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Stefania Pezzetti, Ceo BRT: «Il gap di genere esiste, serve impegno per superarlo»

«Bisognerebbe smettere di parlare della diversità di genere come di un problema e cominciare a considerarla ‘un fatto’. Non esistono ‘generi’ sul lavoro, esistono donne capaci e uomini capaci e questo deve essere il punto di partenza per chiudere il gap». Stefania Pezzetti siede nel quartier generale di BRT, l’azienda italiana attiva nel trasporto espresso che dal 2017 è entrata a far parte di Geopost, uno dei leader mondiali nel trasporto, sulla poltrona più importante: quella del Chief Executive Officer. La nomina è arrivata nell’ottobre del 2023, dopo una carriera ultraventennale a livello nazionale e internazionale nel settore della logistica e del trasporto.

Il suo percorso professionale inizia nel 1998 in TNT Polonia (oggi FedEx), evolvendosi in ruoli di crescente responsabilità in ambito finanziario e operativo, e ricoprendo posizioni chiave a livello istituzionale ai vertici di Organizzazioni di categoria come FEDIT – Associazione Italiana Trasporti, di cui è stata Presidente, e Confetra – Confederazione Generale Italiana Trasporti e Logistica, di cui è stata Vicepresidente. Insomma, una carriera di tutto rispetto che sembra essere un faro in mezzo a un oceano buio o, fuor di metafora, in un settore, quello dei trasporti e della logistica, dove le donne rappresentano solo il 22% del totale. Come se non bastasse, in un Paese, l’Italia, in cui solo il 4% delle donne ricopre il ruolo di CEO – una percentuale inferiore sia alla media globale (6%), che europea (7,3%).

La Sua carriera nel settore della Logistica e dei Trasporti inizia più di 25 anni fa. Ci può raccontare come è andata, e soprattutto cosa l’ha spinta ad entrare in questo settore?

Sono grata alla vita per questa splendida esperienza che ho fatto e sto facendo. Non dimenticherò mai il mio primo giorno di lavoro in questo settore: era il 16 marzo 1998. La TNT mi diede la ‘grande opportunità’ di diventare Finance Director della sua filiale polacca, a Bielsko-Biala: un grande cambiamento per una giovane piemontese con scarsa conoscenza del mondo fuori dai confini italiani! Dopo la Polonia ho lavorato a Milano, Parigi e poi Torino, dove sono rimasta fino a ottobre 2023, pur ricoprendo ruoli di respiro internazionale. Crescere professionalmente e fare carriera non è stato sempre facile, ma sono cresciuta con l’idea che ognuno è artefice del proprio destino e a quell’idea sono rimasta sempre fedele. Quindi, resilienza, determinazione e obiettivi chiari: in questo modo ho superato gli ostacoli e ho colto le opportunità professionali che mi si sono presentate.

Oltre ad aver ricoperto ruoli rilevanti sia a livello nazionale che internazionale, lei oggi è una delle poche donne alla guida di un’azienda leader nel settore del trasporto. Le donne, ancora oggi, rappresentano infatti una percentuale esigua degli impiegati nel comparto. Dal suo punto di vista, quali azioni occorre mettere in campo fin da subito per eliminare questo gap?

Il gap di genere esiste e serve impegno per superarlo. Si può fare tanto, ma personalmente ritengo che bisognerebbe smettere di parlare della diversità di genere come di un problema e cominciare a considerarla ‘un fatto’. Non esistono ‘generi’ sul lavoro, esistono donne capaci e uomini capaci e questo deve essere il punto di partenza per chiudere il gap. I tempi sono maturi per affrontare l’argomento in questi termini.

Bisognerebbe smettere di parlare della diversità di genere come di un problema e cominciare a considerarla ‘un fatto’. Non esistono ‘generi’ sul lavoro, esistono donne capaci e uomini capaci e questo deve essere il punto di partenza per chiudere il gap

A suo avviso, il settore del trasporto espresso può aiutare ad avvicinare le donne?  

Non ritengo vi siano settori più o meno femminili. Come ho provato a dire, e a praticare nel concreto della mia esperienza lavorativa, la differenza la fanno competenza, professionalità e predisposizioni individuali.

