Fa faville Fiat Industrial. E convince. Tanto che sulla Borsa di Milano, la peggiore tra quelle europee con un – 2,1% , fa registrare una crescita del 5,4%. In particolare, sono i dati del secondo trimestre quelli a far schizzare il titolo della società che gestisce i marchi Iveco, CNH e FTP Industrial. Se infatti i ricavi toccano quota 6,3 miliardi di euro, in aumento del 10,6% rispetto stesso periodo 2010, l’utile netto sale a 239 milioni (rispetto ai 130 del 2010), mentre quello della gestione ordinaria, con un balzo del 53,2% lievita a 530 milioni. Numeri che si giustificano con i maggiori volumi di vendita e i migliori fatturati, ma anche con una redditività salita fino all’8,4%, rispetto al 6,1% del 2010. Tutti questo contribuisce a far scende l’indebitamento netto industriale a 1,7 miliardi di euro e far salire la liquidità a 3,9 miliardi di euro. Ma anche, come ha subito precisato lo stesso presidente Sergio Marchionne, a ritoccare in alto gli obiettivi fissati per l’intero 2011.
Complessivamente procedono a gonfie vele tutti i brand della società. Ma concentriamoci più da vicino su Iveco, che nel trimestre ha consegnato su scala mondiale 40.568 veicoli, con un incremento del 18,2% rispetto allo stesso trimestre 2010. I ricavi generati sono stati di 2,4 miliardi, con un incremento del 16,2%. A quale segmento e quali mercati attribuire il merito di questi risultati? Per i segmenti, un po’ a tutti, visto che i leggeri crescono del 18,2%, i medi del 30% e i pesanti del 14,1%. Per i mercati, più della metà dei veicoli prende la strada dell’Europa occidentale con 24.590 veicoli (+12,9%), spinta in avanti soprattutto da Germania (+14%), Francia (+25,7%) e Gran Bretagna (+28,1%). Andamenti più contrastati per i due mercati fondamentali di Iveco: se infatti l’Italia, dopo una qualche incertezza nel primo trimestre, risale del 16,3%, la Spagna non arresta la caduta, a cui aggiunge un -30,4%. Ma buona parte del merito va riconosciuto anche all’America Latina (+33,5%) e all’Europa dell’Est, che seppure con volumi ridotti incrementa le consegne del 35,8%.
Insomma, numeri importanti, anche se – con un pizzico di ottimismo – bisogna pure aggiungere che è tutto il mercato a tirare, sia in Europa occidentale (+21,2% le immatricolazioni sopra le 3,5 ton), sia in Italia (+13,6%). Unica eccezione è la Spagna dove il mercato rimane pressoché stabile (con un +1,5%). La parte del leone la fanno i veicoli pesanti (+41,1%), anche perché evidentemente le flotte che per tanto tempo avevano rinviato l’acquisto, adesso non possono più farne a meno.
Questa crescita imperiosa del mercato condiziona le quote di Iveco, che segnano una ripresa rispetto al primo trimestre dell’anno, ma rimangono stabili se non in piccola flessione rispetto allo stesso trimestre 2010. Più precisamente il dato complessivo segna un 12,3% (-1,1%), i leggeri un 13,2% (-0,6%), i medi un 23,6% (-0,8%), i pesanti un 7,6% (-1,2%).
Una cosa è certa: le maggiori consegne sono state effettuate con prezzi migliori, tant’è che il margine riprende a salire (5,5% rispetto al 2,4%) e così anche gli utili che raggiungono i 135 milioni (rispetto ai 50 milioni).
A fare apparire questi dati ancora più positivi è l’inversione di tendenza. Se infatti al secondo trimestre si aggiunge quello precedente, ci si accorge che il primo semestre 2011 conosce rispetto allo stesso periodo del 2010 un incremento del 22,4% complessivo nelle consegne, con un +24,1% in Europa Occidentale (grazie soprattutto a un +47,5% della gamma pesante). Ma soprattutto l’utile della gestione si mantiene sui 206 milioni, rispetto ai 53 del 2010.
