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Isotermici allo IAA: il lato freddo della fiera

La logistica a temperatura controllata, in particolare il trasporto refrigerato, si ritaglia molto spazio all’interno del salone IAA di Hannover. D’altra parte, mantenere catene del freddo efficienti è una priorità assoluta e risponde a normative severe. La digitalizzazione delle supply-chain e la logistica del fresco just-in-time stanno aumentando la necessità di veicoli refrigerati efficienti ed ecologici. Inoltre, il cambiamento climatico sta incrementando tali requisiti. 

Con l’IAA 2024 siamo arrivati allo stato dell’arte del settore del freddo, nel senso che oggi si trovano a listino tutte le novità tecnologiche concepite nei due anni precedenti: assali elettrificati, appendici aereodinamiche, trasmissione dati in tempo reale, manutenzione predittiva, pannelli solari sul tetto dei trailer, nuovi materiali isolanti alleggeriti. Tutti argomenti affrontati in fiera da un folto gruppo di allestitori capitanati dai tre tedeschi – Schmitz, Krone e Kögel – e seguiti dai costruttori francesi e spagnoli. L’Italia è rappresentata da un marchio da sempre presente in Germania e forte di una produzione di 150-160 mezzi all’anno. Parliamo della veneta Unitrans e il suo direttore generale, Cosimo D’Alconzo, sottolinea che il trasporto del cibo «registra in genere poche cadute, perché non sente molto la recessione o le crisi. E in Italia è un comparto che mantiene alti i numeri di immatricolato. In questi ultimi anni, per esempio, è cresciuto molto l’ultimo miglio». L’isotermia su gomma è una tipologia di trasporto in cui i maggiori costruttori da svariati anni si cimentano per strappare alte posizioni nelle vendite. «Come Unitrans – prosegue D’Alconzo – «esportiamo circa l’80% della produzione e proponiamo linee dedicate a varie tipologie di merci». Si spazia, cioè, dai fiori alla carne appesa, fino ai pallet di surgelati o alle casse di acqua minerale. Il mezzo esposto in fiera era un Frc Mega con 4 rulliere ad apertura pneumatica incassate nel pavimento, con un K da 0,34 W/m2-K, 100 mq di volume e 8.850 chili di tara. «Ha codici Pharma, XL e Tapa 1 – conclude D’Alconzo – come dire un campione olimpionico di triathlon».

Lo stand Unitrans

Il capitolo germanico ha in copertina l’S.KOe COOL di Schmitz omologato con un’unità di raffreddamento elettrica, sistema di batterie ad alta tensione e assale con generatore elettrico, a listino da un anno. Un mezzo per il settore della logistica urbana, poiché molte città introdurranno zone a zero emissioni nel 2025. I semirimorchi S.KO COOL possono essere dotati di equipaggiamento di sicurezza certificato con standard Tapa TSR1. Funzione che consente di controllare automaticamente il sistema di chiusura delle porte, aumentando la sicurezza dei processi e del trasporto, in combinazione con TrailerConnect, soluzione telematica in rete del Gruppo. «Per l’S.KOe COOL utilizziamo il nostro sistema modulare, che offre numerose opzioni di configurazione», ricorda il Ceo Andreas Schmitz: «Può essere equipaggiato con la nostra unità di raffreddamento elettrica, batteria ad alta tensione e assale elettrico, oppure con una soluzione “solo batteria”, nonché con il nuovo concetto economicamente efficiente di un’unità di raffreddamento alimentata a gasolio con azionamento elettrico ausiliario per un funzionamento a zero emissioni».

Lo stand di Schmitz Cargobull

Non è da meno Krone che, in collaborazione con ZF, presenta il Cool Liner dotato di assale elettrificato, che integra la trasmissione dell’asse elettrico AxTrax 2 di ZF a un sistema di immagazzinamento dell’energia (che include la gestione della batteria). Questa configurazione può recuperare l’energia in frenata e consente di montare sotto cassa una batteria più piccola per risparmiare peso, mentre l’energia recuperata può essere utilizzata per assistere la trazione e ridurre il carico sul motore dei camion. In particolare il consumo di carburante e le emissioni di CO2 di un trattore diesel si tagliano fino al 16%. Con la capacità di ricarica plug-in, il risparmio sale al 40%. L’eTrailer con sistema di rimorchio elettrificato ZF, adatto a veicoli a 2 o 3 assi, recupera fino al 60% dell’energia di frenata, così da ridurre l’usura dei freni e le emissioni di particolato. Inoltre, tale tecnologia supporta unità ausiliarie elettriche come i gruppi frigo. 

Markus Stegen, AD per la gestione dei prodotti e i nuovi mercati, ricorda che Krone crede «nell’importanza dell’elettrificazione come parte della trasformazione del settore dei trasporti e mira a posizionarsi con un portafoglio ben differenziato dedicato a questo settore». 

In coppia con Trailer Dynamics, Krone mostra pure l’eTrailer con Battery Swapping Technology, che permette il disaccoppiamento dell’intera unità batteria e la sua sostituzione con un’unità completamente carica. Visto in fiera anche il nuovo Smart Assistant, che funge da sistema operativo digitale per il rimorchio e consente di avere tutte le informazioni importanti in ogni momento. Stato del rimorchio e dati possono essere riportati digitalmente e in tempo reale scansionando un codice QR sul rimorchio. Senza installare app aggiuntive, gli autisti possono usare lo smartphone per registrare le condizioni del rimorchio, segnalare danni e consentire, se serve, una riparazione rapida che taglia i fermi macchina.

Lo stand di Krone

A chiudere la triade tedesca è Kögel, parte del Gruppo che fa capo a Ulrich Humbaur e forte di 11 siti produttivi in cui produce 17.000 trailer all’anno, per l’80 % esportati, con un giro di affari di 530 milioni e 1.400 dipendenti. Alla IAA ha esposto il nuovo pannello Liteshell, dotato di assale ePower della BPW, in grado di produrre energia durante il percorso del veicolo per offrire corrente al gruppo frigo Thermo King. Liteshell, riciclabile al 100%, fa risparmiare 700 kg di tara con una riduzione di peso di oltre il 9%. Merito dell’eliminazione dello strato esterno in acciaio a vantaggio di una serie di pannelli utilizzati per le pareti laterali e il tetto del veicolo e costituiti da schiuma rigida PU fresata e da uno strato superiore di tappetini in fibra di vetro con un guscio esterno in TPU (poliuretano termoplastico). «A differenza della costruzione tradizionale, non dispongono di un rivestimento in acciaio, poiché questo richiede molta energia per la sua produzione e non è molto efficiente come K», specifica Maximilian Franz, capo ufficio stampa del gruppo. Il nuovo rivestimento esterno è più elastico, resistente agli urti e, grazie alla superficie continua, è privo di rivetti e quindi meno soggetto a danni». Quelli minori possono essere riparati più facilmente e senza lavori di verniciatura, in modo da contribuire alla redditività del veicolo.

Altro vantaggio sono le barre trasversali in piastre di plastica rinforzata con fibra di vetro (piastre PRV) nel pavimento dei veicoli, che isolano meglio delle barre trasversali in legno. A causa della grande stabilità del PRV, lo spessore del materiale è ridotto e il volume di schiuma è aumentato di quasi il 20%. Il peso ridotto a vuoto porta un risparmio di carburante di 0,3 l/100 km e una riduzione delle emissioni di CO2, di 8 g/km, quasi l’1%. Con un carico utile maggiore e un utilizzo a pieno carico, si può risparmiare un viaggio ogni 32. Rispetto ai veicoli attuali, le emissioni di CO2 sono ridotte di 22.000 kg nel ciclo di vita. Per un chilometraggio di 150 mila km all’anno ciò rappresenta un risparmio di 1,2 t di CO2, corrispondente alle emissioni di un generatore diesel per circa 180 ore.