I principali ostacoli all’ingresso delle donne nella logistica sono spesso rappresentati anche dalla presenza di forti stereotipi che condizionano la cultura di molte aziende. Qual è quindi l’approccio di BRT rispetto alle politiche di Diversity & Inclusion?

L’impegno in tema di Diversity & Inclusion è una priorità all’interno del piano di trasformazione in atto. In BRT abbiamo tanta strada da fare, ma siamo partiti: nella nostra realtà abbiamo molte diversità da gestire, a partire da quella anagrafica. L’obiettivo è quello di mettere tutti nelle condizioni di poter dare il meglio di sé. Diversity & Inclusion sono, a mio avviso, sinonimo di arricchimento socio-culturale, di nuove opportunità per le persone e per l’organizzazione, di crescita collettiva.

C’è una figura alla quale si ispira e se sì, chi è e perché?

Sono diverse le persone a cui mi ispiro. Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare e confrontarmi con uomini e donne davvero speciali, cui devo tanto e che sono diventati miei punti di riferimento, sia in ambito professionale che personale.  

In BRT sta affrontando oggi una fase di «cambiamento trasformazionale». Quali aspetti coinvolge un cambiamento di questo tipo? 

Il percorso di transformational change in atto in BRT riguarda l’intera organizzazione perché è, nei fatti, un cambiamento della cultura organizzativa, del nostro modo di essere e di come stiamo sul mercato. Lavoriamo per diventare una realtà completamente sostenibile, inclusiva e attrattiva, con una forte attenzione all’etica d’impresa. Lo stiamo facendo valorizzando le persone, investendo in innovazione e ponendoci obiettivi di restituzione ai territori e alle comunità. Per quanto riguarda gli aspetti più «industriali», BRT sta evolvendo da fornitore di servizi di trasporto a provider di servizi avanzati per favorire la transizione digitale delle imprese e offrire un’esperienza ottimale ai consumatori. Investiamo per diventare l’organizzazione di riferimento per la gestione dell’intera ultima fase della shopping experience, che va dal carrello alla consegna. Il trasporto della merce è una parte, rilevante ma non unica, di tutta l’esperienza di consumo.

BRT sta evolvendo da fornitore di servizi di trasporto a provider di servizi avanzati per favorire la transizione digitale delle imprese e offrire un’esperienza ottimale ai consumatori

Nel 2023 BRT ha inaugurato anche la BRT Academy con la quale si intende «fare strada al futuro». Come dobbiamo immaginarci quindi questo futuro e come sarà la strada per raggiungerlo? 

Le persone sono il nostro asset più importante e la BRT Academy è il principale strumento di valorizzazione del capitale umano.  È un luogo fisico e virtuale dove i dipendenti possono accedere a contenuti formativi sia professionali che di benessere personale e quest’anno raggiungeremo le 100 mila ore di formazione erogata. Il futuro? Sarà come lo costruiamo noi, adesso. Con l’impegno sulla sostenibilità, ambientale e sociale, e con strumenti come la BRT Academy ci stiamo impegnando per creare condizioni migliori per tutti. Sarà una strada lunga e impegnativa, ma vale la pena percorrerla perché in quei traguardi c’è il senso profondo di quello che siamo e di quello che facciamo.

5.050: i camion GNL circolanti in Italia grazie a 168 stazioni di servizio dedicate

Cresce in Italia il consumo di Gas Naturale Liquefatto (GNL) e della sua versione rinnovabile (BIOGNL), anche a causa della ritrovata competitività di questo carburante alternativo per il differenziale di prezzo con il gasolio. Per quanto riguarda specificamente il trasporto pesante su strada, si è assistito nel 2024 ad un aumento significativo delle stazioni di servizio che lo erogano, ad oggi 168 contro le 159 di fine 2023. Il GNL viene impiegato al momento da 5.050 camion, altro dato in crescita (nel 2023 erano 4.824). Un quadro confortante, seppur ancora molto lontano dagli obiettivi che l’Italia si è data, recependo la direttiva comunitaria sullo sviluppo dei carburanti alternativi.