Merita un cenno anche FTP Industrial, che chiude il secondo trimestre 2011 con un utile della gestione ordinaria pari a 24 milioni di euro, a fronte dei 23 del secondo trimestre 2010. I ricavi ammontano a 838 milioni di euro (+29,5%) e su queste le vendite a terzi pesano per un 32% (31% nel 2010). I motori venduti sono stati 145.600, con un incremento del 30%. Di questi il 59% vanno a Iveco e CNH; il restante 41% è venduto a diversi clienti, di cui i principali sono Sevel (joint venture di Fiat-PSA per la produzione di veicoli commerciali leggeri) e Mitsubishi Fuso. Oltre ai motori, crescono pure le consegne dei cambi (22.100 con +12%) e di ponti e assali (48.600 con +31%).
Iveco aumenta consegne e utili: e Fiat Industrial vola in Borsa
Blocchi per neve: l’Antitrust multa Autostrade
350 mila euro. A tanto ammonta la multa che l’Antitrust ha comminato ad Autostrade per l’Italia. La motivazione: non aver informato adeguatamente gli automobilisti intrappolati dalla neve nell’area di Firenze dell’A1 il 17 e il 18 dicembre 2010, adottando così una “pratica commerciale scorretta”. In pratica l’Antitrust giudica che Autostrade avrebbe dovuto fare di più per evitare agli utenti di immettersi nel tratto autostradale e, successivamente, di averli assistiti in maniera insufficiente, visto e considerato che molte volte sono rimasti bloccati per più di 30 ore.
Nel quantificare la multa l’Antitrust ha considerato anche le procedure di conciliazione messe in atto dalla società nei confronti degli automobilisti. Secondo il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, la Carta dei Servizi di Autostrade “dovrebbe prevedere obblighi puntuali, parametri di qualità ed efficienza che consentano al consumatore di valutare il servizio e se non rispettati, facciano scattare misure di compensazione economica”.
Dal canto suo Autostrade fa sapere che valuterà il ricorso in giudizio e sottolinea che ha già risarcito – senza per questo ammettere responsabilità specifiche – oltre 6.000 utenti e che altri 3.500 riceveranno l’indennizzo a giorni. Anche Giovanni Castellucci, a.d. di Autostrade per l’Italia, si difende definendo l’accaduto “un evento meteo eccezionale” e sostenendo che “la società ha puntualmente applicato i protocolli operativi di gestione delle operazioni invernali, predisposti in coerenza con le linee guida dettate in materia da Viabilità Italia”.
Fondazione Ania e Carabinieri “adottano” le più pericolose strade extra-urbane
Gli incidenti stradali diminuiscono? Non ovunque. Se infatti il dato complessivo parla di una flessione dell’1,6%, sulle strade extra-urbane si va “contromano”, visto sono teatro di un 1/5 degli incidenti, dal quale però scaturisce il 47,1% dei morti. In termini assoluti, 5 vittime al giorno, 1.995 l’anno (il 2009).
È su questi presupposti che
Per la partenza dell’iniziativa sono state individuate tre strade “regine” dell’incidentalità, da anni stazionarie nella tragica Top Ten sulle dieci arterie più pericolose stilata da Aci-Istat: la Silana-Crotonese, la Nettunense e
Flotte aziendali – 150.000 veicoli in Europa usano la piattaforma Webfleet TomTom
Sono 150 mila i veicoli gestiti dalla piattaforma WEBFLEET di TomTom Business Solutions, la divisione dell’azienda olandese dedicata ai servizi per flotte aziendali e veicoli commerciali. Il traguardo è stato raggiunto in soli 5 anni, con 13.000 aziende che si sono affidate a TomTom per gestire i loro mezzi. Per il secondo anno consecutivo la casa produttrice dei noti apparati per la navigazione si conferma come l’azienda con più rapida crescita strutturale del settore. Ultimamente le soluzioni per flotte aziendali di TomTom sono state utilizzate anche da Rentokil, importante multinazionale inglese che propone servizi di igiene ambientale a livello europeo.
