Il tempo è scaduto: la legge prevedeva il 12 giugno come data ultima affinché l’Osservatorio dei costi presso la Consulta quantificasse i costi minimi di sicurezza. E così da domenica 12 giugno sono le tabelle ministeriali (per la precisione le ultime sono quelle di aprile) a supplire a tale mancanza, diventando applicabili non soltanto ai contratti verbali – com’è stato fino a ieri – ma anche a quelli scritti. D’altra parte l’ultima settimana, malgrado ricca di incontri tra associazioni di committenti e di autotrasportatori, è servita a poco: di accordo non se n’è vista l’ombra; semmai, a forza di mediazioni, qualche piccola convergenza. Nel senso che il livello preteso inizialmente da parte della committenza – il famigerato 0,87 euro/km – è stato portato a circa 1 euro. Ma da parte degli autotrasportatori non c’era troppo interesse a chiudere su questa soglia: le tabelle ministeriali, quelle che appunto erano già pronte per regolamentare pure i contratti scritti, indicano un valore minimo di 1,24 euro/km.
Così, in termini di trattativa, c’è un nulla di fatto. In termini pratici però le cose cambiano. In che senso? Ma nel senso che se dal 12 giugno un vettore riceverà per un servizio di trasporto superiore ai 100 km (la soglia chilometrica limite su cui si applica la normativa) meno di quanto riportato nelle tabelle del ministero, potrà chiedere a un Tribunale di condannare il committente a pagare la differenza tra quanto emesso in fattura e quanto appunto previsto nelle tabelle ministeriali.
Insomma, esattamente quanto ha fatto il Tribunale di Trieste nel caso sottoposto alla sua attenzione nello scorso marzo.
Inutile dire che questa situazione ha fatto andare su tutte le furie i rappresentanti della committenza. Anche perché il 9 giugno si erano fatti convincere dal sottosegretario-mediatore, Bartolomeo Giachino, a firmare un documento in cui “manifestano la volontà di rispettare lo spirito della norma dei cosiddetti costi minimi di sicurezza”, ma non la loro quantificazione in base alle tabelle ministeriali, che di fatto – si diveva letteralmente – “avrebbe avuto effetti devastanti sull’intero sistema economico”. Insomma, la committenza per un verso tendeva a mettere da parte quell’equazione tra costi minimi e tariffe sottolineata da sempre, ma per un altro non ne voleva sapere di quell’1,24 euro/km che il ministero considera “costo minimo”. In più, a margine, i committenti parlavano pure della necessità di inserire un regime sanzionatorio per gli autotrasportatori che non applicano i costi minimi e di adeguare l’azione diretta in casi di subvezione.
Poi, però qualcosa non è andato come previsto. E quando alla riunione di venerdì i partecipanti scemavano clamorosamente, tanto da far venir meno il numero legale, Confindustria consegnava una nota alle agenzie in cui accusava lo stesso ministero dei Trasporti sia di aver “impedito che lo stesso Osservatorio potesse adempiere, entro il termine del 12 giugno, ai suoi obblighi di legge, facendo mancare la presenza dei rappresentanti dell’Amministrazione”, sia di “aver assecondato le richieste degli autotrasportatori, senza considerarne l’impatto sull’intero sistema economico”, rischiando così di determinare un innalzamento delle “tariffe mediamente superiore del 25%, con un incremento dei costi di trasporto stimabile in circa 11 miliardi di euro”.
Paolo Uggè, presidente nazionale di Fai Conftrasporto, giudica infondati questi calcoli: “i costi minimi per la sicurezza peseranno sulle tasche dei cittadini solo per qualche millesimo di euro per ogni chilogrammo di merce trasportata dai Tir nei punti vendita. Per il sistema produttivo invece i maggiori costi in realtà sono minori utili che in questi anni, soprattutto il mondo dell’intermediazione, ha ottenuto grazie a inaccettabili forme di sfruttamento che si sono scaricati in costi per la collettività derivanti dagli incidenti”.
Per tutte queste ragioni il presidente Fai ha giudicato positivo l’operato del governo, individuandone un neo soltanto nel “non aver agito da stimolo nei lunghi nove mesi entro i quali le parti, come la legge consente, avrebbero dovuto individuare i costi specifici dei singoli settori”.
E proprio in quest’ultima affermazione, forse, va letto lo sviluppo delle trattative. L’art. 83 bis, infatti, istitutivo dei costi minimi, consente di disapplicarli in presenza di accordi volontari di settore, sottoscritti da associazioni di committenti e da quelle di autotrasportatori. Ebbene, su questo terreno sembra esserci un piccolo spiraglio. Da parte della committenza, infatti, si dice in pratica: “cari trasportatori, siamo disponibili a firmare accordi di settore, ma prima vogliamo che l’Osservatorio definisca i costi minimi”. E anche Unatras, sulla questione, lascia aperta la porta, dicendosi disponibile a trattare per definire costi minimi diversi in relazione ai differenti settori. Insomma, non un costo unico per tutto il comparto, ma costi diversificati per ogni ambito merceologico di trasporto.
Che possa essere la strada giusta lo diranno soltanto le trattative. E nemmeno tanto lontane. Il prossimo tavolo, infatti, è previsto per martedì 13 giugno.