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85% è la percentuale di tempo risparmiato dai trasportatori che usano l’eCMR 

Da 20 a 3 minuti. È la riduzione del tempo impiegato per i documenti di viaggio da parte dei trasportatori che decidono di digitalizzare. A calcolarlo è l’Osservatorio B2B Digital del Politecnico di Milano in una ricerca (condotta in collaborazione con l’Osservatorio Contract Logistics) presentata nell’ambito del webinar organizzato da Uniontraporti, nell’ambito del progetto “Paving the way for digitalization of the road transport documentation in Italy”, cofinanziato dall’IRU e da Unioncamere (con il supporto tecnico di Uniontrasporti), e sostenuto da molte associazioni di categoria (Anita, Assotir, Confartigianato Trasporti, Conftrasporto, Fai, Fedespedi, Fiap, Cna Fita e Trasporto Unito), con l’obiettivo di accompagnare le aziende e gli stakeholders della logistica e del trasporto di merci su gomma nel processo di digitalizzazione. Un’iniziativa che arriva dopo un pilota condotto nel 2020-2021 che ha portato cinque player della logistica nazionale a provare sul campo l’eCMR. “Le Camere di commercio – ha detto Marco Conte, Vicesegretario generale di Unioncamere aprendo l’incontro online a cui hanno partecipato più di 500 persone – sono in prima linea nella digitalizzazione delle aziende”.

La svolta digitale della logistica

E la logistica si trova a un punto di svolta molto importante in questo senso: dal 26 settembre scorso è operativa anche in Italia la lettera di vettura digitale, la cosiddetta eCMR, frutto dell’adesione del nostro Paese a un protocollo internazionale (come altri 39 Stati nel mondo). Il che vuol dire che le autorità di controllo sono obbligate a riconoscere il documento digitale che assume lo stesso valore, per le finalità di legge, a quello cartaceo. Un passo importante per le aziende che coinvolge l’intera filiera: dal produttore al cliente, passando per il trasportatore. “L’eCMR è fondamentale – ha detto Enrico Finocchi, presidente dell’Albo degli autotrasportatori intervenendo al webinar – anche nella direzione di una maggiore regolarità delle aziende, ma occorre accompagnare il settore costituito da molte piccole realtà che faticano ad adeguarsi alla tecnologia”. Tanto più che la rivoluzione non si ferma alla digitalizzazione dei documenti, ma sembra investire l’intero processo, anche in vista del bando per la digitalizzazione delle aziende, annunciato da RAM anche durante l’incontro online, che dovrebbe arrivare nel primo trimestre del 2025 a supportare con il 40% di cofinanziamento l’up-grade tecnologico. “Questo progetto – ha spiegato Luca Zanetta, responsabile area Bul e 5G di Uniontrasporti – ha tre obiettivi: informare le aziende sulle possibilità offerte dal digitale, facilitare il networking, identificare ostacoli all’adozione e suggerire soluzioni attraverso un confronto tra gli operatori”. Un percorso che Uniontrasporti sta portando avanti (anche con un sito ad hoc www.ecmritaly.it) e che sfocerà in una serie di webinar e incontri programmati nei prossimi mesi.

L’approccio alla digitalizzazione

Solo il 6% degli operatori logistici, trasportatori e committenti oggi dispone di un sistema completamente digitalizzato per i documenti di viaggio. Questo è l’altro dato interessante che emerge dalla ricerca presentata da Paola Olivares, direttrice dell’Osservatorio B2B Digital, durante il webinar di Uniontrasporti. Il 48% si basa ancora sul modello tradizionale, ovvero cartaceo, mentre esiste un 46% che adotta una procedura mista, dove per esempio la conservazione dei documenti è stata digitalizzata. Insomma, un sistema quasi all’anno zero, nel quale però il Politecnico è riuscito a quantificare i benefici dei passaggi da un sistema all’altro. Per esempio, i tempi si tagliano in media dell’80% tra un approccio tradizionale e uno digitale, mentre la sostenibilità aziendale cresce del 60% con l’introduzione del digital e la tracciabilità migliora al 40%.

Ma vediamo nello specifico il risparmio di tempo. Nel ciclo tradizionale l’emissione e la circolazione di documenti cartacei comporta il dispendio di 64 minuti totali così suddivisi: 21 minuti per il fornitore, 20 minuti per il trasportatore, 23 minuti per il cliente finale. Nella fase intermedia mista, i tempi per i fornitori si riducono del 43%, mentre i clienti tagliano le tempistiche del 48%. Sorpresa: per i trasportatori non cambia nulla. La riduzione vera arriva solo con la digitalizzazione dell’intero processo: 3 minuti per il fornitore e altri 3 per il trasportatore, mentre al cliente finale serve solo un minuto per gestire i documenti che accompagnano la merce. Con una riduzione totale che va dal 75 al 92 per cento e che fornisce la misura di quanto sia impattante il salto nel digitale. 