Lo stand di Kögel

Chiudiamo il capitolo tedesco con il Gruppo Kassobhorer (anche se la proprietà è turca e ingloba anche Talson) che presenta in fiera un isotermico in collaborazione con BPW e Thermo King. Un E-Reefer «con la più alta riduzione delle emissioni e risparmio di carburante sul mercato», sostiene Antonio Monterio, direttore marketing Centro e Sud Italia. «Il K.SRI E porta fino a 4.000 litri di risparmio di carburante aggiuntivo e fino al 50% di riduzione delle emissioni rispetto ad altri semirimorchi refrigerati elettrificati. I pannelli refrigerati sono realizzati con la tecnologia del pannello in poliuretano GfK e offrono un isolamento con un valore K di 0,31 W/m2K». Il pavimento, con capacità di 7,2 ton, è dotato di alluminio impermeabile e antiscivolo e di pedane integrate. Ha il telaio a collo di cigno con struttura monopezzo, che offre durata senza perdere altezza interna, una protezione in coda con gomme verticali e paraurti cilindrici in acciaio inossidabile zincato e una circolazione dell’aria interna migliorata con pareti divisiorie per il trasporto a più temperature.

Lo stand di Kassbohrer

Il primo allestitore francese del freddo, Lamberet, con il 10% del mercato europeo su tutti i segmenti, produce 7.000 carrozzerie all’anno in 4 fabbriche fra l’Esagono e la Germania (Kerstnen). «Quasi 3.100 per mezzi pesanti e 3.900 per commerciali», spiega Cyril Abegg, direttore generale del Gruppo. «Abbiamo un giro di affari di 238 milioni di euro e 1.200 dipendenti, di cui più di mille in Francia». In questa ottica, prosegue, «dobbiamo migliorare le condizioni di lavoro di clienti, utenti e collaboratori, ottimizzare la connettività e l’accesso ai dati per migliorare le prestazioni, ridurre al minimo il nostro impatto ambientale e la nostra responsabilità come attore principale nella catena del freddo a beneficio della salute di tutti». La novita IAA si chiama Lamberet Energy, offerta dedicata all’elettrificazione dei semirimorchi refrigerati. Il programma mira a ridurre l’impronta di carbonio delle operazioni di trasporto di alimenti deperibili o di prodotti sanitari, mantenendo le prestazioni operative e la sicurezza della catena del freddo. L’offerta comprende soluzioni tecnologiche avanzate per lo stoccaggio, la conversione e la gestione dell’energia elettrica.

Uno dei punti di forza di Lamberet è la schiuma: il dipartimento R&D del Gruppo ha collaborato con un fornitore per sviluppare nuove miscele e proporzioni di pentano nella schiuma isolante (senza HFO), ottenendo un miglioramento del coefficiente Lambda dell’11%. Per la carrozzeria (pareti laterali e tetto) corrisponde a un’evoluzione del coefficiente K globale di 0,021 W/m2K°. Così, il consumo energetico, i cicli di manutenzione associati e la potenza necessaria dei gruppi frigo sono ridotti, rafforzando la sicurezza della catena del freddo.

Lo stand di Lamberet

Chereau resta uno dei più importanti allestitori di isotermici di Francia e uno dei più attenti a «sviluppare mezzi più sostenibili che per permettono di economizzare le energie e di sostituire progressivamente quelle fossili», spiega Damien Destremau, Presidente e Direttore generale di Reefer Group e di Chereau, presentando il terzo bilancio solidale del Gruppo. «È dal 2016 che concentriamo i nostri sviluppi su veicoli più sostenibili, che consentano di risparmiare energia e di sostituire gradualmente i combustibili fossili con energie più virtuose, in questo caso l’elettricità immagazzinata in batterie o sotto forma di elettricità e idrogeno». Il Gruppo produce 3.700 mezzi all’anno con un giro d’affari di 256 milioni di euro. Utilizza un migliaio di collaboratori e ha il 45% del mercato francese e il 13% di quello europeo. In fiera ha portato un trailer realizzato nel 2018 come prototipo su strada con pannelli senza aria VIP (Vacuum panels) precursore della nuova gamma SmarTrailer. Smart per il design e le attrezzature, che consentono di risparmiare l’energia necessaria per il suo funzionamento. Smart per l’attenzione agli utenti, espressa tramite nuove funzionalità e attrezzature in grado di migliorare sicurezza e comfort d’uso. Smart per la centralina, che consente di beneficiare dei dati e di integrare il semirimorchio in flussi logistici interconnessi.

Nel campo dell’isotermia da quasi 90 anni, Lecapitaine, che fa capo al Gruppo Petit Forestier, produce 7.500 allestimenti all’anno, esportati in 15 paesi europei, con un giro di affari di 107,6 milioni di euro e 550 dipendenti. Ha presentato la carrozzeria Urban dedicata agli LCV. Progettata per adattarsi ai futuri telai a energie alternative, garantisce fino al 12% di risparmio energetico (rispetto alla carrozzeria tradizionale), grazie a una riduzione di peso di 300 kg, isolamento efficace con un valore K di 0,31 e aerodinamica ottimizzata. Offre un carico utile fino a 1.200 kg, telecamera di retromarcia HD, illuminazione automatizzata dell’area di lavoro a led, chiusura centralizzata anti-intrusione integrata e un sistema di tenuta della porta a prova di effrazione. Il mezzo contiene un totale di tre brevetti: i pannelli sandwich (isolamento potenziato, pannelli più resistenti realizzati con materiali riciclati), RigidLink (sottotelaio progettato per aumentare il carico utile) e SimpleLock (sistema di chiusura della porta).

SOR fa parte del gruppo Reefer, che ingloba anche Chereau dal 2016, sotto l’egida del fondo Miura, anche se di recente è finito all’interno di un nuovo fondo, francese questa volta, guidato da Amundi. Allo IAA arrivano con un giro di affari di 86,5 milioni di euro, 1.700 mezzi in produzione all’anno, l’81% del mercato domestico e una quota estera di quasi il 19%, in crescita del 19,5%. Presenta il mezzo GreenSOR Multitemp con SorConnect, primo semirimorchio refrigerato a più temperature progettato al 100% con energia verde. Il semirimorchio fa parte di un progetto stradale a energia pulita – e quindi include anche un trattore elettrico – sviluppato in due fasi. L’obiettivo in questa fase è quello di completare un percorso di 400 km senza combustibili fossili, ma solo con l’energia generata dai pannelli solari installati sul tetto e con il supporto della ricarica esterna. Questo prototipo è stato dotato di apparecchiature di raffreddamento multitemperatura TK A-500e Spectrum Whisper Pro 100% elettriche, il cui alimentatore combina batterie/pannelli solari sul tetto. In una seconda fase si passerà a più alimentazioni per le batterie con pannelli anche sulle pareti, per ridurre il tempo di ricarica e il numero di ricariche esterne. Inoltre, è dotato di SorConnect, che permette una trasmissione in tempo reale di molti dati e parametri legati alla cella isotermica e al trailer stesso. Come temperature, stato delle batterie, freni, pneumatici, carico sugli assali, errori del sistema.

Monta anche la nuova unità di refrigerazione TK A-500e Spectrum Whisper Pro. E infine è equipaggiato con il nuovo iTEBS di ZF, ruote in alluminio Alcoa e la tecnologia Airtab di Knorr-Bremse che aiutano aerodinamicamente a migliorare le prestazioni complessive e quindi il coefficiente VECTO.