Aumenta il prezzo degli pneumatici: +8% per Continental
I prezzi delle materie prime aumentano, quello della gomma naturale schizza. E così dal 1° agosto
il prezzo degli pneumatici Continental per veicoli commerciali aumenterà in Europa mediamente dal 6 all’8% in base alla regione e al prodotto. L’aumento dei prezzi sarà applicato su tutti i marchi e per l’intera gamma di prodotti del settore di pneumatici autocarro e industria. Peraltro, non si tratta del primo aumento di quest’anno (già a maggio si era registrato), né è isolato al solo marchio Continental. Soltanto la scorsa settimana Bridgestone aveva annunciato un aumento del 12% del suo catalogo prodotti. E anche altri costruttori – chi più, chi meno – si sono adeguati.
Tutti fattori che ovviamente portano a rivedere anche l’incidenza del costo dello pneumatico sui bilanci di un’azienda di autotrasporto e quindi in generale il livello degli ormai celeberrimi “costi minimi”.
Italia: cresce il traffico container, ma il transhipment fatica
Vanno molto bene i porti gateway, un po’ meno quelli di transhipment, che faticano a competere con gli scali nordafricani. Ma siccome i primi bilanciano ampiamente i secondi, il traffico container in Italia segna un +6% di crescita. Questa, in sintesi, la fotografia del traffico container dei primi cinque mesi dell’anno diffusa da Contship Italia. In termini assoluti si viaggia su 4,14 milioni di teu e tutto lascia presupporre che questo dato verrà più che raddoppiato nella seconda metà dell’anno, tradizionalmente più brillante in termini di mercato.
Ma vediamo come si distribuiscono questi volumi. Tirano molto forte i porti dell’Alto Adriatico, con Venezia che cresce di +22,9% (pari a 184 mila teu), Ravenna di +17% (92 mila teu) e Trieste a +12,8% (con 137 mila teu). Ma si sa, questi porti hanno ancora, rispetto a quelli del Tirreno, un gap considerevole da scontare, tanto che complessivamente pesano di qualcosa meno del 10% del mercato. Come a dire, crescono a doppia cifra, ma in termini assoluti i numeri sono ancora distanti da quelli liguri-toscani. Genova, La Spezia e Livorno, infatti, assorbono da soli il 37,8%: il 18,3% il primo (758 mila teu), il 13% il secondo (538 mila teu) e 6,5% il terzo (269 mila teu). Tutte e tre con performance di crescita rispettivamente del 6%, del 7% e del 4%. Più giù ci sono poi i 224 mila teu di Napoli (con un +0,6% e una quota di mercato del 5,4%) e i 89 mila teu di Salerno (con un + 6% e una quota del 2,2%).
E veniamo ai porti di transhipment. Gioia Tauro, in un periodo ancora immune dall’abbandono di Maersk, continua a movimentare 1,17 milioni di teu con una crescita del 6,1% e una quota del 28,3%. Va meglio Taranto con i suoi 275 mila teu raggiunge una quota del 6,6%, pari a un ragguardevole +18,2%. Continua invece la frenata di Cagliari che muove 253 mila teu, un 9,1% in meno dell’anno precedente e una quota che si assottiglia al 6,1%.
Per cogliere una tendenza generale, bisogna considerare che questi ultimi porti hanno perso, rispetto al totale del mercato nazionale, un sonante 14% rispetto al 2009. E per capire il perché bisogna andare a sommare tutti i volumi dei porti di transhipment italiani con quelli di Malta e Algeciras (Spagna) per rendersi conto che se fino a prima della crisi questi viaggiavano tutti insieme ben oltre i 10 milioni di teu, nel 2010 erano appena sopra i 9 milioni. Ma nello stesso arco temporale i porti africani, che partivano da poco più di 3 milioni sono arrivati a 5,53. Va da sé che la forchetta che distanziava i rispettivi market share si è stretta di molto: se prima il rapporto era di 76% per gli scali europei e 24% per quelli nordafricani, nel 2010 è diventata 62% a 38%. Una distanza che si è ulteriormente assottigliata nel 2011, malgrado la stagione delle rivoluzioni nel Maghreb.