La domanda complessiva italiana di GNL per gli usi finali è stimata per quest’anno poco sotto le 200.000 tonnellate, in ripresa dopo il calo dovuto alla crisi, anche se i volumi sono decisamente inferiori ai potenziali del mercato.

Tutti questi risultati sono emersi durante la mostra-convegno Fueling Tomorrow, “andata in onda” a BolognaFiere, dedicata alle nuove tendenze nel campo della trasformazione dei carburanti tradizionali e dei nuovi vettori energetici alternativi e sostenibili. L’Italia segue in questo senso il processo di crescita globale della domanda di GNL, con l’obiettivo dichiarato di decarbonizzare i settori del trasporto terrestre pesante e  marittimo, oltre che per favorire quelle aree non servite da gasdotti, industrie e reti locali di distribuzione (come la Sardegna).

Negli usi del GNL in piccola scala, l’Italia si conferma in prima linea nello sviluppo di un sistema infrastrutturale solido e sostenuto per l’approvvigionamento primario. Si tratta di una rete che si sta per espandere con nuovi impianti, bettoline e sistemi di microliquefazione la cui realizzazione è sostenuta dalle risorse messe a disposizione dal Piano nazionale complementare al PNRR.

Grazie alle normative europee, come il Regolamento AFIR e il sistema ETS, il GNL – sempre più nella sua formulazione di bioGNL – si conferma un carburante alternativo di eccellenza per ridurre le emissioni nel trasporto pesante e continuerà a giocare un ruolo centrale nel mix energetico globale, con una prevista stabilizzazione dei prezzi. La sua crescente competitività, infatti, rispetto ai carburanti tradizionali lo rende una soluzione sempre più attrattiva per i settori industriali e dei trasporti.

«Il gas naturale liquefatto – ha ribadito Paolo Angelini, amministratore delegato di BolognaFiere Water&Energy, società organizzatrice dell’evento – va considerato un carburante chiave nella transizione energetica, poiché permette di ridurre le emissioni di CO2 rispetto ai combustibili fossili tradizionali come il carbone e il petrolio».

Ferrobonus, ecco il bando 2025: domande entro il 30 ottobre per accedere agli incentivi

Al via agli incentivi 2024-2025 per l’intermodalità ferroviaria. Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato il bando per il Ferrobonus con risorse disponibili per oltre 20 milioni di euro. Il periodo copre dal 21 ottobre 2024 al 20 ottobre 2025, mentre le domande vanno presentate entro il prossimo 30 ottobre. Il beneficio è a favore delle imprese che commissionano treni e gli operatori multimodali che hanno l’obbligo di trasferire il 50% del contributo ai loro clienti. 

“Il ferrobonus rappresenta un incentivo strategico per sostenere il trasporto merci su ferrovia – ha dichiarato il Viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi – contribuendo alla riduzione dell’impatto ambientale e al potenziamento della competitività delle imprese italiane. Questo programma rafforza il nostro impegno verso una logistica più sostenibile ed efficiente”.

Termini e condizioni

Stando al decreto direttoriale, pubblicato sul sito web del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e firmato dal direttore generale per i porti, la logistica e l’intermodalità, Donato Liguori, la disponibilità finanziaria è “attualmente allocata sul capitolo di bilancio 1246 dello Stato previsionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti “Contributi per servizi di trasporto ferroviario intermodale in connessione con nodi logistici e portuali-Ferrobonus” ed è pari a  20.476.500 euro “riferita all’annualità 2025 e al secondo periodo di incentivazione ferrobonus”. 

