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Cessioni intra UE, per l’esenzione Iva la lettera di vettura internazionale è surrogabile con altro documento commerciale

Parliamo oggi di cessioni intracomunitarie, una materia certamente complicata che cercheremo di rendere più «maneggiabile».

In particolare, in questo caso, si tratta dell’esenzione dal pagamento dell’Iva, relativamente ad una vendita con clausola franco fabbrica (ovvero con il ritiro della merce presso lo stabilimento del cedente). Il contribuente – colui che è tenuto a pagare le imposte di legge – deve fornire la prova documentale dell’effettivo trasferimento della merce nel territorio dello Stato membro di destinazione o comunque di fatti secondari, da cui desumere la presenza delle merci in un territorio diverso dallo Stato di residenza. Nel caso poi in cui la documentazione necessaria sia in possesso di terzi non collaboranti e non sia acquisibile da altri soggetti, deve dimostrare di aver espressamente concordato, nei contratti stipulati con vettore, spedizioniere e cessionario (ovvero l’acquirente), l’obbligo di consegna del documento e, a fronte dell’altrui inadempimento, di aver agito con ogni mezzo in sede giudiziaria.

La questione è quindi se, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova del trasferimento possa essere fornita con altro documento idoneo a dimostrare che le merci siano state inviate in altro Stato membro.

Ciò premesso, passiamo al caso concreto.

IL FATTO

La società tedesca SKF aveva fatto ricorso contro l’avviso di accertamento con il quale, in relazione ad alcune operazioni di cessione intracomunitaria, l’Agenzia delle Entrate italiana aveva recuperata la tassazione l’Iva per l’anno 2011. La Commissione Tributaria Provinciale di Pescara aveva accolto parzialmente il ricorso, annullando il provvedimento dell’AE limitatamente alle operazioni – non tutte quindi – per le quali erano stati prodotti i CMR (ovvero le lettere di vettura internazionali) e i DDT (documenti di trasporto).

L’appello della società estera contribuente – che evidentemente riteneva di non dover pagare alcuna tassa – trovava però il rigetto della CTR (Commissione Tributaria Regionale) dell’Abruzzo. Tale decisione si basava su tre argomenti:

– l’effettiva consegna dei beni nello Stato UE di destinazione doveva essere provata dal CMR o dal documento di trasporto;

– in mancanza del CMR, è applicabile il principio per le cessioni extracomunitarie, secondo il quale la prova dell’esportazione non può essere fornita da documentazione di origine privata;

– la documentazione fornita dalla contribuente, in relazione alle operazioni per le quali il primo giudice non aveva annullato l’atto impositivo, non era sufficiente a provare che la merce avesse raggiunto lo Stato membro destinatario.

L’azienda tedesca però non si dava per vinta e ricorreva in Cassazione (con l’Agenzia delle Entrate che resisteva in controricorso). Con quali argomenti? Vediamoli.

La ricorrente affermava innanzitutto la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 DL 331/1993. Secondo la società la CTR aveva applicato erroneamente alle transazioni intracomunitarie il diverso regime della prova della fuoriuscita delle merci dal territorio dello Stato, previsto per le cessioni all’esportazione (art. 8 Dpr 633/1972). Diversamente, infatti, la disciplina delle cessioni intracomunitarie non prescrive alcuna modalità o adempimento specifico, in capo al cedente nazionale, per provare l’avvenuta consegna dei beni nello Stato membro di destinazione. E questo soprattutto quando, come nel caso in esame, il trasporto a destinazione avviene a carico dei clienti finali stabiliti nell’UE, che ritirano la merce presso lo stabilimento del cedente (clausola ex works o franco fabbrica). Quindi la mancanza del CMR firmato non può pregiudicare la dimostrazione del trasporto intracomunitario, sempre che il cedente sia in grado di fornire documentazione probatoria equipollente, non necessariamente di una pubblica autorità. Un’interpretazione che è oltretutto conforme all’art. 45-bis del Regolamento di esecuzione 282/2011 che recita: la cessione intracomunitaria con trasporto a cura del cessionario è presunta allorquando il cedente sia in possesso di un documento che attesti la spedizione in altro Stato membro, unitamente a una dichiarazione scritta dell’acquirente, che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente o da un terzo per conto dell’acquirente e identifica lo Stato membro di destinazione dei beni.

