vicina… al porto di Amburgo

Arriva la Cina nel porto di Amburgo. Ma non per scaricare merci o caricare cassoni, bensì per acquisire una quota rilevante del Tollerort, il più piccolo dei quattro terminal per container dell’infrastruttura marittima tedesca. L’acquisto, che verrebbe effettuato dalla compagnia statale cinese Cosco, ha però incontrato da subito l’ostilità di parte del Governo, in contrasto con il Cancelliere Olaf Scholz – ex sindaco della città teutonica – favorevole all’operazione.
La polemica si è focalizzata sulla percentuale dell’acquisizione, un 35% che per molti ministri significherebbe dare un controllo eccessivo alla società cinese su un’infrastruttura di interesse nazionale. Un’opinione trasversale ai partiti, visto che si sono opposti non solo i ministeri degli Esteri e dell’Economia, guidati dai Verdi, e quelli dei Trasporti e della Giustizia, a conduzione liberale, ma anche Interni e Difesa, capeggiati da membri dello stesso partito di Scholz.

Nelle ultime ore, tuttavia, pare che sia stata trovata una soluzione di compromesso. Secondo la Sueddeutsche Zeitung, infatti, Cosco potrebbe ricevere l’autorizzazione all’affare dal Governo tedesco, ma per una quota di solo il 24,9%, quindi circa 10 punti in meno rispetto al primo patto con l’amburghese Hhla (Hamburger Hafen und Logistik), la società che gestisce lo scalo anseatico. In quanto azionista di minoranza il gruppo cinese non potrebbe così esercitare formalmente troppa influenza sulla gestione di uno dei quattro terminal.
Al termine del Consiglio Ue sull’energia, Scholz ha comunque dichiarato che «sul possibile ingresso dei cinesi ad Amburgo nulla è ancora deciso, restano molte questioni da chiarire».

La vicenda è iniziata un anno fa, quando la Hhla si era impegnata a vendere a Cosco per 65 miliardi di euro una quota della struttura, con l’obiettivo di farne un hub privilegiato per le merci movimentate dal mercato asiatico. Per la decisione sull’operazione c’è tempo fino al 31 ottobre, termine dopo il quale l’accordo diverrebbe definitivo.
Il timore è che, cedendo parte del controllo portuale, si replichi la dipendenza da Paesi poco affidabili anche dal punto di vista della democrazia, ripetendo l’errore dell’accordo sul gas con la Russia che permise a questa di gestire depositi di gas e raffinerie di petrolio – ora confiscati – sul territorio tedesco.
Tra i contrari anche la Commissione europea, che in primavera aveva dato parere negativo all’accordo.

Tra l’altro Cosco è una delle principali aziende di Stato cinesi – secondo più grande operatore mondiale del settore – e strumento fondamentale per la realizzazione della Via della Seta Marittima, che porterebbe la Cina a diventare la superpotenza dei trasporti commerciali via mare.
Scholz ha peraltro replicato che «si tratterebbe solo della partecipazione a un singolo terminal, sul modello di quanto avviene in altri porti dell’Europa occidentale». Cosco è difatti azionista di maggioranza dei porti di Zeebrugge in Belgio, del Pireo in Grecia e di Valencia in Spagna, e possiede altre quote minoritarie in quelli di Rotterdam, Anversa, Bilbao e Vado Ligure. Inoltre il porto di Amburgo ha bisogno di ammodernamenti strutturali e quindi di attrarre capitali e la società che lo gestisce ha paura che i cinesi, in caso di bocciatura dell’intesa, possano dirottare i propri investimenti sul porto concorrente di Anversa.

Appalto di servizi logistici: per il ministero non c’è sconto di responsabilità per il committente nemmeno per la parte «trasporto»

Non c’è niente di nuovo nella logistica in termini di responsabilità. O meglio, quei committenti che speravano che la riformulazione dell’art. 1677-bis del codice civile avesse in qualche modo mitigato il regime di solidarietà previsto dall’art 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003 nel caso di appalto con prestazione di più servizi, deve fare marcia indietro. Perché, anche per la parte relativa al trasporto di merci, di fronte a un appalto di servizi logistici non esistono sconti per la responsabilità del committente.