Inoltre, il decreto riporta in allegato il modello di rendicomentazione che dovrà essere utilizzato per accedere al contributo indicando a consuntivo del periodo di dodici mesi di riferimento (21 ottobre 2024 – 20 ottobre 2025), i treni*km effettuati e i  contratti stipulati con una o più imprese ferroviarie per servizi di trasporto intermodale o trasbordato con treni completi, 

31 gennaio 2025: i nuovi obblighi dei vettori per trasportare merci nel Regno Unito

Prima della Brexit era tutto facile. Poi, da quanto il Regno Unito è uscito dall’Europa portare merci in quel paese è diventato più complicato. Almeno sulla carta, perché poi di fatto Londra ha cercato in tutti i modi di posticipare e di facilitare ogni onere di natura burocratica e di limitare i relativi costi, temendo un contraccolpo sulla propria economia. Ecco spiegato il perché la «safety and security declaration», vale a dire quella dichiarazione di importazione da presentare alle autorità del Regno Unito prima che le merci arrivino in Inghilterra, Scozia e Galles o in Irlanda del Nord (sia dalla Gran Bretagna sia da paesi extra Ue), non entra più in vigore come era inizialmente previsto il 31 ottobre 2024, ma il 31 gennaio 2025. Perché in questo modo si vuole fare in modo che le aziende obbligate possano familiarizzare meglio con il sistema e adeguarsi di conseguenza. D’altra parte altre tipologie di controllo, come quelli sanitari e fitosanitari su animali vivi, su prodotti germinali e di origine animale, sui sottoprodotti di origine animale, su piante e prodotti vegetali sono stati pianificati in modo progressivo, nel senso che quello del 31 gennaio è il terzo step di un percorso che ha raggiunto il primo step al 31 gennaio 2024 e il secondo al 30 aprile 2024.

Di fatto è un documento con cui si forniscono una serie di informazioni relativa alla sicurezza delle merci stesse.

L’obbligo di presentazione della dichiarazione spetta al vettore, titolare del mezzo di trasporto al cui interno viaggiano le merci da importare nel Regno Unito, anche se può essere presentata da un suo rappresentante o da uno spedizioniere. 

In caso le merci siano state spedite via treno si considera vettore l’operatore del trasporto merci su rotaia autorizzato a trainare il treno attraverso il tunnel della Manica fino alla Gran Bretagna, mentre se la spedizione avviene per via aerea o marina l’obbligo viene riferito a chi ha stipulato ed emesso la polizza di carico o la lettera di vettura aerea per il trasporto delle merci in Gran Bretagna o Irlanda del Nord. 

Nel caso in cui, infine, le merci viaggino con modalità Ro-Ro, l’impresa di trasporto dovrà presentare la dichiarazione per le merci accompagnate, mentre l’operatore del traghetto dovrà provvedere per quelle non accompagnate.

In termini pratici, le ipotesi possibili sono diverse. Così, se per esempio un camion sale accompagnato su un traghetto e poi, una volta sbarcato nel Regno Unito prosegue per strada, allora l’onere di presentare la dichiarazione è riferito all’azienda di autotrasporto. Nel caso invece in cui si imbarchi soltanto un container o un semirimorchio – e quindi non accompagnato – a quel punto il vettore di fatto diventa la nave, anche se poi ovviamente le unità di carico a destinazione saranno affidate a un camion.

Abbiamo detto prima che la merce arrivi al confine. In caso di trasporti stradali Ro-Ro, così come nell’eventualità di un trasporto accompagnato, la dichiarazione va presentata almeno due ore prima dello sbarco del traghetto. È sufficiente invece un’ora prima nel paese laddove il trasporto sia effettuata utilizzando l’Eurotunnel.

Per la registrazione dell’azienda al servizio di sicurezza e protezione ci si può connettere direttamente qui 

Mentre per quella da effettuare presso il sistema di controllo delle importazioni in Irlanda del Nord si può passare da questo sito

11,6%: è la crescita registrata a settembre dai soli veicoli pesanti

Eppur rimbalza. Si udiva ancora nell’aria il lamento estivo prodotto dalla drastica flessione del mercato dei veicoli pesanti, ma già a settembre è arrivata un’aria più frizzante che spinge le immatricolazioni dei mezzi da trasporto a 1.710 unità, vale a dire il 6,5% in più rispetto ai 1.605 veicoli dello stesso mese del 2023. Lo stima il Centro Studi e Statistiche dell’Unrae, basandosi su dati ministeriali, specificando che il mezzo trainante in questo frangente è essenzialmente il veicolo pesante sopra le 16 ton, grazie a un balzo in avanti dell’11,6%, che in termini assoluti vale 1.535 immatricolazioni. Più in basso in termini di tonnellaggio si registra il tonfo dei medi tra le 6 e le 15,99 e il calo netto del 12,2% dei leggeri fino a 6 ton.