Una citazione per Lecitrailer, in fiera con la sua consociata Egalecitrailer, specializzata nella costruzione di pannelli isolati, che in Navarra è in grado di produrre furgoni in kit per 2.500 m2 e pannelli per semirimorchi e furgoni per 4.400 m2.

Decreto flussi in Gazzetta: in arrivo una circolare per le modalità di assunzione

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 ottobre scorso (serie generale n. 239) il decreto che regola l’entrata di lavoratori extracomunitari per il 2025, approvato dal Consiglio dei ministri il 2 ottobre scorso. Il decreto 11 ottobre 2024 n. 145 “Disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali”, come abbiamo spiegato nel nostro articolo precedente, non rappresenterebbe una soluzione alla carenza di autisti in quanto il testo non elimina lo scoglio del possesso da parte dei lavoratori stranieri delle patenti superiori riconosciute in Italia e della CQC. 

Una circolare per modalità e settori interessati

Tuttavia, alcune novità potrebbero arrivare durante l’iter di conversione in legge in Parlamento, mentre occorrerà attendere una circolare congiunta dei ministero dell’Interno, del lavoro e delle politiche sociali, dell’agricoltura, sentito il Ministero degli affari esteri, per conoscere le modalità e i settori interessati alla precompilazione che si svolgerà dal 1° al 30 novembre online e che rappresenta l’elemento di novità di questo decreto a sostegno dello snellimento dei click day, così da ampliare i tempi per i controlli e consentire la regolarizzazione o l’esclusione delle domande non procedibili.

Quote e click day

Tra le novità del testo, l’interoperabilità tra il sistema informatico in uso e le banche dati dei Ministeri di Interno e Lavoro, di INPS, Camere di commercio, Agenzia delle entrate e Agid, al fine della verifica automatica di alcune tipologie di dati presenti nelle domande di nulla osta al lavoro. Inoltre, le assunzioni che per gli utenti privati saranno commisurate al giro d’affari, ai dipendenti e al settore d’attività, dovranno rispettare le quote già stabilite in passato, ma nel corso dell’anno si potranno svolgere ulteriori “click day” per settori specifici. 

La distribuzione a freddo: l’occasione fa il veicolo giusto

Quando si va in un negozio per acquistare un vestito, non lo si sceglie soltanto in base ai propri gusti personali, al marchio preferito, all’ispirazione del momento o allo stile. Lo si individua soprattutto in relazione al contesto, all’occasione in cui lo si dovrà indossare. Nella scelta di un camion avviene un po’ la stessa cosa.

Quando parliamo di trasporto in ATP la «versatilità» diventa il concetto chiave perché, soprattutto se si movimentano generi alimentari, il singolo viaggio si articola in tante fasi completamente diverse a cui spesso deve far fronte un unico autista. Cosa significa?

Chiariamolo con l’esempio più ovvio quando si parla di camion frigo, quello del trasporto di ortofrutta in groupage.

Le fasi sono diverse e una logistica organizza le varie operazioni suddividendole in: raccolta direttamente dai produttori; trasporto in sede per il groupage; partenza per la consegna alla GDO o ai mercati ortofrutticoli; ritiri di rientro

Naturalmente è un’eventualità rappresentativa soltanto di una parte dell’ampissimo mercato del freddo, ma è quella che più accarezza le varie tipologie di consegne e a cui faremo riferimento per individuare le caratteristiche da prendere in considerazione quando si sceglie un veicolo. Diciamo, una sorta di etichetta del trasporto in ATP.

La vivibilità: il metro del lungo viaggio

Esattamente come un vestito, il complesso veicolare va valutato in relazione all’occasione e, di conseguenza, se le destinazioni principali dei trasporti sono di lungo raggio e quindi contemplano tanti chilometri e poche consegne, la priorità diventa la vivibilità interna della cabina, necessaria per affrontare al meglio le notti in trasferta. La scelta naturale punta dritto alla cabina alta, in quanto maggiormente in grado di mettere a disposizione dell’autista un’ottima organizzazione interna e uno spazio sufficiente. 

Da questo punto di vista DAF XG e XG+ risultano tra le prime in classifica essenzialmente perché hanno sfruttato la deroga alla normativa europea per i limiti di sagoma a favore non solo dell’aerodinamica (come ha fatto Volvo con la gamma Aero), ma anche dell’autista.

Tra le cabine standard, invece, riscontro che Renault T High, MAN TGX e Mercedes Actros L presentano tutte un’organizzazione interna tale da non invadere lo spazio utile centrale e da far risultare la cabina più ampia e spaziosa. Un po’ più invadente, invece, è la forma della plancia dei Volvo, in quanto sacrifica parte dello spazio dedicata al passeggero. Per il resto, Iveco model year 24, Scania e Ford Trucks riescono a trovare, ognuno a suo modo, un giusto equilibrio.

Un consiglio utile è quello di non scegliere la seconda branda se non si viaggia mai in due, ma di optare piuttosto per gli armadietti (che sui Ford scendono a cappelliera, garantendo ancora più spazio nella zona notte), in quanto permettono di avere sempre la cabina in ordine ed evitano di lasciare in mostra oggetti che magari potrebbero suscitare l’interesse di qualche malintenzionato. Nell’offerta DAF non è una variante prevista, ma bisogna pure aggiungere che per la coppia XG e XG+ non è neanche necessaria. Sugli XF, invece, sarebbe gradita. 

Il discorso cambia se il viaggio è organizzato in multipresenza, perché in quel caso ritengo molto efficace la soluzione adottata da Renault e da Ford, quella cioè di rendere la branda completamente richiudibile a parete. Un trucchetto molto smart.

La cavalleria adeguata al peso

Tanti chilometri da percorrere impongono tanta attenzione ai consumi. Ragion per cui sarebbe opportuno, nella scelta della motorizzazione, orientarsi nella fascia di potenza prossima ai 500 CV, perché rappresenta un valido punto di equilibrio tra ottime prestazioni e coppia adeguata. Scendere troppo al di sotto non conviene, anche perché un allestimento frigo è comunque pesante e a volte possono esserlo anche le tipologie di merci da trasportare. E se con questo peso bisogna affrontare autostrade montane si rischia di fare fatica.

Il valore del silenzio

Altro fondamentale criterio selettivo è la silenziosità del motore, perché qualche decibel in meno in cabina si traduce a fine giornata in qualche carico inferiore sul sistema nervoso. Un peso da calcolare in modo direttamente proporzionale al numero dei chilometri che si percorrono. Secondo me i veicoli più in grado di esprimersi “sotto voce” sono Volvo e Scania, giocandosela di pochissimi decibel. E anche MAN è in grado di sussurrare. Ma a proposito di rumorosità interna è doveroso citare l’optional fornito da diverse case (non richiestissimo in Italia) relativo all’isolamento cabina aggiuntivo che, oltre a fungere da ammortizzatore acustico (vista la presenza del gruppo frigorifero alle spalle), protegge anche dalle basse temperature esterne. Un doppio taglia-fuori, sia sonoro che climatico.

Accessori e sicurezza

Nel parallelismo con l’abbigliamento gli Adas giocano la parte degli accessori: puoi pensare di farne a meno, ma se li indossi hai uno stile unico. Da luglio 2024, poi, tutti i veicoli di nuova immatricolazione (quindi non soltanto i camion) dovranno montarli di serie allo scopo di aumentare la sicurezza della circolazione. Nell’elenco compaiono i tanto discussi sensori per l’angolo cieco, il regolatore della velocità davanti a eventuali ostacoli, l’avviso di disattenzione, l’interfaccia per installare l’alcolock e a seguire – vale a dire nel 2026 e nel 2029 – arriveranno anche la scatola nera e le telecamere per la visione diretta.