In particolare la CTR avrebbe sbagliato nel ritenere non idonea la prova costituita dalle dichiarazioni della cessionaria BMW AG (Goods Receipt Ackonowledgment – GRA), con le quali è stata confermata l’avvenuta consegna dei beni oggetto delle fatture elencate.

LA DECISIONE

Cosa ha deciso la Corte Suprema? Che le motivazioni della società tedesca contribuente erano fondate.

La non imponibilità delle cessioni intracomunitarie di beni è prevista infatti dall’art.138 della Direttiva 2006/112/CE. Inoltre l’articolo 41, DL 331/1993, considera non imponibili ai fini IVA «le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti d’imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni (…)». In sostanza, la tassazione avviene nello Stato membro di destinazione, secondo il principio per cui il gettito fiscale va trasferito tendenzialmente allo Stato membro in cui avviene il consumo finale dei beni ceduti.

Come più volte ribadito dalla Cassazione l’onere di provare l’esistenza dei presupposti della deroga al regime della territorialità IVA è a carico del contribuente, cioè colui che invoca detta deroga. L’esenzione dall’Iva della cessione intracomunitaria di un bene deve poi soddisfare – dice la Corte – tre condizioni: il potere del fornitore di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente; il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro; in seguito a tale spedizione o trasporto, il medesimo bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.

Ma quali sono i documenti che debbono essere esibiti per provare il trasferimento all’estero della merce? La Direttiva 2006/112/CE e il suo Regolamento di attuazione, infatti, non forniscono alcuna indicazione in merito, rinviando sul punto ai singoli ordinamenti nazionali. E nemmeno l’art. 41 li indica, per cui occorre riferirsi – spiega la Cassazione – alle decisioni dell’’Amministrazione finanziaria e in particolare alle risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate.

In una di queste – n. 345/2007 – si chiarisce che, ai fini della dimostrazione dell’invio dei beni in altro Stato dell’Unione Europea, può costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto da cui si deduce l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario, conservando il contribuente sia la documentazione bancaria delle somme riscosse, sia la copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali.

Con una successiva risoluzione – n.477/2008 – viene tuttavia precisato che il riferimento all’esibizione del documento di trasporto deve intendersi effettuato a titolo meramente esemplificativo e chiarito che, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova in questione potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro.

In seguito una terza risoluzione – n.19/E/2013 – ha esteso la valenza probatoria del documento di trasporto cartaceo anche a quello elettronico, mentre una quarta – n.71/2014 – infine, che riguarda l’ipotesi di cessione di un’imbarcazione, ha stabilito che, quando non è possibile esibire il documento di trasporto, sono ammissibili altri mezzi di prova idonei, con l’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro derivante insomma da un insieme di documenti.

La questione sulla prova dell’effettività del trasporto della merce tra due operatori UE è stata affrontata anche dalla giurisprudenza dell’Unione e di legittimità. Ebbene in tema di onere probatorio che incombe sul cedente, si è precisato che «il documento di accompagnamento della merce è surrogabile anche con un documento commerciale contenente le stesse informazioni e la sua terza copia (l’esemplare che deve essere rinviato allo speditore per appuramento, cosiddetta copia di ritorno per il cedente) è idonea a comprovare, ai fini del beneficio dell’esenzione IVA, l’effettività del trasferimento della merce in altro Stato membro». (Cassazione n.28831/2019). La CTR invece ha ritenuto erroneamente che l’unico documento idoneo a comprovare la cessione fosse il CMR, sebbene si trattasse di vendite con clausola «franco fabbrica», e ha applicato sbagliando alla cessione intracomunitaria il regime di prova delle esportazioni, omettendo di valutare gli altri documenti offerti in produzione dalla ricorrente.

LE CONSEGUENZE

Effetto di questi ragionamenti giudiziari: la sentenza della Commissione Tributaria Regionale abruzzese va cassata e il giudizio va rinviato alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione e per un nuovo esame, anche relativamente alle spese del procedimento in Cassazione.