La lettera del nuovo articolo, infatti, in cui per la prima volta era stato introdotto il termine «logistica» all’interno del codice civile, aveva sollevato qualche dubbio. E tali perplessità sono state girate, tramite interpello al ministero del Lavoro, dalle organizzazioni sindacali Filt CGIL e Fit Cisl.  

La necessità di un chiarimento deriva dalla formulazione dello stesso art. 1677-bis, in cui viene disposto che «se l’appalto ha per oggetto, congiuntamente, la prestazione di due o più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni di un altro soggetto, alle attività di trasferimento di cose da un luogo a un altro si applicano le norme relative al contratto di trasporto, in quanto compatibili». Una formulazione che ha fatto presumere che a quest’ultima ipotesi, quella cioè del trasferimento di cose da un luogo all’altro, fosse applicabile il regime più favorevole previsto per il contratto di trasporto dall’art 83-bis D.L. 112/2008, anche quando fossero integrate altre prestazioni di servizi

Il ministero, sul punto, chiarisce che l’art. 83-bis, con cui si riconosce un regime di solidarietà favorevole al committente che abbia avuto accortezza nel controllare la regolarità retributiva, previdenziale e assicurativa del vettore prima di sottoscrivere con questi un contratto di trasporto, non può essere applicato ai contratti dei servizi di logistica perché:

  • l’art. 1677-bis configura un’ipotesi di contratto di appalto e, quindi, come tale è collocato insieme alle disposizioni in materia di appalto nel Codice Civile;
  • lo stesso articolo prevede l’applicazione delle norme relative al contratto di trasporto, ma soltanto «in quanto compatibili». Di conseguenza, l’esclusione dai contratti di logistica del regime di solidarietà previsto dall’art. 29 non sarebbe accettabile – scrive il ministero – perché finirebbe per introdurrebbe «una irragionevole riduzione di tutela per il lavoratore impegnato nelle sole attività di trasferimento di cose dedotte in un contratto di appalto». Anche ai lavoratori del trasporto, detto altrimenti, va garantita quella tutela derivante dall’allargamento della responsabilità solidale al committente, chiamato a rispondere in solido con l’appaltatore (e con ciascuno degli eventuali subappaltatori) per i crediti retributivi e contributivi del lavoratore che abbia prestato la propria opera nell’esecuzione dell’appalto.

Tutto questo, quindi, significa una cosa molto netta: negli appalti di più servizi di logistica relativi alle attività di ricezione, trasformazione, deposito, custodia, spedizione, trasferimento e distribuzione di beni – tutte quelle cioè che il nuovo articolo 1677-bis aveva definito come attività logistiche – si continua ad applicare l’art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/2003. E quindi, come detto, nessun committente potrà chiedere uno sconto di responsabilità, neanche per la parte relativa al trasferimento di cose.

Salvini ministro delle Infrastrutture: cosa vuol dire per l’autotrasporto

Era nell’aria da giorni e nel week end di esordio del governo a guida Giorgia Meloni c’è stata la conferma: Matteo Salvini è il nuovo ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile. Carica importante, che si cumula – in tandem con il nuovo ministro degli Esteri, Antonio Tajani – con quella di vicepresidente del Consiglio, già ricoperta nel primo governo Conte. Tutti sanno che Salvini volesse in realtà il Viminale, perché da ministro degli Interni si governano meglio i flussi migratori. In realtà, se si considerano che i terminali di tali flussi sono i porti, anche dalle Infrastrutture si può condizionare l’azione sui migranti. Se non fosse che sul Mare ora si affaccia – e governa – anche il nuovo ministro del Sud, Nello Musumeci. Cosa voglia dire e come si coordini questo con il ministero delle Infrastrutture non è ancora chiaro. Ma è certo che la cosa interessa, oltre che i trafficanti di migranti, anche tutte le Autorità portuali italiane. Il conferimento delle deleghe all’interno dei singoli ministeri, atteso nei prossimi due o tre giorni, aiuterà a capire.