Webfleet EV Charger Monitoring, piattaforma unica per monitorare veicoli elettrici e colonnine di ricarica

Si chiama EV Charger Monitoring ed è un nuovo sistema gestionale digitale creato da Webfleet, divisione di Bridgestone per la gestione del parco veicoli. La soluzione permette ai clienti delle flotte di monitorare i propri veicoli elettrici e colonnine di ricarica private, tutto da un’unica piattaforma, assicurando così l’affidabilità operativa del parco veicoli senza la necessità di dotarsi di hardware aggiuntivo.

Derivata direttamente dalla EV Services Platform, a sua volta presentata di recente, EV Charger Monitoringintegra i dati dell’infrastruttura di ricarica direttamente sulla piattaforma di gestione del parco mezzi Webfleet. In questo modo si semplifica la gestione delle flotte di veicoli elettrici e si offrono ai fleet manager informazioni chiave per migliorare la strategia di ricarica degli EV.

Gli aggiornamenti comunicati in tempo reale dalla piattaforma riguardano la disponibilità delle infrastrutture di ricarica, il livello di occupazione, la velocità nel ricaricamento e la posizione del veicolo rispetto alla colonnina, supportando nel contempo il monitoraggio multi-sito. In questo modo, i gestori flotte rimangono sempre al corrente sui problemi di ricarica che potrebbero impattare sull’attività del parco veicoli. Oltre a fornire notifiche e informazioni real-time sullo stato dei mezzi, il pannello di controllo dedicato di Webfleet offre anche info chiave sui costi energetici, sui consumi, sui trend di utilizzo e sul tempo medio di ricarica, consentendo ai clienti di monitorare le prestazioni e migliorare la propria strategia di ricaricamento.

Sfruttando l’ecosistema dell’EV Service Platform, qualsiasi brand di infrastrutture di ricarica che segua i protocolli aperti OCPP e OCPI può essere inserito nel sistema, senza alcun bisogno di hardware aggiuntivo.  Webfleet è inoltre compatibile con tutti i sistemi di gestione del punto di ricarica (CPMS) che disponga degli ultimi standard OCPI e integra già i partner di EV Service Platform Bia, Evesto, Ampeco e Monta.

EV Charger Monitoring è già utilizzata dall’azienda svizzera Protectas sulla sua flotta composta da 16 veicoli elettrici ed è ora disponibile per i clienti europei Webfleet.

«Vogliamo evitare il rischio di iniziare la giornata lavorativa con un EV scarico, che potrebbe causare una sosta non pianificata a una colonnina di ricarica rapida, incrementando sia tempistiche che costi – ha spiegato Taco Olthoff, direttore del programma EV di Bridgestone Mobility Solutions – La nostra soluzione consente di ricevere notifiche nel caso in cui qualcosa dovesse inaspettatamente andare storto».

89%: la percentuale di fleet manager italiani che prendono decisioni basandosi sui dati

In Italia quasi 9 fleet manager su 10 (89%) si affidano agli approfondimenti analitici per prendere decisioni strategiche. Tuttavia solo il 26% dei gestori flotte europei ritiene di avere abbastanza dati per poter ottenere un reale impatto sul business. I dati appaiono quindi fondamentali per consentire una migliore gestione dei costi, delle prestazioni e della sicurezza, ma devono ancora essere sfruttati appieno per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Sono i risultati dell’indagine «Trusted data insights: what are your vehicles telling you?», condotta a livello europeo da Geotab, azienda impegnata nelle soluzioni per il trasporto connesso.

Lo studio ha interrogato fleet manager in Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito, con l’obiettivo di valutare il livello di maturità delle aziende in termini di utilizzo delle informazioni, identificando anche le potenziali sfide e le aree di miglioramento.

La situazione in Italia

Il campione del nostro Paese, come è scontato, è in netta prevalenza di flotte di piccole dimensioni (57% degli intervistati italiani possiede parchi mezzi da 5 a 49 veicoli).

Il livello di maturità del mercato della telematica in Italia risulta comunque elevato, con l’89% degli intervistati che si affidano, come detto, agli approfondimenti analitici per prendere decisioni strategiche. Tra chi ancora non lo fa, inoltre, ben il 57% è convinto che questo tipo di informazioni sia fondamentale, ma che la mancanza di interoperabilità e di coordinamento dei sistemi aziendali impedisca di sfruttarle appieno (a livello europeo, la percentuale scende invece al 34%). Più di un terzo (37%) avrebbe bisogno di dati più estesi, mentre il 18% ritiene che quelli già utilizzati non siano sufficientemente affidabili.

Oltre 7 su 10 (71%) fleet manager italiani guardano ai dati soprattutto per migliorare l’efficienza, contro una media europea del 64%.