Cosa emerge dunque dalla pronuncia della Corte Suprema? Due certezze. Primo: che il documento di accompagnamento della merce – la lettera di vettura internazionale – è surrogabile anche con un documento commerciale contenente le stesse informazioni. Secondo: che anche la sua terza copia, l’esemplare che deve essere rinviato allo speditore per appuramento, cioè la copia di ritorno per il cedente, è idonea a comprovare, ai fini del beneficio dell’esenzione Iva, l’effettività del trasferimento della merce in altro Stato membro.

In sostanza, un chiarimento che dovrebbe facilitare l’identificazione del luogo dove applicare le tassazioni territoriali.

ADR, parco antiquato e obsoleto. OITAF chiede incentivi per il rinnovo

Il trasporto delle merci pericolose in Italia ha un parco antiquato e obsoleto. A sostenerlo è l’OITAF che ha recentemente presentato i dati relativi ai veicoli in regime ADR nel corso della 17° Conferenza Logistica dal titolo “La collaborazione di filiera per un trasporto sicuro e sostenibile”, organizzata a Milano da Federchimica. L’Osservatorio Interdisciplinare Trasporto Alimenti e Farmaci, presieduto da Clara Ricozzi, qualche mese fa ha dato alle stampe il primo Libro Bianco del Trasporto ADR dal quale emerge che i mezzi cisterna che circolano in Italia sono 11.000 di cui 7 mila autocarri e 4 mila trainati e sono più obsoleti rispetto alla media del parco circolante. 

“Il nostro auspicio è che il MIT rafforzi gli interventi per incentivare l’ammodernamento del parco, oltre che la specifica formazione ed aggiornamento dei conducenti – ha dichiarato Clara Ricozzi – Spetta però anche alle imprese portare avanti investimenti mirati in tecnologie innovative e digitalizzazione delle operazioni logistiche”.

“Gli autocarri – ha sottolineato Tiziana Altieri, curatrice del volume – hanno mediamente 15,5 anni, i trainati 19,7, mentre ben due veicoli su tre si inseriscono nella fascia over 12 anni”.  La caratteristica più evidente dell’analisi condotta da Altieri è lo stretto legame tra PIL e parco ADR: le prime regioni per PIL, capeggiate dalla Lombardia, sono quelle con il parco veicoli/cisterne ADR più consistente. Vi è infine una stretta correlazione tra presenza di poli chimici e numero di cisterne ADR.

Subvezione, Assotir chiede di rivedere la normativa: “Piccole e medie imprese in sofferenza”

Un sistema in sofferenza nel quale le microimprese appaiono molto più stressate delle grandi realtà, con un alto tasso di indebitamento, margini ridotti, e una crescita di fatturato alla quale non corrisponde un altrettanto incremento degli utili. È questa la fotografia dell’autotrasporto che emerge dallo studio presentato oggi a Roma da Assotir. Il report intitolato “Analisi economica dell’autotrasporto italiano degli ultimi dieci anni, basata sui bilanci delle imprese” redatto da Rosario Faraci, Professore di economia all’Università di Catania, riporta infatti un settore sbilanciato, dove “le grandi aziende presentano un grado di dipendenza esterna maggiore rispetto alla piccole realtà – spiega Faraci – e nel quale occorre essere consapevoli che la soluzione rimane l’aggregazione per avere maggiore massa critica e per contrastare il potere dei grandi gruppi”. Ma intanto, Assotir torna a chiedere una mano alla politica, rappresentata in sala dai maggiori esponenti della Commissione Trasporti della Camera con il Presidente Salvatore Deidda (FdI), il Vicepresidente, Andrea Casu (PD) e Roberto Traversi (M5S). “Occorre dare regole idonee a questo settore – ha chiesto a gran voce Anna Vita Manigrasso, Presidente di Assotir – In primis, bisogna rivedere la disciplina per la subvezione al fine di limitare i passaggi intermedi. Occorre un effettivo rispetto dei tempi di pagamento, dei tempi di carico e scarico e l’introduzione di costi minimi obbligatori. Tutto questo per innescare dinamiche utili per far tornare l’autotrasporto un settore attraente per gli imprenditori”.

Un aiuto deciso alla politica è stato chiesto anche da Claudio Donati, segretario generale di Assotir. “Non siamo per il piccolo è bello, ma dobbiamo aiutare il passaggio verso dimensioni più ampie delle aziende – ha sottolineato Donati – e fare un lavoro culturale con i nostri imprenditori, ma cambiare la disciplina sulla subvezione è una necessità impredicibile: chiediamo al Governo che cosa vuole fare”.