Rimane il fatto, però, che il ministero delle Infrastrutture acquista un evidente riconoscimento in termini di importanza: perché se un leader politico, seppure frenato elettoralmente, lo accetta quale incarico di peso significa che il capo condominio di piazza di Porta Pia è un ruolo di prestigio. Non vi fate troppe illusioni, però. A renderlo tale sono soprattutto i contenuti – e i soldi – che traboccano dai cassetti relativi alle Infrastrutture più che quelli riferiti ai Trasporti. Cosa evidente già ieri e oggi a maggior ragione, visto che, dopo il lavoro ineccepibile dal punto di vista temporale dell’ex ministro Enrico Giovannini, il ministero delle Infrastrutture si trova a gestire l’attuazione pratica – che spesso significa organizzazione dei cantieri e assunzione di personale – di una sessantina di miliardi di progetti piovuti per i due terzi dal PNRR e per un terzo dal Fondo nazionale complementare. E dentro c’è di tutto, dal rinnovo del parco veicolare del trasporto pubblico locale alla realizzazione della diga foranea di Genova. Senza considerare che a questa montagna di soldi si aggiungono quelli provenienti da altri fondi settoriali (circa 104 miliardi di cui la metà in viaggio verso le ferrovie) e 48 miliardi di appalti già aggiudicati.

Quindi, se è anche vero che la premier Meloni ha voluto nominare un ministro specifico (Raffaele Fitto) – seppure senza portafoglio – per l’attuazione del PNRR e che quindi anche qui ci sarà da capire i contorni delle deleghe, è del tutto evidente che il quantitativo di denaro che si troverà a gestire il dicastero salviniano non ha eguali né con quelli in dote ad altri ministeri, né con quelli amministrati in passato dello stesso ministero. E forse la neo premier spera che tutto questo mare di progetti tenga impegnato il leader leghista e non lo faccia debordare o distrarre da altre sirene dell’attualità, quelle a cui il leader leghista ha il vizio, il gusto e anche l’abilità a rincorrere.

Tutto questo per l’autotrasporto avrà un impatto diretto, anche perché nelle pieghe del PNRR – come detto – si trova di tutto, compresa la realizzazione di una quarantina di stazioni di ricarica a idrogeno per veicoli pesanti. Sarebbe comunque utile se nella realizzazione di tutte queste opere, si desse spazio anche a quelli destinati alle aree di sosta per camion, utilizzando quel miliardo e mezzo stanziato da Bruxelles. Lo richiedono la sicurezza delle merci e soprattutto quella dei conducenti. Quelli attuali e quelli potenziali. Perché è chiaro che se tanta parte delle pause e delle soste degli autisti si svolge all’interno di tali spazi, è molto probabile che la scarsa qualità di questo luogo di lavoro tenga lontani i giovani da questa professione gravemente lacunosa.

Certo, il problema principale è pure che di giovani in realtà ce ne sono sempre meno, perché se l’Europa è una società anziana, l’Italia è più vecchia della media europea e l’autotrasporto italiano è più vecchio della media della società italiana. Ma qui si entra in un altro discorso e, da oggi, in un’altra competenza (della ministra Eugenia Roccella), affidata per la prima volta alle cure di un ministero specifico, aggregato a quello della famiglia, e definito della Natalità. Chi, come l’autotrasporto, attende un ringiovanimento urgente, forse avrebbe potuto confidare di più su un ministero della «Demografia», in grado cioè di gestire il fenomeno nel suo complesso e non tramite il solo incremento delle nascite, giocoforza più lento e macchinoso. Ma è questione di etichette, che valgono molto meno delle soluzioni concrete. Se arrivano le seconde, delle prime ci si scorderà in fretta.