Ma la notizia buona è che, con questo rimbalzo, il dato complessivo delle immatricolazioni registrate nei primi nove mesi del 2024 diventano 22.501, il 2,2% in più rispetto al 2023.

Per il Presidente della Sezione Veicoli Industriali di Unrae Paolo A.Starace, però, questo dato non è sufficiente a fugare i cattivi pensieri. «La contrazione registrata nei mesi estivi – nota – ha eroso gran parte della crescita accumulata nel primo semestre e il recente segnale di ripresa appare fragile e temporaneo. Alla luce di queste tendenze, stimiamo che il calo proseguirà nei prossimi mesi e che il mercato si attesterà a fine anno su valori simili a quelli del 2023, con una chiusura prevista tra le 28.500 e le 29.000 unità».

Una mano potenziale al mercato potrebbe arrivare da quei 25 milioni di euro concessi dallo Stato per rinnovare il parco, anche tramite rottamazione. Ma Starace non ci crede: «Il provvedimento non sembra rispondere adeguatamente alle reali necessità del settore, con uno schema che dispone di risorse insufficienti. Di fatto, il contributo aggiuntivo sosterrà l’acquisto di meno di 200 veicoli e il meccanismo di prenotazione confermerà, verosimilmente, i limiti legati al sistema del click day»

Guardando più al contesto generale, Starace suggerisce di «considerare il calo della produzione industriale e le previsioni macroeconomiche poco favorevoli per il Paese» e proprio per questo auspica «che il Governo adotti misure più lungimiranti per il futuro», quali per esempio l’istituzione «al più presto di un Fondo straordinario dedicato al rinnovo del parco veicolare».

Infine, guardando a quanto sta accadendo a Bruxelles, il presidente Unrae ricorda che «i target di decarbonizzazione per le Case rimangono ad oggi invariati e l’orientamento della Commissione Europea sulla transizione ecologica non sembra destinato a subire cambiamenti significativi. Temiamo, pertanto, che il mancato raggiungimento degli obiettivi possa portare a sanzioni gravose per i Costruttori, che si troveranno a sostenere interamente i costi della transizione».

Digitalizzazione, in ritardo il bando da 175 milioni di euro per le aziende: mancano gli standard Ue

 Slitta ai primi mesi del 2025 il bando da 175 milioni di euro a sostegno degli investimenti delle aziende di autotrasporto in tecnologie, finanziato nell’ambito della dotazione da 250 milioni di euro stanziata dal PNRR a favore della digitalizzazione della logistica e gestito da RAM, la società in house del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ad annunciare il rinvio è stato Francesco Benevolo, Direttore generale di RAM, intervenuto nell’ambito di un webinar organizzato da ALIS sulle nuove applicazioni della eCMR. 

Il bando in ritardo

Il bando, annunciato precedentemente per questo autunno, sarebbe attualmente all’attenzione dell’Europa chiamata a dare il via libera sulla normativa degli aiuti di stato. “Ci sarà tempo fino a giugno 2026 – ha rassicurato Benevolo – per attuare gli investimenti ammessi dal bando” che cofinanzierà fino al 40% il costo delle iniziative messe in campo dalle aziende per digitalizzare i processi di interscambio lungo la filiera oppure per il collegamento con altre infrastrutture (vedi porti e interporti) o con la pubblica amministrazione. A ritardare la pubblicazione del bando soprattutto il nodo degli standard: RAM ha infatti deciso di procedere ad un allineamento delle tecnologie italiane importando gli standard derivanti dal regolamento europeo FTI, il cosiddetto Spid delle merci, entrato in vigore durante l’estate, ma per il quale si attendono ancora i decreti attuativi contenenti codici e standard universali, necessari per creare una reale rete universale e digitale per la logistica.