Il riferimento è al recepimento del Regolamento 1055 del 2020 che norma i requisiti di accesso alla professione, recepito in Italia con il decreto del MIT dell’8 aprile 2022 “Attuazione delle modifiche introdotte ai regolamenti (CE) n. 1071/2009 e (CE) n. 1072/2009 con il regolamento (UE) 2020/1055 in materia di accesso alla professione ed al mercato del trasporto su strada” che, secondo l’associazione, dovrebbe essere rivisto per tenere conto della disponibilità del parco mezzi da parte delle aziende rispetto al fatturato generato.

La sofferenza delle microimprese

Infatti, tra le caratteristiche che emergono dallo studio dell’Università di Catania, condotto su un campione di aziende di trasporto utilizzando dati di bilancio disponibili nel database AIDA Bureau Van Djik (BVD), c’è anche uno sbilanciamento tra fatturato e utili che interessa maggiormente le piccole aziende e le ditte individuali che costituiscono oltre il 66% del campione. In altre parole, in 10 anni il fatturato delle microimprese è esploso con una crescita del 174,93%, in termini percentuali la maggiore registrata nel campione, mentre gli utili nello stesso periodo sono cresciuti del 215,40%, segnando la performance peggiore. A questo si somma una redditività bassa (+4,9%) e l’alto indebitamento (+204,9%) che induce a pensare che i piccoli non riescano ad ottimizzare i costi e allo stesso tempo devono accettare tariffe al di sotto del mercato.

Le performance delle grandi realtà

La differenza emerge se comparata nello stesso lasso di tempo alle performance delle grandi aziende, che costituiscono solo lo 0,48% del campione, ma che hanno visto i fatturati aumentare del 108,9%, ma ancora di più gli utili del 537,74% con una redditività che si aggira intorno al 10% e debiti cresciuti dell’83,17%. Un percorso che lo studio legge comparando il grado di integrazione verticale nella filiera, indice che attesta quante fasi di un processo produttivo viene gestito in proprio da un’impresa, senza affidarsi a soggetti terzi. “Questo indice – ha spiegato Faraci – è nettamente più elevato tra le imprese di piccole dimensioni, perché sono quelle che nei fatti gestiscono il trasporto delle merci”. Questo valore in media nel settore è pari a 19, ma che per le grandi imprese scende a 18 con una maggiore esposizione verso la fornitura di servizi dall’esterno, mentre per le piccole e medie imprese questo valore si alza toccando il 30%. Ergo, nelle realtà più piccole la subvezione è limitata, più le dimensioni si ingrandiscono, più si è portati a considerare il ricorso a servizi esterni, con il coinvolgimento di vettori medio-piccoli. 

Fagerman (Mercedes): «Elettrico? Il supporto della consulenza è fondamentale, al di là degli incentivi»

Non c’è incentivo che tenga senza un’adeguata rete infrastrutturale per la ricarica dei veicoli. Ma soprattutto, per guidare la transizione all’elettrico serve anche una strategia mirata ad aiutare i clienti nel processo decisionale di acquisto, orientandoli con consulenze personalizzate. È il messaggio che ha lanciato Stina Fagerman, responsabile marketing, vendite e assistenza di Mercedes-Benz Trucks, in un’intervista rilasciata alla stampa di settore in occasione dello IAA Transportation 2024.

«Come produttore di camion, non possiamo avere una strategia che dipenda solo ed esclusivamente dagli incentivi statali, perché questi variano totalmente da Paese a Paese. Piuttosto ci focalizziamo sulla validità del nostro prodotto (l’eActros 600, ndr) e sul potenziamento dei servizi consulenziali e finanziari ad esso associati. Inoltre, c’è bisogno di lavorare sulla costruzione delle infrastrutture per la ricarica. Perché questo, oggi, è il principale collo di bottiglia», ha commentato Fagerman, sottolineando quindi come sia imperativo per la politica agire da subito per promuoverne l’espansione in tal senso.