Camion lento in tangenziale: lo fermano e scoprono 74 kg di droga

«Chi va piano va sano e va lontano». Ma non è sempre vero. Andare troppo piano, a volte, può anche creare parecchi problemi. Prendiamo ad esempio il caso del camion che qualche giorno fa procedeva con estrema lentezza lungo la Tangenziale Est di Milano, con manovre strane e causando un notevole disagio al traffico.

Una pattuglia dei Carabinieri si è accorta della situazione e ha bloccato il mezzo pesante con targa spagnola, all’altezza di San Donato Milanese. L’autista 40enne, di origine romena e residente all’estero, appena fermato ha cercato in tutta fretta di effettuare una chiamata, anche questo un comportamento piuttosto sospetto.

I militari della Benemerita hanno così deciso di perquisire il cassone del veicolo e vi hanno trovato la sorpresa come nell’uovo di Pasqua: 74 kg di hashish e marijuana, in confezioni saldate e sottovuoto riposte dentro i contenitori. A differenza delle sorprese da uovo, però, la quantità di droga, piazzata sul mercato, avrebbe potuto fruttare una notevole somma, ovvero circa 500 mila euro.
Per l’autista sono scattate immediatamente le manette, con l’accusa di trasporto di stupefacenti.

Congresso Astre: si riuniscono a Edimburgo le PMI europee

Astre, importante raggruppamento europeo di PMI impegnate nei servizi di trasporto e logistica, nei giorni scorsi ha riunito a Edimburgo i rappresentati delle 160 aziende aderenti in occasione del Big Congress Astre 2022. Appuntamento atteso e tanto partecipato – vista la presenza di oltre 400 persone tra membri, partner e collaboratori – perché incluso nelle celebrazioni del 30° Anniversario della Rete che, iniziate lo scorso 9 maggio con il Big Tour, hanno rappresentato nella città scozzese il punto di avvio dei lavori ospitati dall’Old College della locale Università. Un’ampia panoramica su passato, presente ma soprattutto sul futuro della Rete, al cui interno Astre Italia ricopre un ruolo di primo piano grazie al grande dinamismo che ne ha contraddistinto l’attività.

La delegazione di Astre Italia al Congresso di Edimburgo in rigoroso kilt scozzese. Al centro dello schieramento, riconoscibile dal kilt rosso, il presidente Giuseppe Curcio.

Fabien Chazot, vice presidente Astre, ha infatti riconosciuto e valorizzato l’importante crescita strutturale della Regione Italia, che rappresenta un unicum d’eccellenza all’interno di tutta la Rete europea.
Una performance positiva sia in termini di nuovi membri sia in riferimento alla struttura operativa che si è dotata di una commissione acquisti e si è attivata per la messa in rete delle proprie filiali e delle proprie officine per la condivisione di grandi commesse logistiche e per la creazione del network lotti Astre Plus, che attualmente dispone di un hub principale presso l’interporto di Bentivoglio (Bologna) e dei secondari a Tavazzano (Lodi) e presso l’interporto Maddaloni in provincia di Caserta. 

Astre Italia, attiva dal 2010, oggi vanta una rete di 27 soci accomunati da valori come etica, mutualità, condivisione. «Siamo molto orgogliosi del fatto che sia stato riconosciuto il valore del nostro lavoro anche nel contesto internazionale rappresentato dal Congresso 2022 – ha dichiarato  Giuseppe Curcio, presidente di Astre Italia – Lo spirito della nostra Regione si contraddistingue grazie ad alcune peculiarità come l’amicizia tra gli astriani, il rapporto di collaborazione diretta e la conseguente dimensione umana. La struttura è stata in grado di creare le giuste sinergie con percorsi di crescita strutturale, basata su principi etici inequivocabili condivisi tra fornitori, la struttura centrale e i membri. Valori come etica, collaborazione e rispetto delle regole sono appunto i pilastri su cui si fonda Astre e che contribuiscono al consolidamento e alla maturità del gruppo».

Il quadro attuale ci mostra Astre Italia come una realtà forte e in crescita, supportata da una rete appoggiata su 46 insediamenti sul territorio nazionale, 220mila metri quadri di superficie logistica, un fatturato aggregato di 513 milioni di euro e un parco veicoli di 4.500 unità.