Personalmente credo che impreziosire l’equipaggiamento tramite un Cruise Control Adattivo aiuta chi guida non soltanto a guadagnare sicurezza, ma anche a risparmiare energie, diventando un ospite gradito anche per gli altri utenti della strada. 

Infine, ci sono delle occasioni – un gala, per esempio – in cui il lungo è il dress code obbligatorio. Anche sulla strada, il lungo aiuta: se riferito al passo incrementa la stabilità di marcia ed è quindi confortevole, se investe il rapporto al ponte fornisce un sostegno a tenere più bassi i giri del motore e si dimostra quindi economico. Nulla vieta di abbinarli.

Il pratico pretende il vano

Cambiamo occasione e quindi adattiamo le scelte. Perché se ci si presenta in lungo in un party informale si diventa fuori luogo, allo stesso modo se si pretende di indossare un passo di 4 metri in un contesto distributivo segnato da spazi stretti o urbani. Qui, la regola è la praticità e quindi va sempre e comunque ricercata. Ragion per cui andrei a guardare a quei veicoli che forniscono un aiutino nelle manovre, sotto forma di sistemi sterzanti o idroguide a regolazione elettronica

Ma praticità non significa soltanto manovrabilità, ma anche opportunità di disporre di una moltitudine di vani in cui riporre tutti gli oggetti che circondano il lavoro. Se ne trovano tanti – tra ripiani e tavolini – sui DAF di ultima generazione, mentre sullo Scania c’è la tradizionale mensola con cassettino. L’Iveco S-Way e il MAN TGX disegnano una nuova organizzazione, mentre il Renault T fornisce un vezzo peculiare tramite un pratico porta documenti, così come Mercedes lo affida a un porta tablet. Volvo, invece, segue una direzione diversa, tracciata da un design super minimal caratterizzato da cassetti a scomparsa e da un intelligente inserto mobile che funge da vassoio/ripiano. Ford dal canto suo abbonda per praticità e per ampiezza rispetto ai cassettoni, mentre pretende di scompartare fin troppo il porta oggetti rischiando di renderlo caotico. 

Salire, scendere, risalire…

Sempre sotto alla categoria «praticità» includerei la facilità di accesso in cabina, visto che parliamo di una tipologia di lavoro in cui nell’arco di una giornata si può essere chiamati tante e tante volte a salire e a scendere dal camion. Ovvio, quindi, che il posizionamento del primo gradino non troppo distante da terra è fonte di apprezzamento, anche se un ruolo decisivo finisce per giocarlo anche la scelta dello pneumatico. È un terreno su cui tutte le case costruttrici svolgono correttamente i compiti, spesso anche sulle cabine alte. Ma se dovete affrontare tante consegne nell’arco di una giornata, tanto vale indirizzarsi su cabine medie, che avranno il difetto di sacrificare un po’ di spazio sull’altare del tunnel motore, ma mostrano maggior rispetto per le vostre gambe. E a fine serata gliene sarete grati. 

L’offerta è varia e presente su tutti i marchi, anche se quelli che forniscono una doppia alternativa (per esempio DAF, rispetto all’XF e all’XD) rende più facile l’operazione di trovare la macchina giusta. Inoltre, laddove è disponibile (per esempio sullo Scania) trovo molto comoda la possibilità di disporre dell’abbassamento automatico delle sospensioni pneumatiche.

Medio raggio, corto raggio

Tutti questi discorsi vanno ritarati se l’attività di distribuzione a medio raggio contempla comunque delle notti fuori. È un’ipotesi che tutti i costruttori aiutano ad affrontare, inserendo una versione «sleep» nell’offerta delle cabine dei veicoli dimensionalmente più contenuti. Iveco S-Way con cabina AT, Volvo FM, Daf XD, Man TGM, Mercedes F, Scania G, Ford F-Line, Renault D Wide, Sleeper Cab, sono tutte soluzione che consentono all’autista di svolgere serenamente la propria attività e anche di riposare durante le soste o le attese o di dormire fuori per qualche emergenza. A quel punto si rende necessario anche equipaggiare il veicolo con Webasto e climatizzatore da fermo: semmai non fossero presenti di serie, devono comunque far parte della dotazione standard. 

Ma la variabile «letto» non è l’unica da prendere in considerazione. Perché ci sono casi in cui oltre all’abito, serve anche un diverso portamento. Può accadere cioè che anche in missioni di medio o corto raggio, soprattutto in un tragitto misto, diventi opportuno disporre di un veicolo più dinamico e scattante. A quel punto, anche senza discostarsi troppo dalle potenze già suggerite, il consiglio è di verificare chi tra i costruttori è in grado di offrire più mappature di cambio in funzione dell’utilizzo e un rapporto al ponte più corto. Renderà inevitabilmente il motore più allegro di giri, ma vi consentirà di essere più veloci quando si viaggia nel traffico. 

Vedere è potere

Un camion che si muove in spazi ristretti o in città deve mettere l’autista in condizione di vedere bene, sempre e comunque. Oggi gli Adas forniscono una grande mano in tal senso, ma a tal proposito ritengo sia sempre meglio abbondare che contenere. E allora ben venga la telecamera grandangolare, montata sull’angolo della cabina lato passeggero, perché offre una visione molto ampia dell’area intorno alla cabina. Ben vengano le videocamere al posto degli specchi, perché comunque aiutano a tenere sotto controllo un angolo visivo decisamente allargato. Ma ben vengano pure, quando disponibili, gli oblò vetrati sulle porte, perché consentono di accrescere la visione diretta.

Quando conviene il compromesso

L’autotrasporto – ahimè – non è un settore così netto e definito. Anzi, molto spesso è fatto di mezze tinte, di situazioni in cui le missioni da affrontare sono tante e non ce n’è una predominante sulle altre. Pensate a un brunch domenicale organizzato troppo tardi per passare come colazione e troppo presto per considerarlo un pranzo. A quel punto come ci si veste per essere «informalmente chic»?

«Compromesso» in questi casi è l’approccio corretto. Che tradotto in termini veicolari, equivale a optare per una cabina medio/alta in versione sleeper cab, con Webasto, climatizzatore da fermo frigorifero cabina, un motore tra i 450 e i 500 CV, un pacchetto Adas completo, le sospensioni full pneumatiche, il rapporto al ponte lungo ma con la possibilità di mappare la centralina del cambio in modo da ottenere migliori performance e prestazioni più pronte alla bisogna. Li ritengo cioè tutti elementi per comporre una solida base di partenza in grado di offrire soddisfacente qualità del lavoro e adeguata sicurezza per tutti, una dose di comfort sufficiente per l’autista e un motore capace di contenere al massimo i consumi. E con un abito così, a prescindere dalla marca, non si fa mai una brutta figura. 

Agroalimentare: più flessibile e green la logistica post pandemia

Più green e più grandi le flotte per il trasporto a temperatura controllata, con veicoli generalmente usati per la distribuzione di cibo in regime ATP. In tre anni, dal 2021 al 2023, i mezzi pesanti Euro 6 sono aumentati dell’84,8%: un segnale positivo, frutto dell’impegno delle aziende, ma oltre il 44% del parco mezzi attualmente in circolazione rimane pre-Euro 5. In crescita anche la dimensione delle aziende: le flotte da 20 a 50 veicoli nello stesso periodo sono cresciute del 199%.