Ma per rendere l’elettromobilità più semplice e accessibile per i clienti c’è bisogno di andare anche al di là dell’acquisto dei veicoli. A questo proposito, Fagerman ha ricordato come gli esperti di Mercedes-Benz Trucks abbiano sviluppato una gamma specialistica di servizi di consulenza. Da un lato lo scopo è di valutare insieme ai clienti i percorsi da elettrificare nell’ambito della logistica in entrata e in uscita, dall’altro, in collaborazione con i rispettivi gestori di flotte, di elaborare piani sui percorsi ottimali con i relativi punti di ricarica. Su questa base, i consulenti creano soluzioni di ricarica personalizzate.

«Il nostro approccio consulenziale parte con un’analisi dei percorsi dei clienti, consigliandoli nell’elettrificazione della flotta e offrendo loro anche la possibilità di testare i veicoli in demo – ha commentato Fagerman, sottolineando anche l’importanza della soddisfazione degli autisti. «All’inizio sono un po’ scettici, ma dopo aver provato i camion escono entusiasti, perché l’ambiente di lavoro è più rilassato, confortevole e silenzioso».

Fagerman ha poi rimarcato il lancio, in occasione dello IAA, del nuovo marchio TruckCharge, pensato per rendere l’elettromobilità più semplice per i clienti. Si tratta di un ecosistema di servizi che riunisce le offerte del costruttore in materia di infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, anche dal punto di vista consulenziale. L’offerta comprende il Fleetboard Charge Management, che offre una panoramica di tutte le interazioni tra i veicoli elettrici a batteria della flotta e le stazioni di ricarica aziendali, la Charging Card, che consente la ricarica senza contanti in viaggio, e il finanziamento dell’infrastruttura di ricarica. «Abbiamo instaurato un’ottima collaborazione con i nostri servizi finanziari interni – ha concluso Fagerman – Offriamo soluzioni finanziarie non solo per i veicoli, ma anche per tutte le infrastrutture e credo che questo sia un grande aiuto anche per i nostri clienti».

Dal modellino alla realtà: la nuova cisterna per alimentari OKT prende vita

La cisterna OKT Aerodynamic Foodstuff aveva ricevuto alla IAA del 2022 il premio per il concept design Trailer Innovation. Si trattava di un prototipo – sotto forma di modellino in scala – di semirimochio cisternato per il trasporto di alimenti particolarmente innovativo nella riduzione dei consumi di carburante e delle emissioni di CO2 durante la marcia dell’autoarticolato.

A due anni esatti di distanza dall’ideazione, la cisterna OKT è stata realizzata e presentata per la prima volta in occasione dell’edizione 2024 dello IAA Transportation di Hannover.

La cisterna mira a ridurre le emissioni di carbonio fornendo risparmi di carburante grazie alla struttura aerodinamica che riduce l’attrito dell’aria durante la guida. La cisterna del Gruppo turco OKT si caratterizza per lo spoiler posteriore a spina di pesce progettato con una forma che trasmette il vento alla parte posteriore del mezzo in modo che l’equipaggiamento del veicolo non disturbi la struttura aerodinamica e i canali diffusori sotto il veicolo. Le prese d’aria del paraurti aumentano la tenuta di strada riducendo anche la pressione dell’aria.

La cisterna monta un corrimano sul percorso pedonale sopra il veicolo a scomparsa e protezioni scorrevoli che possono essere aperte e chiuse con un comando mobile sul percorso pedonale aereo. Il sistema assicura maggiore sicurezza alle persone in quota che controllano i boccaporti e i passi d’uomo e un migliore CX della parte superiore della cisterna. I parafanghi aerodinamici, con un design che racchiude il tridem, eliminano le turbolenza laterali e conferiscono anche un maggior aspetto estetico. Le ali superiori nella parte posteriore del veicolo e il diffusore situato nella zona del paraurti indirizzano i flussi d’aria che scivolano rapidamente sul rimorchio, consentendo alle turbolenze di allontanarsi dal veicolo. Allo stesso tempo le ali fungono da stabilizzatore al moto su strada del rimorchio e riducono il rollio del veicolo durante il viaggio.