«Nel mio primo Congresso internazionale – ha aggiunto Matteo Natali, nuovo direttore sviluppo rete Italia – ho potuto conoscere meglio la nostra Rete, un’opportunità unica per attivare canali diretti  di comunicazione con i membri che lavorano con l’Italia. Un’importante esperienza positiva culminata con il ‘riconoscimento’ ottenuto dalla nostra Regione per le sue ottime performance, che attribuiscono ad Astre Italia un ruolo di rilievo nel panorama internazionale». Nel corso dei lavori sono stati presentati i progetti per il 2023 elaborati dalla Commissione acquisti ed è stata condivisa la visione di un futuro ecosostenibile della logistica, all’insegna della transizione energetica e delle fonti rinnovabili. Particolare attenzione è stata dedicata anche alla problematica sulla carenza di autisti e alla necessità di dare più spazio alla formazione dei giovani. Infine, si è aperto un confronto importante sulle dinamiche legate all’aumento dei costi energetici che stanno impattando fortemente sul settore e su tutti i paesi europei.

AdBlue, dal 4 novembre è possibile presentare le domande per il credito d’imposta

Mancava solo la data di partenza ed è arrivata, dopo l’ultima riunione Mims e ADM.
Dal prossimo 4 novembre sarà attiva la piattaforma telematica predisposta dall’Agenzia delle Dogane per la presentazione delle domande di richiesta del credito d’imposta sugli acquisti di AdBlue del 2022.
Il credito d’imposta sarà concesso secondo l’ordine di arrivo delle richieste – a partire dalle ore 10,00fino all’esaurimento dei fondi (29,6 milioni di euro) e, comunque, non oltre il 21 novembre prossimo.

Si utilizzerà la medesima piattaforma già utilizzata per il “bonus gasolio” e le richieste dovranno essere presentate con le stesse modalità già previste, con la compilazione e successivo caricamento dei file fatture e targhe.
Possono essere indicati nel file targhe da allegare alla domanda tutti i mezzi adibiti al trasporto di merci di massa superiore a 1,5 Ton. Il credito d’imposta verrà assegnato alle imprese di autotrasporto in conto terzi iscritte al Ren e all’Albo che usano veicoli industriali Euro V ed Euro VI per un importo pari al 15% degli acquisti effettuati nel 2022.

Di recente avevamo dedicato al tema credito di imposta sul gasolio un episodio della serie video K44 Risponde. Ve lo riproponiamo qui di seguito.

Dalla cabina del camion a YouTube per raccontare la sua passione: Monica, la “Iron Duck” dell’autotrasporto

La voce è squillante e trasmette tanta allegria che sembra quella di una ragazzina perché, come dice lei, «La passione aiuta a vivere meglio, e fare di una passione il proprio lavoro aiuta a tenersi giovane». E la passione di Monica, nota al mondo di YouTube come “Ironduckmoni64”, si percepisce forte e chiara. Quando parla di camion la voce diventa ancor più brillante e si capisce che, in fondo, è ancora quella ragazzina felice che ha realizzato il suo sogno. Non sappiamo se il destino esista davvero, ma quel che è certo è che in questa storia ha messo il suo zampino perché l’anagramma di Monica è camion, e Monica, il camion, ce l’ha nel sangue.

«È bastato un attimo. Il camion è entrato prepotentemente nella mia testa e ha occupato completamente lo spazio vuoto riservato al sogno della mia vita» scrive Monica in “Soprattutto camioniste”, il libro edito dal gruppo “Buona Strada” Lady Truck Driver Team di cui fa parte e che ha contribuito a fondare. Un colpo di fulmine che ha dato inizio a una lunga storia d’amore per l’autotrasporto che resiste ancora oggi e che nasce proprio da una storia d’amore, per un uomo. A 18 anni Monica si fidanza con un camionista e un giorno succede qualcosa che cambierà radicalmente la sua vita. Monica scrive: «Andai con lui a caricare il camion. Arrivati nel cortile della ditta lui è sceso, ma nella fretta non aveva tirato il freno a mano. Sentii il camion muoversi, puntava dritto verso il capannone di fonte. Non sapevo cosa fare, non sapevo quale fosse il manettino, non sapevo dove mettere le mani. Sono saltata al posto di guida e ho schiacciato il pedale del freno. E non l’ho più mollato fino a quando il mio ragazzo non è risalito in cabina. Da quel giorno del 1984 ogni volta che potevo andavo con lui». 