Prima esigenza: l’efficienza

Nel Continente i dati vengono utilizzati principalmente per migliorare le prestazioni, sia per ottimizzare i costi (55%) che per perfezionare la gestione operativa (45%). Allo stesso modo, vengono attentamente monitorate le informazioni relative al consumo di carburante (71%), con picchi del 79% e del 74% in Paesi come il Regno Unito e l’Irlanda.

Nell’adottare strategie per la raccolta dei dati, i fleet manager guardano in particolare ad aspetti quali la gestione in tempo reale (55%), la semplificazione nel raggiungere la conformità normativa (47%), la coerenza tra set di dati e fonti differenti (45%) e la trasparenza dei processi (40%).

La sostenibilità resta un tema in secondo piano

Purtroppo in Europa il miglioramento della sostenibilità non sembra essere in cima all’agenda. Per gli utilizzatori delle soluzioni digitali, i dati sulle emissioni di CO2 sono infatti tra i meno considerati, così come gli aspetti legati alla sostenibilità sono i meno osservati. In particolare solo il 34% dei fleet manager li usa per raggiungere gli obiettivi ambientali. L’utilizzo è tuttavia maggiore tra le flotte più grandi (il 53% delle flotte con 500-4999 veicoli analizza abitualmente i dati sulle emissioni di CO2, contro il 29% del totale).

Questo anche perché la maggior parte dei fleet manager ritiene che gli obiettivi di contenimento delle emissioni della propria organizzazione possano essere raggiunti in tempo (44,5%) o addirittura prima della data prefissata (31%). La ricerca evidenzia quindi come per le aziende sia ancora necessario dare la giusta importanza alla sostenibilità, integrando maggiormente il monitoraggio delle emissioni di CO2 nei sistemi di gestione delle flotte.

Il ruolo centrale dell’Intelligenza Artificiale nell’innovazione

Alle aziende appare poi scontato che strumenti più avanzati (49%), un accesso più rapido ai dati (47%) e una reportistica semplificata (46%) consentirebbero ai gestori delle flotte di sfruttare meglio i suggerimenti basati sui database.

E l’Intelligenza Artificiale? Sicuramente è apprezzata, ma non viene del tutto compresa. Il 51% degli intervistati ritiene che l’IA migliorerà la capacità di accedere alle info in modo semplice e rapido per ottenere indicazioni utili (in Italia la percentuale sale addirittura al 60%). Allo stesso tempo, però, il 40% del campione ritiene che aggiungerà anche livelli di complessità non facilmente gestibili. Le aziende più grandi sembrano in genere essere più ottimiste nei confronti dell’IA, visto che la percentuale di chi ritiene che semplificherà l’accesso ai dati sale al 64% per le flotte tra 500 e 4999 veicoli.

È inoltre interessante notare che i livelli di fiducia nei confronti dell’AI variano a seconda dell’area geografica. Maggiore fiducia è stata espressa in Francia (64%), Italia (60%) e Paesi Bassi (59%), mentre gli intervistati di Regno Unito (32%) e Irlanda (43%) sono più scettici. Spagna (52%) e Germania (51%) si collocano nel mezzo.

Il potenziale dell’Intelligenza Artificiale per fornire informazioni preziose basate sui dati può comunque essere significativo, poiché può migliorare la facilità d’uso delle soluzioni di telematica, consentendo di ottimizzare il processo decisionale e perfezionare i risultati.

Altra priorità fondamentale: la sicurezza

Infine il 42% degli intervistati sfrutta i dati relativi alle flotte per valutare la sicurezza. La percentuale aumenta per le flotte di medie (50-499 veicoli) e grandi dimensioni (500-4999 veicoli) che li impiegano maggiormente per motivi di sicurezza con una media rispettivamente del 51% e del 47%.

Lo studio rileva poi differenze nelle priorità delle aziende basate nei differenti Paesi: l’Italia (51%) e i Paesi Bassi (47%) si concentrano sulla sicurezza della flotta, mentre Regno Unito (57%) e Francia (48%) sulla manutenzione.

In più, il 43% dei fleet manager utilizza i dati telematici anche per monitorare il comportamento dei conducenti, con alcune variazioni tra i Paesi: Germania (54%), Spagna (47%), Paesi Bassi (44%), Italia (42%), Regno Unito (40%), Irlanda (36%).

Se però da un lato gli approfondimenti analitici si rivelano utili per affrontare le problematiche legate alla sicurezza, dall’altro è necessario considerare anche alcuni aspetti legati alla privacy e alla protezione dei dati, tanto che il 49% degli intervistati ritiene che, su questo fronte, il settore debba ancora risolvere la questione.

Conclusioni

Nel complesso, la ricerca mostra che gli insight basati sui dati possono concretamente migliorare la gestione dei costi, le prestazioni e la sicurezza delle flotte. Sebbene l’adozione di soluzioni di telematica sia in aumento, permangono sfide relative all’accesso ai dati, nonché un approccio cauto all’AI e la necessità di sfruttare maggiormente questo tipo di informazioni per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità.