Non mancano, dati i requisiti telematici in voga sui trailer, che hanno un sistema gestibile via telefono e IoT, la movimentazione delle gambe di appoggio e l’apertura e chiusura delle coperture di protezione superiori gestibile in remoto. Il veicolo può comunicare via satellitare per stabilire la velocità e trasmettere dati sul  materiale che trasporta, le soste, i cambiamenti di percorso e molto altro…

Carenza autisti, Villa (Federtrasporti): «Situazione drammatica. Si riaprano i flussi migratori»

Riapertura dei flussi migratori, incentivi a sostegno della formazione del personale extraUe, adeguamento dei servizi e delle infrastrutture per rendere il lavoro degli autisti meno duro e comunicazione diretta ai giovani per attrarli nel mondo della logistica. È questa la ricetta di Claudio Villa, Presidente di Federtrasporti che annuncia anche un premio per un giovane regista che racconti sul grande schermo la vita sul camion.

Parliamo molto di carenza di autisti. Come è la situazione in Federtrasporti?

La situazione è drammatica: abbiamo camion fermi perché non ci sono i conducenti. Non riusciamo a sostituire coloro che vanno in pensione o che cambiano vita perché il mestiere dell’autista non ha più l’attrattiva che aveva fino a qualche anno fa. Ogni 5 autisti che scendono dal camion, ne troviamo soltanto uno che ci sale…

Spesso gli autisti lamentano stipendi bassi e condizioni di lavoro dure…

È vero. Una delle ragioni è proprio questa: il lavoro dell’autista dovrebbe essere retribuito meglio, ma oggi le aziende non riescono a dare il giusto perché non c’è un sistema che garantisce il recupero dei costi. Ad esclusione del gasolio, il cui incremento di costo è riconosciuto in automatico almeno da chi ha la fortuna di lavorare con multinazionali. Per esempio, nel mondo Federtrasporti, con una flotta di circa 4.000 camion, solo un terzo può contare sull’adeguamento tariffario automatico. Poi ci sono tutti gli altri costi irrecuperabili, come le autostrade, che registrano aumenti sostanziosi. Quindi, verissimo: gli autisti meriterebbero compensi maggiori, ma sarebbero insostenibili per le aziende. E comunque, dobbiamo dire che oggi un autista che fa il corto raggio e rientra la sera a casa guadagna circa il 30% in più di un operaio specializzato…

Come fare allora per avere autisti?

Considero come primaria una soluzione: riaprire i flussi migratori con una certa regolarità. Si vadano a cercare gli autisti che mancano in giro per il mondo, indipendentemente dai colori, dalle razze, dalle religioni e senza porsi troppi problemi. L’importante è aggirare a livello normativo quella assurda richiesta di pretendere il possesso della CQC a chi proviene da paesi non europei, perché chi arriva da fuori del territorio dell’Unione non può averla. A meno di fare accordi particolari tramite il nostro ministero per effettuare corsi dedicati direttamente nei paesi di origine o di concedere una moratoria temporale per acquisire la CQC entro un determinato lasso temporale.

E come risolvere il nodo della formazione per chi viene da Paesi extraeuropei?

Il sistema delle aziende è in grado di sostenere la formazione, inoltre si potrebbero prevedere altri incentivi statali sostenuti dalle tasse che l’autotrasporto paga all’erario. Una decina d’anni fa circa il 12-13% del nostro personale proveniva dall’Africa, oggi non ne abbiamo neanche uno. 

Perché?

Molti sono tornati a casa, qualcun altro è andato in Francia e in altri Paesi europei. Bisogna muoversi anche verso la creazione di servizi adeguati, con aree di sosta fruibili dalle persone, con servizi igienici e parcheggi disponibili, spazi comuni gradevoli. Occorrerebbe anche lavorare seriamente sull’immagine della categoria, cercando di scardinare gli stereotipi che ancora pesano sulla figura dell’autista. 

Ritiene utile agire nelle scuole?

Come Federtrasporti abbiamo sostenuto la riduzione da 21 a 18 anni dell’età in cui è possibile prendere la patente professionale proprio perché pensiamo che i giovani che escono dalle scuole non aspettano tre anni prima di intraprendere una professione. Quindi sicuramente entrare nelle scuole per far comprendere questa professione è un’ottima iniziativa. Poi occorre agire anche sul piano degli incentivi per l’accesso alle patenti, come da qualche anno sta facendo l’Albo. Noi, da parte nostra, stiamo pensando di finanziare una scuola di cinema concedendo un premio a un giovane regista che decida di impegnarsi su un soggetto dedicato all’autotrasporto. Crediamo sia un modo per avvicinare il grande pubblico questo mondo essenziale ai processi economici e sociali. 