Monica, è stato quello il momento in cui hai capito che l’autotrasporto sarebbe stata la tua strada?

Devo ammettere che da piccola ho sempre sognato di fare qualcosa di diverso, che non fosse un ripetitivo lavoro d’ufficio o di fabbrica, ma non immaginavo certo di guidare un camion. Giocavo con le macchinine e ricordo che guardavo affascinata quei bestioni della strada, ma senza capire fino in fondo perché mi interessassero così tanto. La passione forse era già lì, nascosta dentro di me, ma io ancora non lo sapevo. Poi a 18 anni, dopo quell’episodio, iniziai a viaggiare con il mio ragazzo, viaggi anche molto lunghi verso Napoli e Bari in un camion con cabina corta. Nel 1986 presi la patente e l’anno successivo iniziai a lavorare per la ditta della sua famiglia, nonostante l’opinione contraria di molte persone, soprattutto dei camionari. Li chiamo ancora così io, come si diceva una volta nel gergo del baracchino. Mi parlavano solo dei lati negativi di questo mestiere cercando di scoraggiarmi, ma io avevo scelto la mia strada, avevo scommesso che ce l’avrei fatta.

Monica al volante nel 1987.

Nel libro scrivi: «Ho sposato il mio moroso e il camion. Ero innamorata di entrambi. Del camion lo sono ancora, lui adesso è il mio migliore amico».

È andata esattamente così. Il nostro matrimonio è finito anche se oggi siamo in ottimi rapporti, oltre che colleghi. L’amore per il camion, invece, è rimasto. Come si dice nel mitico film il Bestione, in fondo, «Il camion non è solo una macchina, il camion c’ha un’anima!». La mia è una passione a 360 gradi, quando non sono alla guida dipingo quadri di camion che ho avuto anche l’occasione di vendere per beneficienza e colleziono mascherine di vecchi mezzi che tengo esposte in casa, al posto dei quadri. Per me il camion ha un’anima

Cosa è cambiato da allora nella professione?

Il modo di fare trasporto è cambiato radicalmente negli anni. Per esempio, una volta si dormiva qualche ora quando si era stanchi e si viaggiava quando si era riposati. Dopo l’applicazione della Legge sulle ore di guida e di riposo per assurdo a volte si sta fermi di più, ma ci si riposa di meno e spesso ci si ritrova a fare la sosta in luoghi senza servizi. Ci sono sempre vantaggi e svantaggi, che vanno valutati caso per caso. Se si viaggia da soli almeno oggi esistono dei limiti, ma si viaggia sempre con la fretta, un occhio alla strada e uno al tachigrafo per controllare le ore di guida. Non c’è più tempo per la solidarietà o per parlare al baracchino che non esiste quasi più. Di conseguenza sono cambiati molto anche i rapporti umani. Una volta con il baracchino c’era più dialogo, si conosceva gente e si stringevano amicizie. Anche il gergo del baracchino aiutava a creare un legame, ma ormai si è perso. A volte mi ritrovo a pensare di essere un po’ nostalgica, il mondo deve andare avanti lo so, però il progresso troppo spesso aggiunge tecnologia e toglie umanità.

Da cosa deriva il tuo soprannome “Iron Duck”?