14.689: sono i treni merci in viaggio tra Cina ed Europa nei primi 9 mesi dell’anno

Il quantitativo di treni merci che collegano la Cina con l’Europa diventa sempre più rotondo: da gennaio a settembre 2024, stando ai dati diffusi dalla China State Railway Group Co., sono stati 14.689 complessivi. Sono tanti o sono pochi? Dipende. Per rispondere bisogna stabilire delle comparazioni lineari e verificare innanzi tutto quante merci viaggiano su questi treni. La risposta è: 1,57 milioni di unità equivalenti a 20 piedi (TEU) di merci. E in effetti tale quantitativo è di certo in crescita – per la precisione dell’11% – rispetto a quello movimentato lo scorso anno. Quindi, da questo punto di vista il trend è positivo.

Poi, tutto è relativo, perché se si va a vedere quanti teu sono transitati complessivamente nei primi otto mesi del 2024 dai porti cinesi (quindi, un mese in meno rispetto al rilevamento dei treni) ci si rende conto che quel milione e mezzo è abbastanza poco, visto che per mare sono sbarcati in Cina 220,5 milioni di teu. Un dato peraltro in incremento dell’8,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Cosa che fa riflettere sullo stato dell’economia cinese a dispetto di quanto in questi ultimi tempi si pensi.

In ogni caso è certo che l’andamento del ferro cresce e lo conferma pure il fatto che per sette mesi consecutivi i convogli in viaggio hanno superato la soglia mai raggiunta in passato dei 1.600 convogli mensili, toccando 25 paesi europei e 226 città nel complesso. Anche se, per avere un dato più “pulito”, bisognerebbe capire se la crisi del mar Rosso abbia in qualche modo influito sulla spinta a optare verso questa modalità alternativa al mare.

Secondo l’operatore ferroviario di Stato cinese, in realtà, dietro la crescita del numero dei convogli ci sono gli sforzi compiuti nell’incrementare la produttività, in particolare rispetto alla velocizzazione delle operazioni di sdoganamento e alla creazione di un corridoio di trasporto internazionale attraverso il Mar Caspio.

Rispetto invece alle performance ottenute dalla portualità cinese, bisogna segnalare il successo in particolare di Shangai, arrivato a 4,51 milioni di teu con un balzo del 7,9%, seguito a ruota da Ningbo Zhoushan, che ha toccato la soglia dei 3,6 milioni di teu grazie a un incremento ancora più netto del 12,9%, potendo però contare su finanziamenti pubblici considerevoli, indirizzati alla creazione di infrastrutture che evidentemente sono servivi a innalzare l’efficienza operativa.

Flotte più sostenibili? Ecco le soluzioni di Geotab

La soluzione per ridurre le emissioni di gas serra nel settore dei trasporti passa attraverso la gestione dei dati. È il messaggio che Geotab, azienda che produce software di gestione delle flotte aziendali, ha veicolato durante l’evento Mobility Connect di Milano, presentando una suite completa di soluzioni orientate alla sostenibilità delle flotte e guidate dai dati. Questi prodotti – integrati nella piattaforma MyGeotab – intendono rispondere, oltre alle sfide sulla decarbonizzazione, ad una migliore gestione dei costi e al miglioramento delle prestazioni dei veicoli.

Il Centro per la sostenibilità

Primo prodotto presentato è stato il Centro per la sostenibilità. Si tratta di un modulo specializzato che consente alle flotte di tracciare il proprio impatto ambientale e di identificare le opzioni per ridurlo, attraverso la diminuzione dei tempi di sosta a motore acceso e l’adozione di veicoli elettrici.

Inoltre, il Centro permette di monitorare sia le emissioni economizzate sia quelle prodotte e il carburante risparmiato, identificando ulteriori opportunità di ottimizzazione e soluzioni per l’elettrificazione. Il software fornisce utili approfondimenti analitici e individua le opportunità per la riduzione delle emissioni, favorendo il risparmio energetico e di carburante nonché l’ottimizzazione delle prestazioni.

Il calcolo delle emissioni di gas serra certificato da TÜV

Oltre 50.000 aziende europee – e altre 10.000 a livello internazionale – dovranno presentare report sulla sostenibilità in linea con quanto richiesto dalla direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting ovvero l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per imprese di grandi dimensioni).

Il report sulle emissioni di gas serra di Geotab offre un metodo affidabile per monitorare le emissioni di gas serra (GHG) dei veicoli di una flotta, automatizzando il calcolo degli equivalenti di anidride carbonica (CO2-eq). TÜV Rheinland ha certificato questo metodo di calcolo della produzione di CO2 per la misurazione delle emissioni Scope 1 dei veicoli. Grazie alla telematica, le aziende possono quindi ottenere dati precisi e in quasi in tempo reale sulle emissioni dei veicoli, evitando l’incertezza legata alla raccolta manuale dei dati e il rischio di errore umano.