Il bilanciamento in termini di volumi dei porti gateway rispetto a quelli di transhipment non bilancia però la nostra bilancia commerciale. A conti fatti, cioè, il Pil nazionale registra una flessione derivante proprio dalla perdita di volumi sul trashipment (in termini assoluti molto più “pesante” del gateway), che porta con sé anche una flessione di tutta quella serie di servizi generati lungo la filiera per il trasbordo dei container.
L’idea di Spediporto: una black list di trasportatori “favorevoli” ai costi minimi
La guerra sui costi minimi segna un’ulteriore battaglia. Questa volta è stata scatenata da Spediporto, che stando a quanto riferisce Conftrasporto, ha scritto ai suoi associati per invitarli a notificare quelle aziende di autotrasporto “interessate” ad applicare i costi minimi o, peggio ancora, “macchiatesi” dell’intenzione di intentare un contenzioso per pretenderli. Ma ciò che colpisce è l’intento di una tale comunicazione: creare con i nominativi di queste aziende una sorta di black list delle imprese fornitrici di servizi di autotrasporto. Allo scopo ovviamente di “isolarle” dal mercato. Peraltro nelle stesse comunicazioni diffuse alle proprie imprese, Spediporto invita ad adottare una serie di contromisure legali, vale a dire l’inserimento nei contratti di trasporto di precise clausole, in grado di “sterilizzare” successive pretese da parte dei vettori.
La cosa ovviamente è molto grave. Tanto che Unatras ha prontamente scritto al sottosegretario Bartolomeo Giachino per metterlo a conoscenza della vicenda, invitandolo ad “adottare tutte le iniziative opportune”.
Il decreto è ora in Gazzetta: ecco il nuovo calendario dei divieti
Lo aveva anticipato il ministero dell’Interno, in una comunicazione diffusa venerdì, e in effetti così è stato: il 23 luglio sulla Gazzetta n. 170, è stato pubblicato il decreto del ministero delle Infrastrutture che introduce quattro (giacché il quinto, previsto per il 22 luglio, è di fatto decaduto) nuovi divieti di circolazione. Un provvedimento che ha creato pesanti polemiche, soprattutto perché tante aziende avevano reagito di fronte alla diramazione del decreto ancora da pubblicare (e quindi non ancora in vigore) adeguando i propri uffici traffici, mentre poi tutto è stato inutile. È quindi colpa di chi si è preoccupato di applicare con giudizio una legge dello Stato? In che modo si poteva presumere che, alla fine, quella della pubblicazione posticipata del decreto in Gazzetta fosse la soluzione salomonica? Inutile adesso rispondere. Fatto sta che adesso il Codacons torna a gioire (diramando peraltro un comunicato che registra – non si sa bene sulla base di quali dati – un 43% di incidenti di venerdì dovuti a mezzi pesanti) e le associazioni a lamentare perdita di produttività e di competitività rispetto a tutti quei paesi europei (e sono tanti) che di divieti di circolazione non conoscono neppure il senso.
Da noi invece la situazione – ad agosto e settembre – è questa. Segnatevi le date (e in particolare quelle sottolineate) perché stavolta sembrano veramente definitive:
– venerdì 29 Luglio, dalle ore 16 alle 24;
– sabato 30 Luglio, dalle ore 7 alle 24;
– domenica 31 Luglio, dalle ore 7 alle 24;
– dalle 16 di venerdì 5 Agosto, alle 23 di sabato 6 Agosto;
– domenica 7 Agosto, dalle ore 7 alle 24;
– venerdì 12 Agosto, dalle ore 16 alle 24;
– sabato 13 Agosto, dalle ore 7 alle 23;
– domenica 14 Agosto, dalle ore 7 alle 24;
– lunedì 15 Agosto, dalle ore 7 alle 23;
– sabato 20 Agosto, dalle ore 7 alle 23;
– domenica 21 Agosto, dalle ore 7 alle 24;
– venerdì 26 Agosto, dalle ore 16 alle 24;
– sabato 27 Agosto, dalle ore 7 alle 23;
– domenica 28 Agosto, dalle ore 7 alle 24;
– venerdì 2 Settembre, dalle ore 16 alle 22;
– domenica 4 Settembre, dalle ore 7 alle 24;
– venerdì 9 Settembre, dalle ore 16 alle 22;
– domenica 11 Settembre, dalle ore 7 alle 24;
– domenica 18 Settembre, dalle ore 7 alle 24;
– domenica 25 Settembre, dalle ore 7 alle 24.