L’indicazione emerge dall’elaborazione condotta da Uomini e Trasporti, la testata giornalistica del Gruppo Federtrasporti, che ha comparato gli ultimi dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (estratti il 17 settembre 2024) con quelli raccolti da OITAF, l’Osservatorio per il trasporto alimentare e del farmaco, nel Libro bianco sul trasporto refrigerato pubblicato nel 2022. 

Il nuovo numero monografico di Uomini e Trasporti in uscita oggi è dedicato al trasporto a temperatura controllata e propone un’analisi approfondita delle dinamiche alla base della rapida trasformazione della logistica agroalimentare. 

La pandemia ha cambiato le abitudini degli italiani a tavola: più prodotti freschi e soprattutto più cibo fino alla porta di casa, acquistato online. Le impennate dell’inflazione hanno fatto il resto alterando i ritmi della domanda, con picchi di richiesta e periodi di magra difficilmente prevedibili. Così il trasporto delle merci e la logistica hanno dovuto adeguarsi alla trasformazione, complice anche l’ingresso nel settore di grandi e grandissimi players come Amazon Fresh, BRT o Cortilia. 

Una combinazione di fattori che ha aumentato la competizione nel settore, chiedendo alle aziende maggiore massa critica, ma anche più cura per la sostenibilità e il servizio. Questo è evidente nel processo di rinnovamento delle flotte: secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, attualmente i mezzi più green (Euro 5 e 6) costituiscono più della metà dell’intero parco circolante in regime ATP (72.612 mezzi), mentre i pre-Euro 5 sono diminuiti nello stesso periodo dell’11,9% e oggi, pur rappresentando comunque ancora il 44% del parco circolante, sono in tutto 58.949 veicoli. In questi tre anni è cresciuto dell’11,7% anche l’intero parco di mezzi pesanti a temperatura controllata in circolazione (da 118.318 a 132.155), a riprova di una domanda di trasporto e distribuzione delle merci deperibili in rialzo e comunque in trasformazione.

Infine, anche spinte dal gigantismo dei grandi player arrivati sul mercato, le aziende di autotrasporto che operano nel refrigerato hanno investito sulle proprie flotte: in particolare, sono esplose le medie realtà con un parco da 20 a 50 veicoli (+ 199%), anche quelle da 11 a 20 veicoli sono aumentate del 134%. Buone le performance delle flotte extra large, ovvero con più di 100 mezzi, che in tre anni sono aumentate di 5 unità: oggi sono 33, ma per dimensioni rappresentano una buona fetta di questa realtà.

Leggi l’editoriale: Grande è bello se pulito

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Prega, guida, consegna

Amo sbirciare nelle librerie, soprattutto quando sono in una stazione ferroviaria costretta ad aspettare. Rigorosamente dopo il caffè, mi infilo tra gli scaffali e provo a scegliere qualche volume. Non ci riesco mai: titoli e categorie sono talmente tanti che ne esco nauseata e confusa. Narrativa, giallo, fantasy, per non parlare delle categorie miste: narrativa educativa, fantasy storico, ecc.

L’ultima volta, alla Feltrinelli di Milano Centrale (tre piani di libreria, non proprio una botteguccia di quartiere), sfinita dal tortuoso percorso e dai miliardi di titoli, in preda a un attacco di panico, ho pensato: »Esiste una tipologia di autista che sia in grado di raggruppare gran parte delle categorie? Esiste un lavoro che ci faccia sentire così stremati a fine giornata?»

IL ROMANZO DI RIFERIMENTO

Beh, forse un po’ tutti i lavori sfiancano, ma l’autista di frigo è tutto un altro romanzo. Assomiglia di più alla versione disperata di «Mangia, prega, ama» di Elizabeth Gilbert (ne è stato tratto anche un film omonimo di Ryan Murphy), dove i tre step che il protagonista deve attraversare diventano «Prega, guida, consegna». Perché per amare e mangiare non c’è tempo. Chi vive nel ciclo narrativo del trasporto in ATP, si ritrova in uno spazio-tempo che nulla ha a che vedere con il normale scorrere delle giornate. I mercati ortofrutticoli si fanno di notte, le consegne alla GDO di pomeriggio, le prese dagli agricoltori in tarda mattinata, i surgelati di mattina prestissimo.

Certo, nell’ottica della normativa 561 oggi non si fa più tutto insieme: gli autisti si dividono il carico e gestiscono le giornate. Ma nell’arco settimanale ti puoi trovare ad aver lavorato un giorno al mattina presto, due giorni ai mercati di notte, tre giorni presso la GDO. Così. il fine settimana bisogna attivare il «Trova il mio dispositivo» per riuscire a rintracciare se stessi nella propria casa. Ecco perché il trasporto in ATP è un po’ come un viaggio introspettivo alla ricerca di un equilibrio messo a dura prova in maniera costante.

CAPITOLO UNO: PREGA

È il momento della presa in consegna e la preghiera è l’unico strumento per non cadere da subito nello sconforto totale. Ogni volta per un autista è fondamentale capire da chi andremo, che orari ci avranno comunicato (che non verranno rispettati) e quante prese e consegne dovremmo affrontare. A tutto ciò si aggiunge il dover ricordare quale tipologia di merce si dovrà prendere in carico e a quale temperatura trasportarla.

Peggiora la situazione se il carico è misto per le consegne ai supermercati, perché a quel punto bisogna regolarsi con la paratia per gestire più temperature contemporaneamente oppure se durante il viaggio si passa dal trasporto -0 a quello +0. Dimenticarsi il frigo a temperatura negativa e ghiacciare un bilico di frutta è un attimo. E il sorbetto è buono soltanto quando è richiesto.

CAPITOLO DUE: GUIDA

In gergo c’è un modo per definire quei camion che viaggiano sempre in corsia di sorpasso. Si usa dire: «Passo frigo». Una volta, quando tutto era concesso, il passo frigo corrispondeva a chi correva molto vicino al limitatore delle corriere, piuttosto che quello dei camion. Oggi, invece, il passo frigo rimane più un’attitudine del piede dell’autista che una valore indicante la velocità del camion. D’altra parte, guidare con merce frigorifera significa partire già in ritardo e cercare di arrivare in anticipo. Spesso infatti, non si prende in carico la merce dalla logistica e la si porta tranquillamente al mercato, ma ci si fa carico delle prese direttamente dagli agricoltori o dalle aziende che spediscono.

Ciò implica il dover aspettare la merce che non è pronta, il guasto del macchinario in raccolta o in lavorazione, l’ordine del committente arrivato in ritardo. Il tutto, moltiplicato per un numero tale di volte equivalente alle consegne affidate, crea un notevole ritardo sulla tabella di marcia. Per questo, pur consapevoli che guidiamo dei camion e non delle macchine del tempo, si prova disperatamente a non perdere altro tempo. Serve una guida veloce, senza troppe soste, quindi costante. Il traffico è il nemico, per questo si viaggia di notte e la pausa cibo (non avendo orari stabiliti è inutile definirla «pranzo » o «cena») è possibile solo se fatta in ribalta mentre si aspetta. «Guidare», dunque, è l’unica cosa che ti è concesso fare fino all’arrivo in consegna.

CAPITOLO 3: CONSEGNA

Arriva il fatidico momento della consegna dove, in modo molto simile a tutti gli altri settori, si inizia subito con «ti chiamiamo noi», cosa che conferma la teoria della relatività del tempo e ti fa chiedere che senso ha tutta quella premura nel coordinare le fasi precedenti, se poi non si riesce mai a scaricare subito. La risposta, noi autisti, abbiamo imparato a non aspettarla. Cinque minuti valgono come sei ore e il «dopo» apre una nuova finestra spazio-temporale molto simile a un buco nero.