L’analisi di sostenibilità dei veicoli elettrici (EVSA)

L’adozione di mezzi elettrici può rappresentare una decisione complessa per le flotte. L’ EVSA di Geotabaiuta le aziende a costruire un modello di business per l’elettrificazione, fornendo una chiara visione, basata su dati reali, degli impatti ambientali ed economici. L’ultima versione include il rilevamento automatico della tipologia di veicolo per facilitare la selezione e il confronto tra i modelli.

L’EVSA elabora un piano personalizzato per l’elettrificazione della flotta, considerando l’idoneità dei veicoli da sostituire in base alle esigenze in termini di prestazioni, alle preferenze relative ai modelli e alle marche e alla disponibilità di stazioni di ricarica. Questo strumento, che è stato premiato come Sustainability Product of the Year e con il SEAL Business Sustainability Award 2024, consente in buona sostanza alle flotte di prendere decisioni consapevoli riguardo alla transizione verso l’elettrico.

Il sistema di monitoraggio della ricarica

Con il sistema di monitoraggio della ricarica dei veicoli elettrici le flotte possono infine ottenere una panoramica completa dello stato di carica dei propri mezzi, utilizzando funzionalità di avviso per accertarsi che siano pronti all’uso quando necessario. Ottimizzare la ricarica è essenziale per migliorare l’efficienza, ridurre i costi del carburante e massimizzare i benefici operativi dell’elettrificazione.

Fiducia nel contenere le emissioni (44,5%)

La società nordamericana ha poi svolto un’indagine tra i fleet manager europei sul tema del contenimento delle emissioni, con risultati contrastanti. Se infatti la maggior parte dei gestori flotte è fiduciosa di riuscire a raggiungere degli obiettivi di limitazione degli inquinanti nei tempi previsti (44,5%) o addirittura in anticipo sulla scadenza (31%), dall’altra i dati sulla produzione di CO2 risultano tra quelli meno considerati (29%) dagli intervistati che hanno adottato soluzioni di telematica.

«Con i nostri nuovi software – ha sottolineato Edward Kulperger, vicepresidente senior per l’Europa di Geotab – le flotte potranno concentrare al meglio i propri sforzi di sostenibilità, assicurando che tempo e risorse siano investiti nelle aree più impattanti per il raggiungimento degli obiettivi. In Europa, le flotte dotate di telematica OEM integrata possono inoltre beneficiare di soluzioni avanzate, grazie alle solide partnership con numerosi produttori automobilistici di rilievo, tra cui Volkswagen e Stellantis. I dati provenienti dai dispositivi telematici integrati dalle case produttrici sono infatti accessibili attraverso MyGeotab».

SIM M2M: la soluzione affidabile e scalabile per il tracking dei mezzi di trasporto

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In un’epoca in cui la digitalizzazione e la connettività sono sempre più diffuse, le SIM M2M (acronimo di Machine to Machine), ovvero speciali SIM card progettate per facilitare la comunicazione diretta tra dispositivi attraverso una connessione Internet, sono diventate tra gli strumenti più interessanti per le aziende di autotrasporto. Queste particolari SIM, infatti, rappresentano la chiave per sbloccare una serie di opportunità inedite nel campo della connessione dei dispositivi di tracking dei mezzi e delle flotte, monitorandone posizione e parametri in totale affidabilità.

Si tratta di soluzioni particolarmente indicate per il settore anche perché, potendo contare sulle reti di più provider, si connettono al miglior segnale disponibile in un dato momento, a prescindere dal Paese in cui il mezzo sta circolando.

Funzionalità delle SIM M2M nei dispositivi di tracking

In particolare, i dispositivi di tracciamento utilizzano le SIM M2M per monitorare parametri come la posizione, la velocità, il consumo di carburante e le condizioni operative dei veicoli. Attraverso la rete cellulare, queste SIM inviano dati a piattaforme in cloud che analizzano e interpretano tali informazioni, permettendo agli operatori di gestire e ottimizzare l’intera flotta da remoto.

Tali soluzioni, grazie alla connessione delle SIM M2M, comportano una serie di vantaggi:

  • Connettività continua: le SIM M2M permettono una trasmissione ininterrotta dei dati, anche in aree con copertura limitata, grazie al roaming multi-operatore: caratteristica che permette di avere continuità anche da Paese a Paese.
  • Monitoraggio dei veicoli più efficiente: i gestori delle flotte possono monitorare lo stato e la posizione dei veicoli in tempo reale, ottimizzando l’utilizzo delle risorse. Le SIM M2M forniscono dati continui sulla posizione e lo stato dei veicoli, migliorando l’efficienza logistica, riducendo i costi operativi e ottimizzando i percorsi di consegna.
  • Scalabilità: la connessione tramite SIM M2M consente di scalare rapidamente le risorse, garantendo che i sistemi di gestione della flotta possano crescere insieme all’azienda. Possono essere quindi utilizzate in flotte di qualsiasi dimensione, permettendo ai gestori di ampliare facilmente il numero di dispositivi monitorati, e di condividere il traffico acquistato tra le SIM tramite il Pool Boundle (basket dati condiviso).
  • Resistenza: le SIM M2M, specie nella loro versione «Industrial Grade», sono progettate per essere più durevoli rispetto alle SIM tradizionali, in modo da funzionare in ambienti ostili, come temperature estreme o costanti vibrazioni, fattori spesso presenti nel settore dei trasporti.
  • Manutenzione predittiva: grazie alla trasmissione dei dati sulle condizioni del veicolo, come vibrazioni o temperatura del motore, è possibile identificare problemi tecnici in anticipo, attivando interventi di manutenzione preventiva per evitare guasti costosi e ritardi.
  • Sicurezza: i dispositivi di tracking, con una connessione tramite SIM M2M, migliorano la sicurezza, permettendo di localizzare i mezzi rubati e di monitorare comportamenti di guida rischiosi (come frenate brusche o velocità eccessiva).
  • Efficienza energetica: monitorare il consumo di carburante e l’efficienza del veicolo consente di ottimizzarne i consumi, riducendo l’impatto ambientale e i costi operativi.
  • Protezione dei dati: la connessione tramite SIM M2M garantisce la sicurezza dei dati con backup multipli.
  • Mitigazione dei rischi migliorata: le funzionalità avanzate di monitoraggio e reporting aiutano a mantenere la conformità normativa e a proteggere dalle minacce informatiche.
  • Miglioramento delle relazioni con i clienti: l’automazione e l’integrazione dei dati semplificano le operazioni, garantendo consegne puntuali e una maggiore soddisfazione del cliente.
  • Tecnologia sempre in miglioramento: con l’avvento della tecnologia 5G, l’utilizzo delle SIM M2M nei dispositivi di tracking diventa ancora più efficace, grazie alla maggiore larghezza di banda, velocità di trasmissione dei dati e latenza ridotta. Questo consente un ulteriore perfezionamento delle soluzioni di monitoraggio e controllo remoto, ampliando le capacità di gestione della flotta e migliorando l’automazione dei processi.

È chiaro che affidarsi a un provider solido, per le SIM M2M, risulta fondamentale, al fine di evitare eventuali interruzioni di connessione dovuti a cambi negli accordi coi provider (possibilità concreta nel caso di operatori virtuali) e ritardi nell’assistenza. Per questo, la soluzione migliore è affidarsi ad aziende che fanno affidamento a provider proprietari di reti. Tra queste citiamo, ad esempio, SIMweb, azienda italiana che si affida al provider KPN, storica telco olandese con una consolidata divisione dedicata al settore IoT.

La rete di KPN può contare su accordi con oltre 600 provider nel mondo per il roaming, che viene offerto in modalità no-steering, il che vuol dire che le SIM si connettono sempre al segnale con la maggior potenza, senza nessun altro criterio di preferenza. Allo stesso tempo, SIMweb è in grado di offrire un’assistenza focalizzata sul cliente anche nell’assistenza nella configurazione dei dispositivi e nella risoluzione dei problemi tecnici, fattore fondamentale nel settore dei trasporti, dove saper intervenire in maniera tempestiva, e anche da remoto, è fondamentale.

Per ulteriori info: https://www.simweb.site/ 

Cresce la partnership Arix-Chep: quando il pallet pooling fa pulizia degli sprechi

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«Share, repair and reuse». I tre verbi angolari dell’economia circolare – condividere, riparare e riutilizzare – sembrano cucirsi addosso alla logica del pallet pooling che Chep porta avanti da anni e che le ha consentito di stringere con Arix una partnership proficua, scoccata nel 2013 e che ora compire ulteriori passi in avanti. Ma facciamo prima le presentazioni. Arix è un’azienda italiana presente sul mercato della pulizia domestica e professionale. Per tingere di verde questa attività ha fatto ricorso alla plastica riciclata per le setole delle scope molto prima che si parlasse di transizione ecologica e ha lanciato una linea – Tonkita We Like Green – tutta basata su strumenti prodotti tramite riciclo e quindi riciclabili.

Naturale, quindi, il suo incontro con Chep, società specializzata nel pallet pooling, vale a dire in quel sistema che solleva produttori e trasportatori dalla gestione dei bancali, proponendoli in noleggio e preoccupandosi della loro movimentazione.