Sicilia, rientra il fermo: rinviato al 21 ottobre

“Preso atto dell’apertura del Viceministro Rixi di aumentare le risorse del Sea Modal Shift e vista la convocazione per lunedì del Governo regionale – si legge in una nota firmata da Salvatore Bella, Presidente di Aitras – per puro spirito di responsabilità il fermo è rinviato e verrà attuato dalle ore 00.01 del 21 ottobre alle 24.00 del 25 ottobre”. 

L’associazione a capo di altre sigle dell’autotrasporto siciliano riunite nel Comitato Autotrasportatori Siciliani attende anche una convocazione a Roma. “Ciò è stato deciso – prosegue la nota – per permettere al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di convocarci per stabilire i particolari dell’impegno già preso dal Viceministro. In mancanza di convocazione in questo arco di tempo, si andrà al fermo”. 

ETS, Rixi: “I fondi saranno destinati all’intermodalità marittima”

I fondi ricavati dall’ETS saranno spesi per incentivare l’intermodalità marittima. Parola del viceministro Edoardo Rixi. Il braccio destro di Matteo Salvini al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è intervenuto per rassicurare gli autotrasportatori, in particolare, le associazioni siciliane che chiedono a gran voce lo stanziamento di maggiori risorse per il Sea Modal Shift e che hanno proclamato un fermo dei servizi dal 30 settembre per 5 giorni.

“Siamo impegnati su misure incentivanti per l’intermodalità e il trasporto su gomma – si legge in una nota del viceministro Rixi – Tra le soluzioni concrete possiamo confermare la destinazione dei fondi dall’ETS all’aumento delle risorse per l’incentivo Sea Modal Shift, cercando di recuperare anche i fondi stanziati per il 2022 non utilizzati a causa dei limiti imposti dalle norme europee. È sacrosanto riconoscere agli autotrasportatori i propri diritti, ma è altrettanto importante che venga rispettato il diritto dei cittadini a non subire interruzioni nei flussi logistici, vitali per l’economia locale e nazionale.”

Sulla vicenda era intervenuta nei giorni scorsi anche Alis che però aveva “ribadito il proprio disaccordo verso qualsiasi forma di protesta”, prendendo le distanze “dalle recenti manifestazioni di dissenso e dagli scioperi o blocchi da e per porti strategici proclamati da alcune associazioni operanti nel settore autotrasporto della Sicilia, legati alla percezione di lentezze burocratiche e insufficienza dei fondi destinati a misure incentivanti per il comparto”. L’associazione guidata da Guido Grimaldi ha fatto sapere di aver ricevuto dal MIT una nota ufficiale pervenuta a mezzo PEC, con la quale il ministero “si impegnava a lavorare per destinare i fondi provenienti dalla tassazione ETS all’incremento della dotazione finanziaria destinata proprio all’incentivo per l’intermodalità marittima Sea Modal Shift, provando inoltre, ove possibile, anche a recuperare i fondi stanziati per l’annualità 2022 e non erogati”.

“Siamo convinti – aveva ribadito Marcello Di Caterina, Direttore generale di ALIS – che, attraverso un dialogo aperto e costruttivo, si possano trovare soluzioni che garantiscano il sostegno necessario agli operatori senza ricorrere a misure drastiche come scioperi o blocchi dei servizi di trasporto intermodale”. 

Federtrasporti e Astre Italia uniscono le forze: nasce mega-raggruppamento da 7.000 camion

Federtrasporti e Astre Italia uniscono le forze. I due principali raggruppamenti di aziende italiane del mondo dell’autotrasporto e della logistica si stringono ufficialmente la mano e iniziano una collaborazione strategica. Le due realtà aggregate – che insieme esprimono 7.000 camion, 650 mila metri quadri di infrastrutture e un fatturato che supera i 1,1 miliardi di euro – hanno sottoscritto un protocollo di intesa per condividere un percorso articolato volto a creare massa critica per offrire servizi in linea con le richieste del mercato.