Quando ti va bene scarichi in ribalta con il magazziniere e in quel frangente puoi permetterti di recuperare quel boccone di vita che hai lasciato indietro: la chiamata a casa, la pausa ristoro, il caffè con il collega, una serie tv che avevi promesso di guardare con il tuo partner. Se ti va male, invece, a scaricare sei tu. Multitasking prima, Multicentrum dopo.

ATP: A TEMPI PESSIMI

Una vita A Tempi Pessimi: si potrebbero riassumere così le giornate del frigorista, anche se riserva comunque una bellezza nascosta. Chi guida in ATP, infatti, ha il privilegio di scoprire quale processo subiscono le merci della propria quotidianità, di andare oltre al gesto di prelievo dello scaffale e di capire il valore effettivo di ciò che si acquista. Ha la fortuna di entrare in contatto con identità variegate, con storie molto diverse tra loro e anche tanto distanti dalla propria realtà. È utile a chi vede in un prodotto il sostentamento per l’intera famiglia e ti mostra la sua gratitudine nel momento in cui tu te ne prenderai cura. Concede la possibilità di viaggiare in orari in cui nessuno si accorge della tua presenza, mentre partecipi a un rito di utilità collettiva. Sviluppa competenze che altri settori ti permettono di avere in tempi molto più dilatati.

Manovre strette in posti impervi, caricare e scaricare in prima persona un camion di merce, gestire le consegne in base ai tempi dei clienti, sono operazioni che con questo tipo di trasporto si imparano in pochissimi mesi e che poi torneranno davvero utili quando si farà altro. Se il libro «Mangia, Prega, Ama» insegna ad affrontare la vita con equilibrio, a godere delle piccole cose e ad amare la vita con le difficoltà che ti pone davanti, il trasporto in ATP svolge esattamente la stessa funzione. Stanca, ma appaga.

Questo articolo fa parte del numero monografico di ottobre/novembre 2024 di Uomini e Trasporti: uno speciale di 68 pagine interamente dedicato al trasporto a temperatura controllata.

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Maurizio Bortolan (BRT): «Puntiamo su pallet, fresh e lockers. I partner coinvolti al 100% nell’innovazione»

Accelerare sulla consegna rapida di pallet, aggredire il mercato del fresh con la distribuzione a domicilio, ampliare la rete dei lockers su tutto il territorio nazionale, riorganizzando l’operatività degli oltre 11.000 mezzi impiegati per la distribuzione urbana, a cui si aggiungono le flotte per il trasporto pesante. Tutto questo passando per un’ottimizzazione della pianificazione, con un occhio ai costi e l’altro alla sostenibilità, mirando all’innovazione dei processi e delle tecnologie. “La trasformazione deve toccare l’intera filiera: i nostri partner saranno coinvolti al 100%” spiega nella sua prima uscita pubblica, Maurizio Bortolan, appena nominato Chief Strategy e Transformation Officier di BRT. Manager di lungo corso nella logistica dove ha ricoperto diversi ruoli in grandi realtà come TNT Logistics, Number 1 fino a Maersk, voluto a capo della strategia, marketing e comunicazione e customer care del Gruppo dalla Ceo, Stefania Pezzetti, arrivata al timone della controllata di GeoPost da circa un anno con il mandato di spingere sul piano di ristrutturazione imposto all’azienda dalla nota vicenda giudiziaria e impegnata in un processo di riorganizzazione del parco dei fornitori. 

«Noi abbiamo già un servizio che si chiama Fresh, ma copre solo una parte dell’Italia. Nei prossimi tre anni vogliamo fare in modo che la copertura sia totale e che il nostro servizio sia il migliore sul mercato»

Si tratta di un grande processo trasformativo che arriva al DNA dell’azienda. Evidentemente quello che è successo negli ultimi anni in BRT, ma in generale nel settore, deve portare a una riflessione complessiva. La mia responsabilità è quella di considerare l’ambito competitivo e disegnare la strategia trasformativa che renderà unica questa realtà da circa 2 miliardi di fatturato nei prossimi 3-5 anni. Abbiamo definito tre macro pillars che chiamiamo asset strategici. Il primo è il consolidamento del core business, il secondo quello di far crescere alcune aree di sviluppo dove BRT non è ancora leader di mercato e terzo è come avere una leadership di costo, ovvero come ottimizzare la macchina operativa affinché possa essere più efficiente. Per intenderci, non vogliamo proporre il servizio più economico sul mercato, ma il servizio migliore in termini di qualità. Solo per dare alcuni numeri: lavoriamo su 15 programmi, con 150 attività e 500 progetti.

Stiamo completando il conto economico in questi giorni, quindi preferisco non anticiparli. 

Un’altra area di sviluppo è nell’ambito del fresh, ovvero le consegne espresse a temperatura controllata. Abbiamo visto in questi anni consolidarsi l’e-commerce dei prodotti generalisti, ora pensiamo che la domanda di prodotti freschi acquistati online sarà in crescita e quindi anche la richiesta di distribuzione. Noi abbiamo già un servizio che si chiama Fresh, ma copre solo una parte dell’Italia (nei giorni scorsi è stato attivato a Bari, dopo Milano, Torino, Padova, Bergamo, Bologna, Modena e Roma). Nei prossimi tre anni vogliamo fare in modo che la copertura sia totale e che il nostro servizio sia il migliore sul mercato: possiamo contare su circa 200 filiali sul territorio, ovvero una media di 2 a provincia, consegniamo circa 240milioni di pacchi all’anno il che vuol dire che in media ogni cittadino italiano riceve 4 pacchi l’anno da BRT. Ecco vogliamo dare un servizio analogo anche per il fresh. Sempre in relazione all’e-commerce, riteniamo molto interessante quello che noi chiamiamo “out of home”, ovvero l’abitudine che si sta diffondendo di non ricevere i pacchi solo a casa, ma in punti di ritiro. Si tratta di un servizio più in linea con le esigenze del consumatore. Oggi la nostra rete può contare su 9.000 punti di ritiro, così capillare anche grazie all’acquisizione di Fermopoint, e 150 lockers dislocati in diversi punti delle città. Ecco il nostro piano è di crescere anche sui lockers fino a una rete di circa 2.000 punti nei prossimi mesi.

L’ottimizzazione dei sistemi sarà a beneficio di tutti ma è un lavoro che faremo insieme a tutti i partner con l’obiettivo di lavorare meglio e dare un servizio migliore

Questo articolo fa parte del numero monografico di ottobre/novembre 2024 di Uomini e Trasporti: uno speciale di 68 pagine interamente dedicato al trasporto a temperatura controllata.

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Fluidificare i processi e tagliare le attese: le soluzioni della GDO

Finestre di carico e scarico più ampie per consegne più puntuali e intelligenza artificiale per riordinare in real time lo slot booking per fluidificare le operazioni nei Ce.Di. La grande distribuzione si organizza per individuare nuove procedure e tecnologie capaci di migliorare l’accesso dei trasportatori nei magazzini e, soprattutto, di abbattere i tempi di attesa. Anche perché, in caso di beni deperibili e a temperatura controllata, l’impatto tocca anche la qualità dei prodotti. Lo fa attraverso GS1 Italy, parte di un network internazionale che vede riunite circa 40mila aziende sotto il segno della tracciabilità e che ha in seno ECR, gruppo di circa 50 aziende della GDO e del largo consumo, impegnate nella revisione di processi e dinamiche collaborative. In tale ambito la logistica è sotto i riflettori. «Dal 2018 circa – spiega Giuseppe Luscia, ECR senior project manager di GS1 Italy – le aziende hanno cominciato a rendersi conto che la disponibilità del trasporto non è infinita, che la “risorsa autista” va ottimizzata, e quindi stiamo lavorando per dare particolare efficienza al processo di consegna con progetti che impegnano la triade del sistema, ovvero produzione, distribuzione e operatori della logistica e del trasporto». Con due leve: cambiare le procedure e avvalersi di tecnologia più adatta.