La lettera diventa un flusso di dati

In questo contesto si inserisce anche la digitalizzazione della lettera di vettura, la cosiddetta eCMR adottata dall’Italia a partire dal 26 settembre scorso in virtù dell’adesione a un protocollo che vede già 38 paesi allineati. “Uno strumento in grado di facilitare aspetti fiscali e giuridici – ha detto durante il webinar Abramo Vincenti, amministratore delegato di Accudire, una delle realtà più attive in progetti legati all’eCMR – La lettera diventa un flusso di dati con accesso immediato e sicuro”. Durante il webinar è stata presentata l’esperienza del gruppo Epta, una multinazionale italiana attiva nel food&beverage e nell’Horeca con sedi in molti paesi europei e extraUe, che ha avviato nel 2022 una riorganizzazione della logistica introducendo la digitalizzazione dei documenti. È stata anche presentata l’esperienza di Trans Italia, azienda di trasporto campana, che nel 2019 ha effettuato il primo carico internazionale con eCMR trasportando le merci via nave fino a Valencia. 

Aree di sosta, 12 milioni dall’Albo e 160 dall’Europa. Si apre l’era dell’up-grade

Almeno al livello Bronzo della classifica dell’European secure parking organization, con parcheggi a sé stanti dedicati ai mezzi pesanti, con un occhio al green e l’altro al digitale. È questo, in sintesi, il ritratto delle nuove aree di sosta sicure e protette finanziato con un bando da oltre 12 milioni dall’Albo nazionale degli autotrasportatori. Il documento, approvato dal Comitato centrale nei giorni scorsi, concede 60 giorni di tempo (quindi fino al 9 dicembre prossimo) per inoltrare le domande con progetti di realizzazione di nuove aree di sosta o upgrade di quelle già esistenti in determinate aree del Paese, ovvero lungo le linee Med e Core, in particolare nelle regioni del Sud Italia e lungo i corridoi TEN-T (si veda anche questo articolo per la dislocazione delle aree finanziabili). 

Il bando europeo

Intanto in Europa si è aperto il bando CEF-T che mette a disposizione 320 milioni per modernizzazione delle aree di sosta riservate al trasporto pesante lungo i corridoi TEN-T, di cui 160 milioni vanno ai Paesi storici dell’Unione. I finanziamenti disponibili, in conformità al Regolamento delegato (UE) 2022/1012 della Commissione, saranno erogabili fino al 50% a fondo perduto per le domande che arriveranno entro il 21 gennaio 2025.

Le risorse disponibili in Italia

Il bando dell’Albo, invece, mette a disposizione 12.149.000 euro erogabili a titolo di cofinanziamento, da ripartire sulle due linee di finanziamento in base all’ubicazione geografica dei progetti. Per la linea Med è destinato il 70% delle risorse, mentre il 30% è destinato per le aree di sosta nella linea Core. Il cofinanziamento erogabile per ogni singolo intervento di nuova realizzazione o di upgrade è del 30% del costo complessivo dell’intervento e nel limite massimo di un milione per ciascun progetto che in ogni caso non potrà superare la differenza tra i costi ammissibili e il risultato operativo dell’investimento.

Interventi finanziabili

Si va dalla realizzazione di nuove aree di sosta che dovranno essere almeno a livello Bronzo secondo la classifica ESPORG da attuarsi su aree attualmente libere, adibite ad altro uso o di aree di parcheggio già̀ esistenti, fino a interventi di upgrade di classe di parcheggi già esistente o aumento di almeno 30 stalli. Sono ammessi anche interventi secondari: il bando cita integrazione con sistemi ICT, efficientamento energetico e di autoproduzione di energia da fonti rinnovabili e realizzazione di infrastrutture di ricarica elettrica (colonnine elettriche).