Ognuno cercava un nome originale per il CB e io avevo un braccialetto che mi aveva regalato mio papà, di cuoio con delle perline e sul bottone di chiusura era stampata la scritta “Anatra metallica”. Mi è sempre piaciuto, oltre a essere un ricordo prezioso, così lo scelsi come nominativo. Ricordo però un aneddoto simpatico. Anni fa mi trovavo con il camion all’altezza di Bologna e al baracchino vengo contattata da un uomo che mi chiede piuttosto brusco dove e perché avessi preso quel nome e quel logo. Avevo infatti stampato anche degli adesivi con lo stesso disegno del braccialetto e li avevo messi sul camion. Gli spiegai la storia del mio soprannome e mi disse che era il padre del produttore dei braccialetti, che aveva fondato il brand “Anatra metallica” appunto. Non sembrava molto felice della mia scelta, però persi il contatto radio e io continuai a chiamarmi così! È una storia buffa, ma la mia cara amica e collega Betty mi diceva sempre che con il nostro lavoro succede sempre qualcosa che alla gente normale non capita. Ed è così, c’è sempre una storia da raccontare se stai alla guida di un camion.

Ironduckmoni64 – a dreamer on the road”, il tuo canale YouTube, oggi è seguito da quasi 7mila persone. Come è nata l’idea di fare dei video?

È in iniziato tutto con “ChiodoVideo”, che è forse il capostipite dei camionisti YouTuber italiani. Guardavo i suoi video e mi piacevano molto, così nel 2009, su suo suggerimento, mi sono lanciata anche io. Iniziai con dei video fotografici, tra cui “Dreamer on the road”, perché in fondo è quello che sono, una sognatrice a cui piace trasmettere emozioni e la propria passione.

Come scegli i temi di cui parlare nei tuoi video?

La scelta è del tutto casuale, quando faccio un viaggio parlo di quello che capita. Per le musiche, invece, cerco sempre di scegliere qualcosa che mi trasmetta e trasmetta anche agli altri delle emozioni. Il mio papà ha sempre sognato che ci fosse un modo per abbinare le immagini alle emozioni e oggi YouTube consente di farlo, per cui se scelgo così attentamente le musiche è perché lo faccio anche in suo onore.

Tra i tuoi tanti video, qual è il tuo preferito?

Si chiama “Tutto scorre”, un video di 9 anni fa. Con quel video ho cercato di far passare un messaggio per me molto importante: non puoi amare una cosa se non conosci il suo contrario. Per esempio, se non hai mai viaggiato non puoi dire che ti piace, così come non puoi dire che è brutto. Chi non ha mai fatto questo mestiere non può giudicarlo negativamente. Certo, le giornate difficili ci sono, i problemi ci sono, ma io sono felice di quello che faccio e cerco di trasmettere questa felicità.

Come descriveresti la tua vita e il tuo lavoro?

È sicuramente una vita molto particolare e che deve piacere, se sei donna forse ancora di più. Ci vuole spirito di adattamento ma non mi è mai mancato. Non mi è mai servito restare a casa molto tempo, io volevo stare sul mio camion. Oggi non faccio più viaggi lunghi, resto prevalentemente nella mia zona, in Lombardia, e solo ogni tanto faccio qualche viaggio fuori regione, ma va bene così, ho fatto le mie esperienze. Quello che conta di più per me oggi è trovarmi bene dove sto ed è così, nell’azienda in cui lavoro siamo tutte persone, non numeri. Nel tempo libero poi sono una persona abbastanza solitaria, mi piace girare in bicicletta per i boschi o dipingere, sempre cose di camion, ovviamente.

Alcuni dei tuoi quadri sono stati anche venduti per beneficienza…

Sì, in occasione di qualche raduno. Perché è questo l’obiettivo dei raduni, non mettersi in mostra, ma cercare di creare dei legami e fare anche qualcosa di utile. Lo spirito non è la competizione, ma la collaborazione. È quello che facciamo anche con il gruppo “Buona Strada – Lady Truck Driver Team” di cui faccio parte. Abbiamo sempre realizzato album, calendari e da ultimo il nostro libro per raccogliere fondi da donare. Il nostro stesso nome è un inno. “Buona strada” deriva dal francese “bonne route”, un’espressione molto utilizzata all’estero e che abbiamo deciso di “importare”. È un augurio che vale non solo quando si è alla guida di un camion, ma in generale nella vita, quello di seguire sempre una “buona strada”.