«Abbiamo registrato più di un mal di pancia con lo slot booking perché è un processo statico: si prende un appuntamento che le mille incertezze del sistema rendono difficile da rispettare. Così gli appuntamenti saltano e le file aumentano. Stiamo studiando un’evoluzione e le tecnologie ora lo consentono»

È in fase di lancio, infatti, un gruppo di lavoro finalizzato a individuare tecnologie e processi per lo slot booking 2.0, sistema di prenotazione dei tempi di scarico che, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, possa rimodulare gli appuntamenti in base alle condizioni del traffico, alle esigenze del Ce.Di. ai tempi di guida e riposo dell’autista. Insomma, che analizzi la situazione nella sua completezza e dia un aiuto concreto a dimezzare i tempi di attesa. «Abbiamo registrato più di un mal di pancia con lo slot booking – spiega Luscia – perché è un processo statico: si prende un appuntamento che però le mille incertezze del sistema rendono difficile da rispettare. Così gli appuntamenti saltano e le file aumentano. Con il gruppo di lavoro vogliamo concepire un’evoluzione e le tecnologie ora lo consentono». C’è invece da lavorare sulla cultura imprenditoriale. «Uno dei punti – ribadisce Luscia – su cui porre attenzione è l’attitudine alla condivisione dei dati da parte delle aziende, ancora restie a comunicare la localizzazione della flotta e altre informazioni utili».

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Umberto Torello: «Siamo destinati a crescere. È il mercato che lo chiede»

«Siamo destinati a crescere. Ce lo chiede il mercato». In questa frase c’è la sintesi degli ultimi anni per il Gruppo Torello, uno dei big del trasporto refrigerato in Italia arrivato a gestire una flotta di più di 2.000 camion (4.000 veicoli immatricolati considerando anche il parco trainato), un fatturato consolidato di oltre 300 milioni e 2.700 addetti a cui si sommano le partecipazioni in DIF (Distribuzione italiana food), un esempio di logistica collaborativa negli hub di Piacenza, Bologna e Caserta per la gestione del food, dalla raccolta alla  distribuzione regionale. Umberto Torello, al timone del Gruppo con i fratelli Concetta e Antonio, ma anche presidente di Transfrigoroute, l’unione europea del trasporto refrigerato, non ha dubbi: «Con la flessione dei consumi, la domanda è cambiata, ora andiamo con alti e bassi, i picchi si susseguono durante l’anno e non seguono la stagionalità. Ecco perché servono dimensioni e struttura».

«Abbiamo dovuto cambiare totalmente strategia per avere più massa critica a disposizione e rispondere prontamente alle oscillazioni della domanda che arriva da multinazionali e clienti e presuppone fornitori sempre più strutturati. Inoltre, serve tanta tecnologia»

Con la pandemia i consumi sono mutati, c’è più richiesta del fresco e freschissimo, ma anche più variabilità dovuta all’andamento dei prezzi. Mentre qualche anno fa la logistica dei diversi prodotti alimentari aveva un andamento più lineare che consentiva maggiore programmazione, ora stiamo assistendo a flessioni continue, seguite da picchi, che si susseguono durante tutto l’anno, difficilmente prevedibili. Il nostro gruppo, che assicura la distribuzione dal produttore al consumatore, passando per la trasformazione, deve tenere presente queste oscillazioni.

Abbiamo dovuto cambiare totalmente la nostra strategia per avere più massa critica a disposizione e rispondere prontamente alle oscillazioni della domanda che arriva da multinazionali e clienti e presuppone fornitori sempre più strutturati. Inoltre, serve tanta tecnologia: interconnessione tra clienti e provider logistici, veicoli performanti e sempre in ottimo stato, sistemi di tracciabilità Gps e anche delle temperature. Il mercato chiede fornitori con la forza adeguata per rispondere all’instabilità; ecco perché noi siamo destinati a crescere. Dobbiamo farlo per rimanere sul mercato.

Non possiamo considerarli veri e propri concorrenti in quanto non gestiscono direttamente i camion. Noi abbiamo circa 2.000 camion con cui distribuiamo merce in tutta Europa, abbiamo hub in cui effettuiamo controlli qualità sui prodotti e componiamo le unità di carico in distribuzione, magazzini per lo stoccaggio da cui partono i mezzi più piccoli per l’ultimo miglio, sempre gestito da noi. Questo chiedono le multinazionali: affidare completamente la logistica all’esterno a un operatore capace di fornire il servizio chiavi in mano. 

Indubbiamente la soffriamo, ma essendo un male sistemico lo affrontiamo in azienda in modo altrettanto sistemico. Ricerca 365 giorni anno, formazione continua sia teorica che pratica, formazione per l’ecodrive e tanta assistenza quotidiana. Prima di mettere un neoassunto da solo sul camion, procediamo con l’affiancamento di almeno sei mesi da parte di un autista più anziano. Il governo dovrebbe prevedere fondi ad hoc per questa formazione molto utile, ma anche molto costosa per l’azienda. Un neoassunto ci costa il doppio nei primi sei mesi di lavoro, il che vuol dire che i costi operativi si alzano del 20-30 per cento. Riconosco però che questo affiancamento è utile per elevare la qualità del servizio, ma anche per la sicurezza del trasporto.

«Mentre qualche anno fa la logistica dei diversi prodotti alimentari aveva un andamento più lineare che consentiva maggiore programmazione, ora stiamo assistendo a flessioni continue, seguite da picchi, che si susseguono durante tutto l’anno, difficilmente prevedibili»

DIF è una realtà che fa pare del Gruppo Torello da 10 anni e rappresenta un modello consolidato molto utile, in particolare quando i volumi si abbassano. In questo caso, lavoriamo con carichi di prodotti alimentari che si raccolgono a livello regionale e attraverso gli hub vengono spediti verso la destinazione finale. È stata un’ottimizzazione che ci ha fatto rimanere sul mercato in questi anni.

Seppure a livello normativo non sia cambiato nulla, produttori e consumatori cominciano a essere sensibili alle modalità con cui questi prodotti vengono trasportati e quindi chiedono sempre più spesso la garanzia del camion frigo. Secondo la mia esperienza, qualsiasi cibo dovrebbe essere trasportato a temperatura controllata, evitando il carico promiscuo con altre categorie merceologiche.

Siamo consapevoli che la digitalizzazione sia un mezzo per risparmiare tempo e abbassare i costi. Per questo stiamo lavorando su diversi fronti, tra cui anche la lettera di vettura digitalizzata, da settembre presente anche in Italia.