Guardando poi oltre c’è all’orizzonte il divieto di venerdì 28 Ottobre, dalle 16 alle 22, previsto per liberare le strade in vista del ponte del 1 Novembre, per il quale peraltro erano già previsti i divieti di:
– sabato 29 Ottobre, dalle ore 14 alle 22;
– domenica 30 Ottobre, dalle ore 8 alle 22;
– lunedì 1 Novembre, dalle ore 8 alle 22.
Che almeno possa servire per mandare il Codacons in vacanza…
Contrordine: oggi 22 luglio si viaggia regolarmente
Il decreto n. 277 non è uscito in Gazzetta Ufficiale. E a questo punto se anche dovesse comparire all’ultimo minuto, cioè nella giornata di oggi, non ci sarebbero i tempi tecnici per applicarlo. Tutto salta quindi. Per fortuna, verrebbe da aggiungere.
Peccato che tante imprese di autotrasporto abbiano dovuto modificare i loro calendari di traffico. Peccato che in tanti hanno dovuto ugualmente cancellare viaggi previsti, perché impossibilitati a scaricare e quindi a ricaricare in tempi utili. Peccato che, in una contingenza non proprio felice, ci si mettano anche questi “misteri della politica” a creare confusione e, peggio ancora, danno.
Pietrelli: «Divieti di circolazione? Adesso è meglio un confronto»
«Avremmo avuto bisogno di 3-4 centralisti in più per rispondere ai dubbi, alla confusione, allo spaesamento di centinaia di aziende associate, e in particolare dei loro uffici traffico, che all’improvviso, un mercoledì di metà luglio, hanno scoperto che dovevano cancellare dal calendario il venerdì pomeriggio successivo. Ma l’autentico danno è stato quello di aver ribaltato tutta l’organizzazione inutilmente o, peggio ancora, di aver dovuto lavorare due volte per ristabilire la situazione precedente. A conti fatti soltanto le nostre imprese hanno subito gravi perdite».
Scuote
«Non voglio entrare nel merito della questione: è chiaro che se un’impresa ha meno giorni a disposizione per lavorare abbassa la soglia di produttività. Ma è vero pure che il ministro ha agito per “atto dovuto”. Però, quando si entra come in questo caso nell’organizzazione delle imprese, invece di generare caos e disorientamento, sarebbe più opportuno consultare chi lavora, per cercare di capire e quindi di bilanciare tutti gli interessi in campo. Non si può diffondere un atto normativo che prevede un divieto di circolazione dopo appena tre giorni. Ma soprattutto non si può diffonderlo senza sapere se si riuscirà a pubblicarlo per tempo in Gazzetta Ufficiale. È chiaro che in questo modo si genera difficoltà e nervosismo».
Ma Pietrelli non intende esasperare i toni. Piuttosto vuole suggerire un metodo che eviti il ripetersi di situazioni di questo tipo. «C’è bisogno di rispetto. A maggior ragione ora, che le aziende recano fresche le ferite procurate dalla crisi economica. A maggior ragione ora, che il vento dell’antipolitica soffia discredito sui palazzi del potere. Se il decreto non viene pubblicato, si attenda un attimo, ci si confronti con le parti sociali, si concerti il tutto. Così, la possibilità di non commettere errori si ridurrebbe drasticamente».