Ti aspetti che in futuro ci saranno più donne alla guida di un camion?

I numeri dicono che le donne al volante di un camion stanno aumentando ma io sono un po’ sorpresa. In giro non mi capita spesso di vedere volti nuovi e anche quando sono per strada sbircio nelle cabine e vedo poche donne. Forse è vero che sempre più donne prendono le patenti superiori, ma forse non per guidare un camion. Ancora oggi ci sono tante difficoltà e porte sbattute in faccia. Ho delle amiche che hanno dovuto rinunciare a realizzare il loro sogno in quanto donne, non è giusto. Poi ci sono gli stereotipi che vanno superati, anche per avvicinare i giovani, non solo le donne. Dovremmo forse prendere spunto dall’estero e fare in modo che si arrivi all’età per guidare già con un po’ di esperienza pregressa, per esempio grazie ad un tirocinio.

Un’ultima curiosità: qual è il tuo ricordo più bello legato al tuo lavoro?

Anni fa feci un’intervista insieme ad altre autiste per una rivista. Il pezzo era “7 donne su 7 camion” e ognuna descriveva il suo mezzo, tutti di diverse case costruttrici. Dopo la pubblicazione un giorno mi suonò il telefono. Era la Renault Trucks. Inizialmente pensai addirittura che si trattasse di uno scherzo. Invece avevano apprezzato la mia intervista e mi invitarono nella loro sede in Francia a visitare lo stabilimento. Per un’appassionata come me è stato un altro sogno che si è realizzato.

TotalEnergies e Valeo sviluppano un metodo di raffreddamento innovativo delle batterie elettriche

Un innovativo metodo di raffreddamento delle batterie dei veicoli elettrici è al centro del memorandum d’intesa firmato da TotalEnergies e Valeo con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio. Con la tecnologia attuale, infatti, i refrigeranti non possono essere utilizzati per raffreddare la batteria dall’interno. Ma la compagnia multi-energetica francese ha sviluppato un nuovo fluido dielettrico ad altissime prestazioni che può entrare a diretto contatto con le celle della batteria. Da parte sua Valeo, sulla base dell’esperienza maturata nella costruzione di sistemi termici, progetterà e realizzerà la soluzione migliore per integrare il liquido di raffreddamento all’interno del pacco batterie del veicolo elettrico, ottenendo così la giusta temperatura per le prestazioni del mezzo.

La ricerca condotta nell’ambito dell’accordo consentirà a Valeo di ridurre il peso dei sistemi termici utilizzati per raffreddare le batterie – migliorando così notevolmente il peso complessivo, l’autonomia di viaggio e la sostenibilità dei veicoli elettrici – e incrementare la sicurezza contro il rischio di incendi delle batterie stesse.

Inoltre, per rispondere a queste esigenze e ad altre sfide come il comfort e l’efficienza del gruppo propulsore elettrico, Valeo ha sviluppato sistemi di gestione termica completi, intelligenti e a basse emissioni di carbonio adattati all’intensità e alla velocità di ricarica. E il programma di ricerca collaborativa con TotalEnergies consentirà di ottimizzarli ulteriormente.

«Il fluido dielettrico sviluppato da TotalEnergies completa la nostra gamma TotalEnergies Quartz EV Fluid per la mobilità elettrica – ha commentato Philippe Charleux, vicepresidente senior lubrificanti & specialità di TotalEnergies – Si tratta di una soluzione unica per contribuire alla decarbonizzazione del settore». «Le tecnologie che riducono le emissioni di CO2 rappresentano attualmente il 60% dei ricavi del nostro Gruppo – ha ribadito Francisco Moreno, presidente della divisione sistemi termici di Valeo – e in questo senso continueremo a sviluppare il  portafoglio di tecnologie che promuovono la mobilità senza emissioni di carbonio».

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