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Da qui all’eternit

È stato definito il «minerale magico» per le eccezionali proprietà tecnologiche. È resistente alla trazione, al fuoco, al calore, all’attrito, all’abrasione, agli agenti chimici e biologici, è flessibile, fonoassorbente e termoisolante, versatile, praticamente indistruttibile. Può essere filato e tessuto, da qui l’appellativo di «lana della salamandra», l’animale che riusciva a sfidare il fuoco senza danno. Ce lo ricorda una canzone di Rino Gaetano quando Berta filava e filava la lana, ma filava anche l’amianto per il vestito del santo che andava sul rogo…

Per tutte queste caratteristiche associate a un costo estremamente contenuto, a partire dalla fine dell’800 l’amianto – detto anche asbesto – è stato oggetto di un ampio utilizzo nell’industria, nell’edilizia e in vari prodotti (tute protettive e farmaci inclusi) che ne hanno condizionato una diffusione mondiale senza precedenti. Basti pensare alle lastre ondulate fatte di quella miscela di amianto-cemento nota col nome di «Eternit» (dal latino eternità).

La prima descrizione di una possibile associazione fra malattie polmonari e polvere di asbesto risale agli inizi del ‘900 e nel 1927 viene coniato il termine asbestosi per indicare una specifica patologia del polmone provocata dall’inalazione di fibre d’amianto. A partire dal 1935 vengono pubblicati i primi casi di tumori polmonari e di tumore maligno (mesotelioma) della pleura nei lavoratori esposti seguiti da importanti studi epidemiologici che hanno portato la comunità scientifica nel 1965 a esprimere un consenso unanime sulla cancerogenicità di questo materiale.

La pericolosità risiede proprio nella consistenza fibrosa che è alla base delle versatili proprietà tecnologiche. L’inalazione delle fibre può provocare malattie del polmone quali asbestosi e carcinoma nonchè patologie pre-tumorali e tumorali della pleura. Oltre al mesotelioma pleurico, tumore «simbolo» dell’esposizione ad amianto, risulta sicuramente aumentato il rischio per altre neoplasie quali quelle gastrointestinali, laringee e renali. Tutti i tipi di amianto sono cancerogeni e non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre nell’aria non sia pericolosa. L’esposizione prolungata nel tempo o a elevate concentrazioni, aumenta esponenzialmente la probabilità di contrarre le patologie correlate che si manifestano anche dopo molti anni (da 10 a 15 per l’asbestosi a anche 20-40 per il carcinoma polmonare e il mesotelioma).

A essere colpiti non sono solo i lavoratori direttamente esposti, ma anche coloro che più o meno consapevolmente inalano polveri contaminate come gli addetti alla manutenzione di impianti e apparecchiature e le persone che vivono in ambienti edificati con materiali contenenti amianto. È stata segnalata la possibilità di esposizione ad asbesto anche nel settore degli autotrasporti, ad esempio, nel caso di trasporto del minerale e/o per contatto con le fibre eventualmente presenti all’interno del veicolo. È stata ipotizzata l’esposizione anche per gli autotrasportatori che hanno rimosso le macerie degli edifici del Word Trade Center di New York dopo l’attentato dell’11 settembre 2001.

Il fatto che i rischi dell’amianto sulla salute siano noti ormai da quasi un secolo, non ne impedisce l’impiego su vasta scala. L’asbesto è oggi al bando in 52 paesi (in Italia dal 1992), ma l’industria continua ad estrarne e trattarne ancora due milioni di tonnellate l’anno. La maggior parte del minerale prodotto proviene dai paesi dell’ex Unione Sovietica, e da Cina, Brasile e Canada, mentre i maggiori consumatori sono i paesi in via di sviluppo e soprattutto quelli in forte crescita economica e scarse tutele socio-sanitarie come Cina, India, Brasile, Russia e paesi dell’ex Unione Sovietica. In realtà la salute dell’umanità non può attendere e la messa al bando dell’amianto in tutto il mondo non è più procrastinabile.

Per questo è fondamentale che i dati sulla pericolosità dell’asbesto siano diffusi e accessibili a tutta la popolazione mondiale e soprattutto che la ricerca e la divulgazione della ricerca scientifica siano libere e svincolate dagli interessi dell’industria dell’amianto.

Buon viaggio!

10 domande a… Sergio Favesi

CARTA DI IDENTITÀ

Nome e CognomeSergio
CognomeFavesi
Età55 anni
Stato civileSposato
Punto di partenzaBari
Anzianità di Servizio25 anni
Settore di attivitàTrasporti liquidi alimentari
  • Come è scoccata la «scintilla» per il camion?

Lavorando per un’azienda agricola quando ero più giovane. All’epoca guidavo una motrice, ma ben presto ho sentito la spinta a fare qualcosa di più. La campagna, infatti, mi stava stretta, volevo andare in giro, vivere davvero in simbiosi col camion. E così, dopo tre anni, sono passato al bilico e da quel momento non l’ho più lasciato.

  • Adesso di cosa ti occupi?

Dopo alcuni anni di esperienza presso la storica Barsanti, sono passato alla Piangivino Trasporti, in provincia di Bari, dove lavoro tuttora. Mi occupo del trasporto di liquidi alimentari (solitamente vino, latte, ecc.) e serviamo tutta l’Italia: da Roma a Firenze, da Grosseto a Brescia, incluso il versante adriatico.

  • Autista o padroncino?

Autista tutta la vita. Oggi non conviene proprio fare il padroncino.

  • Secondo te, perché?

Perché i rischi d’impresa sono troppo elevati. Tutto costa di più: dal gasolio all’autostrada, dall’acquisto dei veicoli alle spese per mantenerli. Ma in generale, col tempo, è diventato un lavoro sempre più complicato da gestire in proprio. Basti pensare alle attese al carico e allo scarico, che allungano i tempi di consegna facendo saltare ogni tipo di programmazione.

  • Quali sono le maggiori criticità nel tuo lavoro?

Ho citato le attese al carico, ma ci sono tante altre disfunzioni che rappresentano una costante spina nel fianco per chi ogni giorno fa questo mestiere. Su tutte, la mancanza di parcheggi nelle aree di soste. Non ce ne sono mai abbastanza rispetto alla «domanda », gli spazi sono ridottissimi e i servizi offerti sono pochi.

  • Hai mai perso la passione per questo lavoro?

Sì, confesso di averla un po’ smarrita. Nel senso che non ho più l’entusiasmo di quando ho iniziato. Ma sono stanco non del lavoro in sé, piuttosto di come oggi siamo costretti a svolgerlo: sempre sotto pressione, senza tutele e costantemente ignorati. Lavorare in questo modo è davvero pesante.

  • Cosa, invece, te la fa riaccendere?

La serietà delle persone con cui mi trovo a confrontarmi ogni giorno. Ho la fortuna di lavorare per un’azienda di trasporto dove il rispetto per le persone è al primo posto. Se c’è qualsiasi problema mi vengono incontro, si dialoga, si cerca in tutti i modi di creare soddisfazione e valorizzazione. E questo l’apprezzo molto.

  • Hai mai pensato di cambiare lavoro per fare altro?

Questo mai. Sarà per l’abitudine o per la formazione ricevuta, ma non riuscirei a fare altro. Dopo una vita passata sempre in movimento, uscirei matto alla sola idea di stare chiuso otto ore dentro un ufficio.

  • Cosa diresti a un giovane che vuole fare questo mestiere?

Che la passione non basta. Perché stare sul camion vuol dire sacrificare tante cose, a partire dal tempo da dedicare ai propri cari, al divertimento, agli amici. È un lavoro che non accetta compromessi.

  • Anche perché immagino che trovare l’equilibrio tra lavoro e tempo libero non sia sempre facile…

Per niente. Viaggiando molto e stando quasi tutta la settimana fuori, praticamente riesco a ritagliare poco tempo utile per me stesso. Diciamo che quando sono a casa cerco di dedicare il più tempo possibile alla famiglia. E magari si organizza qualcosa con gli amici il sabato sera.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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