Un primo passo importante, già formalizzato, riguarda la partecipazione di Astre Italia e di Federtrasporti al capitale di Resta Srl, società neocostituita allo scopo di portare in Italia le attività della borsa noli B2P, creata in Francia nel 2010, con un approccio innovativo cucito su misura per i trasportatori, concepito direttamente da operatori del trasporto per condividere i carichi, assecondando le esigenze del mercato e fare massa critica in caso di picchi di domanda.

«Dopo decenni trascorsi a tutelare la dignità e l’operatività dei nostri associati, pensiamo sia giunto il tempo di fare un passo in avanti», ha commentato Claudio Villa, Presidente di Federtrasporti. «Attraverso le sinergie con un altro raggruppamento riteniamo di poter conquistare le opportunità e le ottimizzazioni che le grandi aziende riescono ad ottenere. È un prerequisito per conservare la nostra capacità competitiva».

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CHI È FEDERTRASPORTI

Creata nel 1971 per fornire tutela e supporto a piccole aziende di autotrasporto e logistica, attualmente rappresenta una sessantina di società, per lo più di natura consortile e cooperativistica che muovono più di 4.000 camion, gestiscono cumulativamente 185 mila metri quadri di magazzini e fatturano in modo aggregato circa 450 milioni di euro.

«L’accordo con Federtrasporti – ha commentato Giuseppe Curcio, Presidente di Astre Italia – è importante per il settore dell’autotrasporto e della logistica italiana. Rappresenta il punto di partenza rispetto ad un percorso che certamente sarà non poco impegnativo ma che, come le dinamiche anche del nostro settore ci stanno insegnando, è diventato necessario. Una sinergia tra i due principali raggruppamenti di aziende del settore, con l’obiettivo di ottimizzare i servizi disponibili e sviluppare nuove opportunità di business dei trasporti e della logistica a respiro non solo domestico ma anche e soprattutto internazionale grazie all’apporto della Rete Europea Astre».

L’attuale congiuntura di mercato, segnata da una marcata concentrazione societaria, con un numero ristretto di grandi aziende che controllano parti crescenti della domanda di trasporto, rendono essenziale disporre di peso dimensionale per riuscire a conservare capacità competitiva. Da questo punto di vista Federtrasporti e Astre Italia danno origine a un mega-raggruppamento, in grado di conquistare un posto di primo piano nel comparto del trasporto e della logistica.

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CHI È ASTRE ITALIA

Emanazione nazionale di un raggruppamento creato in Francia nel 1992 e attualmente presente in buona parte dell’Europa con l’obiettivo di migliorare il posizionamento dei soci sul mercato tramite condivisione di best practices, scambi commerciali e servizi integrati, associa in Italia 31 aziende che dispongono di 2.900 camion, 450 mila metri quadri di magazzini e fatturano circa 680 milioni di euro.

Tra le altre attività inserite nel protocollo di intesa, la gestione condivisa della sottoscrizione dei servizi assicurativi, della formazione del personale e degli acquisti di strumenti utili all’attività con l’obiettivo di ottimizzare i costi fino ad arrivare all’offerta comune dei servizi logistici nelle aree di specializzazione delle due realtà.

Colpo grosso di Leasys: 15.300 veicoli noleggiati alla PA

Leasys, joint venture paritetica tra Stellantis e Crédit Agricole Personal Finance & Mobility, si è aggiudicata l’appalto indetto da Consip per la fornitura di 15.300 veicoli per la Pubblica Amministrazione italiana. Fondamentale nell’aggiudicazione della gara l’esperienza nella gestione delle flotte pubbliche, affinata tramite il dipartimento dedicato alla Public Administration & Institutional Sales. Questa divisione, infatti, si compone di uno staff qualificato con elevata esperienza nella gestione delle gare pubbliche e di clienti istituzionali.

L’accordo quadro messo in gara copre l’intero territorio italiano e comprende cinque categorie di veicoli: 4.300 city car, 2.500 vetture compatte, 2.500 veicoli commerciali, 1.200 vetture con allestimento per la polizia locale e 4.800 vetture allestite per le forze di sicurezza.
I veicoli forniti si articolano su 30 diversi modelli il 90% dei quali appartenenti a brand del Gruppo Stellantis. La flotta, composta principalmente da motorizzazioni ibride, contempla anche un significativo numero di vetture elettriche e un lotto di veicoli commerciali endotermici.

Gli ordini dei veicoli saranno avviati dal mese di ottobre e per i successivi 18 mesi.

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