Quando si incontrano, undici anni, si accorgono di parlare una lingua molto simile e così iniziano a collaborare a testa bassa procedendo per step. L’ultimo, quello registrato nel corso dell’ultimo anno, propone numeri considerevoli:

  • 12.300 kg di emissioni di CO₂ evitate
  • 987 kg di rifiuti prodotti in meno (a spanne sono quelli che 758 di noi umani produciamo in un giorno)
  • 10.556 dm³ di legno risparmiati

Ma non ci si ferma. L’obiettivo è quello di far lievitare questi numeri fino ad arrivare a tagliare:

  • la CO₂ fino a 90.000 kg
  • la produzione di rifiuti fino a oltre 7.000 kg
  • il ricorso a risorse naturali quali il legno fino a oltre 70.000 dm3 incrementando il lavoro sul risparmio della materia prima
Valentina Monti, Responsabile Trasporti e Dogane di Arix

I commenti delle interessate

Fin qui i freddi numeri. Ma tutto ciò tradotto sul piano operativo, equivale a incrementare – come spiega Valentina Monti, Responsabile Trasporti e Dogane di Arix – l’approccio collaborativo con cui ottimizzare della Supply Chain per «sviluppare maggiormente i volumi di merce movimentata su Chep». Inoltre, Monti ricorda che è stato «già avviato un tavolo di lavoro per valutare nuove sinergie future sul fronte del trasporto collaborativo che ci permetterà di ridurre ulteriormente le emissioni di CO₂».

Alessia Pascariello, Direttrice commerciale di Chep Italia

Anche Alessia Pascariello, Direttrice commerciale di Chep Italia, sottolinea come la logica collaborativa crescente, sancita anche a livello contrattuale, sia «il frutto di una visione comune e di un supporto mirato per dare valore aggiunto alla catena di fornitura. Il pallet pooling è una delle soluzioni alle sfide globali e ha ampi margini di crescita in Italia, dove i beni di largo consumo circolano maggiormente attraverso un sistema di interscambio dei pallet. Promuovendo l’uso condiviso dei pallet e il loro riutilizzo, il pooling è una concreta rappresentazione di economia circolare che garantisce un minor sfruttamento di risorse naturali»

«100 Numeri – Digital», uno sgabello per scrutare un orizzonte più lungo

Nell’era globale lo spazio è una dimensione sempre più relativa, il tempo sempre più velocizzata. Di fatto viviamo accelerati: mangiamo fast, ci vestiamo fast, ci informiamo fast. Un processo che restringe lo spazio della versione cartacea della notizia, ma a ben vedere relativizza anche quella digitale. Funziona ciò che è rapido, ciò che supera l’esame dello scrolling sullo smartphone, ciò che dura 60 secondi come un reel e si contiene in poche centinaia di caratteri come un post. Fatale il condizionamento che tutto ciò produce sui contenuti: difficilmente ciò che è veloce può essere anche approfondito. 

Questa nuova rivista, inviata via mail ogni mese e “appoggiata” in una sezione dedicata del nostro sito, vuole stabilire un compromesso: trovare il migliore equilibrio possibile tra il tempo e l’informazione analitica. E a tale scopo ha trovato una strada quasi obbligata: affidarsi ai numeri. Perché i numeri esprimono in un attimo un concetto, indicano una direzione, fotografano un trend. Sono estremamente sintetici, eppure riccamente suggestivi. Per certi versi sono uno sgabello con cui conquistare una visione più lunga dell’orizzonte.

E poi fanno parte della storia di Uomini e Trasporti, che ha già archiviato quattro edizioni biennali di un volume statistico («100 Numeri per capire l’autotrasporto»), apprezzato dagli operatori del settore perché li ha messi in condizione di guardarsi allo specchio e di potersi muovere sul mercato con maggiori consapevolezze.

Questa rivista non è soltanto la sua filiazione digitale, ma rappresenta anche una sorta di palestra in cui i numeri si irrobustiscono e le tendenze prendono una forma più delineata. Insomma, è un varco da cui osservare un divenire.

COME ORDINARE I 100 NUMERI
Per ordinare la versione 2024 del volume «100 Numeri per capire l’autotrasporto» scrivi a:
redazione@uominietrasporti.it

5,14 ore: è il tempo di attesa media di un camion al carico/scarico

Di persone disposte a fare l’autista ce ne sono poche. Le ragioni di questa distanza sono tante, ma forse non viene sufficientemente considerato un fattore: ogni giorno mediamente un camion attende 5,14 ore per riuscire a caricare o a scaricare la merce. I numeri, raccolti tramite la banca data Districò del Gruppo Federtrasporti, prendendo in esame 95 mila giornate lavorative, sono freddi. Ma come vi sentireste se foste costretti per essere accolti in un ufficio a fare un’anticamera per più di mezza giornata? Cosa provereste se, intrapresa una carriera perché desiderosi di guidare un veicolo, poi per la maggior parte delle giornate lavorative foste costretti a girare i pollici più che il volante? E parliamo soltanto di una delle tante conseguenze devastanti generate dall’attesa sulla psicologia dell’autista. Poi bisognerebbe quantificare anche il mancato fatturato prodotto dall’attesa sui bilanci delle aziende. Tre anni fa Uomini e Trasporti lo quantificò in circa tre miliardi