Accise, niente aumenti per chi già percepisce i rimborsi. Ma l’autotrasporto non si fida

La polemica sulle accise non si placa. Non è bastata la rassicurazione del viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi che l’autotrasporto non sarebbe stato interessato dalla misura, né quella fornita dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha spiegato a chiare lettere che «l’allineamento delle accise non dovrebbe toccare il mondo dell’autotrasporto giacché gode di «una disciplina specifica». Il famigerato allineamento di cui parla Giorgetti «è un obbligo – sono sue parole – che deriva da impegni europei rispetto ai sussidi ambientalmente dannosi. Significa che probabilmente ci sarà una diminuzione delle accise sulla benzina e un aumento di quelle sul gasolio». Tradotto in numeri vuol dire che la forchetta tra il livello dell’accisa sul gasolio, pari a 0,617 centesimi al litro, e quello riferito alla benzina, di 0,728 centesimi, dovrebbe stringersi spingendo in alto il gasolio. Ma la misura non dovrebbe interessare – il condizionale è usato dallo stesso Giorgetti – l’autotrasporto, almeno quello che si muove tramite veicoli pesanti sopra le 7,5 tonnellate e di classe ambientale Euro 5 ed Euro 6. Detto altrimenti, quello che già percepisce i rimborsi delle accise di 21 centesimi al litro. Per gli altri, quindi, il rischio rimarrebbe.

il viceministro ai Trasporti Eodardo Rixi

Unatras in attesa della convocazione. E Uggè smentisce Giorgetti

Il presidente di Unatras Paolo Uggè

Una ricostruzione che non piace propriamente a Unatras, il raggruppamento unitario di molte delle associazioni di categoria di settore. In un comunicato si spiega infatti che, seppure «le parole rassicuranti del Governo sicuramente alleggeriscono le preoccupazioni della categoria sulla questione accise», rimane ferma comunque «la convocazione del proprio Comitato Esecutivo per il 17 ottobre, in attesa che il Ministero dei Trasporti convochi apposita riunione per chiarire nel dettaglio le misure della manovra, dare le risposte sugli impegni assunti nel cosiddetto tavolo delle regole, attuare interventi per dare stabilità e sostenibilità economica, anche in materia di investimenti per la transizione ecologica».

E il presidente Paolo Uggè rincara addirittura la dose perché per un verso non coglie dietro le dichiarazioni del ministro «un quadro chiaro di quelle che sono le scelte del governo», ma soprattutto smentisce quando sostenuto da Giorgietti sottolineando che «non è vero che tale decisione discenda da un obbligo imposto dall’Unione europea. La responsabilità ricade interamente sul governo italiano che aumenta le tasse su una categoria fondamentale per l’economia nazionale. Questo non è accettabile».

Assotir: «Un inaccettabile tentativo di spaccare la categoria»

Il segretario nazionale di Assotir Claudio Donati

L’alleggerimento prodotto dalle parole di Giorgetti e Rixi non viene percepito, invece, da Assotir, associazione che vede dietro le puntualizzazioni fornite una sorta di tentativo di «spaccare» il settore, avvantaggiando qualcuno a scapito di altri. Cosa che – ha fatto notare la presidente Anna Vita Manigrasso – «crea ulteriori tensioni tra gli operatori» e sembra adombrare l’ipotesi di riservare trattamenti diversificati all’interno della stessa categoria». Ipotesi, questa, definita «inaccettabile» dal segretario generale Claudio Donati, che fa i conti e ricorda c«he i veicoli esclusi dai rimborsi, e quindi potenzialmente esposti a subire l’allineamento, «rappresentano oltre la metà del parco veicolare nazionale». «È tutto il settore che soffre – ha specificato Donati – qui non ci sono né extraprofitti aziendali, né aree su cui raschiare il fondo del barile per fare cassa. C’è un settore imprenditoriale in fortissima sofferenza che non può accettare ulteriori balzelli». Da qui la richiesta al governo, anche da parte di Manigrasso, di una convocazione urgente.

Consumatori su due sponde

La prospettiva delle accise a due velocità, con autotrasportatori in parte graziati, divide il fronte dei consumatori. Perché mentre Codacons, appurato che chi trasporta è esentato ne trae la conseguenza «che gli unici ad essere interessati dalla misura rischiano di essere gli automobilisti, i quali dovranno fare i conti con rialzi dei prezzi dei listini alla pompa e aggravi di spesa per i rifornimenti», l’Unc parla al contrario di «un’ottima notizia» in quanto i paventati aumenti delle accise di cui sarebbero stati gravati gli autotrasportatori «sarebbero stati traslati sul prezzo finale dei prodotti trasportati, ossia sarebbero stati pagati dai consumatori, con effetti deleteri sull’inflazione».