Ma stiamo al presente, anche perché paradossalmente è più fosco rispetto al passato. Lo dicono i numeri: il tempo di attesa che nello scorso triennio si attestava a 4,35 ore, nel corso del 2024 è addirittura aumentato di ben 40 minuti, salendo alla soglia delle 5,14 ore. Le ragioni di questo incremento dell’attesa possono essere tante, ma di certo alcune le principali appaiono:
1) i rallentamenti infrastrutturali dovuti ai tanti interventi manutentivi e costruttivi in corso;
2) le problematiche legate agli accessi nei porti che, in particolare in Liguria, sembrano aggravate rispetto a qualche anno fa;
3) il funzionamento troppo statico e poco flessibile degli slot di prenotazione per il carico e scarico, nel senso cioè che questa semplice soluzione digitale che fissa in anticipo il tempo obbligato in cui presentarsi per caricare e scaricare il camion, lasciando una finestra di tolleranza abbastanza ridotta, finisce per scontrarsi con i tanti imprevisti e le tante variabili che si incontrano viaggiando per strada.
Come si vede, quindi, sono tre fattori in qualche modo circolari, perché le code dovute ai cantieri poi per un verso accentuano le difficoltà di accedere ai porti, per un altro rendere meno efficiente il sistema di prenotazione on line.

Andiamo ad analizzare il resto dei numeri con una chiave comparativa con il passato.

Faccio l’autista, ma per lo più attendo

Un autista inizia mediamente a lavorare poco dopo le 6 del mattino (di media, perché il 46% in realtà parte prima di quest’ora) e termina intorno alle 17.30. Per essere più precisi, nel triennio precedente si iniziava un quarto d’ora prima e si terminava la giornata lavorativa 6 minuti dopo. Quindi, aveva un impegno di una ventina di minuti superiore. In ogni caso sempre sopra alle 11 ore. È un arco temporale straordinariamente lungo, sia se rapportato alla guida effettiva, che dovrebbe essere il “cuore” dell’attività di un autista, che era ridotta a 6,49 ore nel triennio scorso e oggi scivola a 5,50 ore. La distanza tra «guida» e «attesa» si riduce ormai a circa una mezzoretta.

Da 444 a 336 km: il crollo delle percorrenze medie giornaliere

Lo scorso triennio aveva un dato particolarmente positivo, riferito ai chilometri medi giornalieri, che erano 444, percorsi grazie a una velocità media passata di 61,18 km/h. Merito per lo più di una contingenza molto particolare, creatasi nell’anno 2022, quando, in un momento post pandemico, l’autotrasporto spinse clamorosamente sull’acceleratore perché per la prima volta la domanda di trasporti, rimbalzata dopo il covid, era superiore all’offerta, gravata per di più dalla fuga di tanti autisti dal settore (quelli di cui parla in questo numero Laura Broglio nella sua rubrica video) e dai tempi di consegna dei veicoli esageratamente allungati. Ma quei 444 km nel 2024 sono diventati una sorta di miraggio, visto che con un crollo verticale di produttività di ben il 24,3 % oggi la percorrenza media di un camion si ferma a 336 km. E la ragione è stata già anticipata: le code, i cantieri, i rallentamenti delle rete sono evidenti nella velocità media, scesa di quasi l’11% fino agli attuali 55 km/h.

Un terzo degli autisti sceglie il riposo ridotto per «rincorrere» le attese

Ma i condizionamenti più faticosi per la qualità del lavoro dell’autista derivano da altri numeri. Il primo è 36,49% e rappresenta la percentuale di coloro che, nella loro organizzazione lavorativa, osservano un riposo ridotto. In pratica, più di un terzo degli autisti malgrado abbia la possibilità di osservare nell’arco delle 24 ore un riposo regolare di 11 ore, si accontenta di quello ridotto per tre volte tra due riposi settimanali proprio perché deve rincorrere il tempo perso nel corso delle attese.

Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, biglietto da visita

Descrizione generata automaticamente

Se l’attesa si «mangia» la pausa pranzo

Il secondo riguarda la percentuale di conducenti che, invece di pranzare in trattoria o in un’area di servizio (questi ultimi, ormai, sono meno del 5%), si porta il cibo da casa. I dati Federtrasporti raccolti nel 2010 contenevano questo numero al 19%. In un successivo rilevamento, effettuato nel 2018, la stessa percentuale era già salita oltre il 30%, mostrando un trend che tutto lascia presupporre che, al momento attuale, per ragioni essenzialmente economiche, abbia superato anche il 50%. Ma ancora più interessante è il fatto che almeno un autista su quattro, vale a dire il 25%, salta il pranzo o lo consuma mentre guida. E anche qui è evidente che l’attesa prolungata al carico/scarico finisce letteralmente per “mangiarsi” la pausa pranzo, che molti decidono di cancellare nel tentativo di correre alla ricerca del tempo perduto.

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