Per la Corte dei Conti il gasolio non va in alcun modo agevolato

Una nota preoccupante per l’autotrasporto arriva invece dalla Corte dei Conti e dal presidente Guido Carlino. L’organo di controllo, infatti, chiamato a esprimere un proprio parere in argomento considera positivamente l’allineamento delle accise e, nella relazione dedicata, ribadisce che il gasolio comporta maggiori costi esterni rispetto alla benzina, in quanto produce maggiore inquinamento in termini di particolati, PM, ossidi di azoto e ozono. Di conseguenza, trattare in modo agevolato il gasolio non troverebbe alcuna giustificazione. Anzi, la stessa Corte aggiunge «anche altre agevolazioni per i carburanti non appaiono giustificate alla luce degli obiettivi di decarbonizzazione del trasporto»·

Pacchetto mobilità, ecco i nuovi scenari per l’autotrasporto europeo dopo la sentenza della CGUE

Una valutazione d’impatto sugli effetti della sentenza della Corte di Giustizia europea che ha annullato l’obbligo di rientro dei mezzi nel paese di origine ogni 8 settimane verrà avviata nelle prossime settimane dal Partito socialista europeo nell’ambito del Parlamento di Strasburgo. Non sono i soli a chiedere spiegazioni rispetto alle ricadute dell’unico punto che i giudici europei hanno bocciato nell’ambito del Pacchetto mobilità, che fa vacillare il precario equilibrio (anche politico) trovato con molta fatica per arginare l’invasione dall’Est di aziende di autotrasporto verso i Paesi occidentali dell’Unione. Sembrerebbe escluso, invece, un possibile ricorso da parte della Commissione Ue o del Consiglio europeo contro la sentenza della Corte che ha bocciato la misura perché ritenuta sproporzionata per l’obiettivo e che, anche durante l’approvazione del Pacchetto mobilità, era passata come frutto di un compromesso a favore dell’Ovest dell’Europa. Infine, la sentenza che ha effetto retroattivo annullerebbe anche tutte le multe comminate in questi anni, ma sicuramente non in Italia dove, non essendo stata recepita nel corpus normativo, non è stata ancora applicata durante i controlli. 

Cabotaggio salvo (per ora)

Il tratto di penna sull’unica misura non toccherebbe la regolamentazione del cabotaggio, ma aprirebbe alla possibilità di lasciare i mezzi in uno Stato terzo per erogare altri servizi, come per esempio i trasporti internazionali. Inoltre, la sentenza, che ha valore erga omnes, arriva a separare definitivamente il trattamento riservato agli autisti – che conservano l’obbligo di rientrare nel paese di residenza ogni tre o quattro settimane e di attendere 4 giorni tra un servizio di cabotaggio e l’altro – e ai mezzi, per i quali invece decade l’obbligo di rientro e, di conseguenza, scatta la possibilità di stabilimento in un altro stato rispetto a quello dove l’azienda ha la sede operativa. 

Chiarimenti urgenti

Anche l’UETR, l’associazione europea dell’autotrasporto, ha chiesto di “chiarire urgentemente in che modo la sentenza incide sugli obblighi a carico degli autotrasportatori per consentire loro di operare nel rispetto e in modo efficiente e pianificare il futuro”. Infatti – dice l’associazione presente a Bruxelles – l’eliminazione dell’obbligo di restituzione del veicolo potrebbe svelare l’equilibrio tra equità sociale, concorrenza e sicurezza stradale che il Pacchetto cerca di stabilire, essendo un insieme di norme il più possibile coerenti e interconnesse. Inoltre, la rimozione non affronterebbe le cause profonde delle inefficienze nella circolazione delle merci, come la pianificazione impropria o inefficiente dei percorsi, il sovraccarico o il mancato sfruttamento del trasporto multimodale. 

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