Il tema di oggi riguarda il diritto di sciopero e quali siano i limiti entro cui possa operare per essere considerato legittimo. Si tratta di un argomento estremamente delicato e discusso e certo non possiamo darne un giudizio definitivo in questo articolo. Ma, per provare quantomeno a esaminarne alcuni aspetti, ci siamo rifatti a un interessante articolo pubblicato sul suo blog da Mario Sassi, direttore generale del CFMT (Centro studi, ricerche e formazione per i manager del terziario), che ringraziamo anticipatamente.
IL FATTO
La vicenda di cui ci occupiamo ha inizio a fine 2021, quando la cooperativa LGD, subappaltatrice per il gruppo Brivio&Viganò Logistics nella gestione di magazzino dei depositi Unes di Truccazzano e Vimodrone (Milano), annuncia il licenziamento di 40 suoi lavoratori. Il provvedimento era arrivato dopo uno stato di agitazione di diverse settimane indetto dal sindacato Si Cobas basato, a detta dei rappresentanti dei lavoratori, da ammanchi sullo stipendio e da alcune sospensioni cautelari dal lavoro. L’azienda aveva dichiarato che queste accuse erano false e aveva fornito prove della mancanza di irregolarità alla cooperativa, che per questo aveva provveduto ai licenziamenti. Da qui era cominciata una lunga catena di scioperi da parte del sindacato autonomo, con il blocco di merci e persone e anche scontri con la polizia. In particolare, tra il 19 agosto e il 14 settembre e dal 15 ottobre all’11 novembre 2021, a Trucazzano gruppi di manifestanti avevano sbarrato l’accesso a autocarri e merci destinati a Unes. Un atteggiamento che azienda e cooperativa avevano ritenuto illegittimo, per cui LGD aveva fatto ricorso al tribunale.
LA PRIMA DECISIONE
Il 17 ottobre Daniela Cardamone, gip del Tribunale di Milano sez. penale, pronuncia la prima sentenza sulla vicenda, con cui archivia il procedimento penale contro 32 lavoratori e militanti del Si Cobas (tra cui 4 componenti dell’esecutivo nazionale). Una decisione commentata con grande enfasi da parte del sindacato, che la definisce un vero e proprio vademecum sull’esercizio reale (e non solo simbolico) del diritto di sciopero, «da utilizzare e sbandierare ogni qualvolta le forze dell’ordine provassero a sgomberare con la forza un picchetto per tutelare i profitti e svolgere il loro ruolo di cani da guardia dei padroni».
LA SECONDA DECISIONE
Ma questa teoria viene clamorosamente smentita il successivo 21 dicembre. LGD, insieme a Assologistica e Federdistribuzione, ricorre infatti ai giudici della sezione Lavoro di Milano, chiedendo non solo di accertare l’illecito comportamento dei lavoratori e di confermare i licenziamenti degli operai in agitazione per giusta causa o giustificato motivo, ma soprattutto di definire «pienamente legittimo sul piano civile, penale e sindacale il comportamento tenuto da LGD nei confronti di Si Cobas».
A sua volta il sindacato decide di non rivendicare le forme di lotta messe in atto e nega di avere responsabilità nella vicenda, affermando di aver dato disposizioni ai lavoratori affinché fosse organizzato un «picchettaggio persuasivo», senza bloccare mezzi o persone. Secondo il legale del Si Cobas, in altri termini, «la presenza davanti alla fabbrica dei lavoratori, i quali si limitano alla semplice ostruzione dei cancelli dello stabilimento con la loro presenza fisica, senza porre in atto condotte minacciose o violente nei confronti di cose o persone, non può integrare il reato di violenza privata».
I filmati e le testimonianze prodotti dall’azienda in aula dimostrano peraltro che quel confine è stato abbondantemente superato, smentendo la versione del sindacato. Per questo il giudice Franco Caroleo capovolge la sentenza e condanna il Si Cobas. Durante uno dei blocchi – si legge nelle carte del Tribunale – i manifestanti avevano impedito «lo scarico e carico della merce anche al di fuori del perimetro della piattaforma, rendendo necessario l’intervento della polizia». Inoltre, sempre per impedire l’accesso dei camion alle piattaforme, avevano anche ostruito la carreggiata con reti e nastri da cantiere, ostacolando la circolazione nelle strade adiacenti il magazzino.
LE CONSEGUENZE
Il Tribunale del lavoro, dunque, ha sì ritenuto «legittimo il comportamento dello scioperante che muova critiche o rimproveri a chi abbia rifiutato di aderire all’agitazione», ma ha contemporaneamente sostenuto che sia «estraneo all’ambito di esercizio del diritto di sciopero, in quanto lesivo del diritto del datore di lavoro a svolgere l’attività di impresa, il cosiddetto blocco delle merci». Blocco che «deve essere attribuito al Sindacato Cobas, in considerazione del significativo contributo dei suoi rappresentanti, senza mai attuare specifiche azioni per opporsi o dissociarsi».
Caroleo ha quindi confermato «l’illiceità del comportamento posto in essere dal Sindacato Intercategoriale COBAS con riferimento ai blocchi di causa effettuati presso le piattaforme logistiche di Truccazzano, Vimodrone e Pozzuolo Martesana».
Ovviamente la vicenda non termina qui e con ogni probabilità affronterà altri gradi di giudizio.
I COMMENTI
Una piccola postilla. Nel periodo degli scioperi, a livello extragiudiziale, il comportamento del sindacato era stato aspramente criticato da FAI-Conftrasporto. «L’Azienda Brivio & Viganò, fra le più importanti società di autotrasporto e logistica del nostro Paese – spiegava la FAI in una nota – opera da sempre nel massimo rispetto della legalità, applicando le normative dello specifico contratto del settore trasporti e logistica. Stesso impegno da parte di LGD che da sempre ha garantito il pieno rispetto del CCNL nella gestione del proprio personale. I continui blocchi in atto, oltre una ventina negli ultimi 3 mesi, stanno provocando gravissime ripercussioni sull’attività dell’azienda, creando situazioni che stanno mettendo a repentaglio la sicurezza e i posti di lavoro di centinaia di dipendenti. A fronte dell’ennesima situazione di blocco dell’azienda ad opera di manifestazioni illegittime e che rappresentano una palese violazione della legge, si chiede un intervento di Questura e Prefettura, affinché si trovino soluzioni a questo problema ormai insostenibile».
Inoltre l’ex senatore, Pietro Ichino, tra i massimi giuslavoristi d’Italia e avvocato della cooperativa LGD, aveva dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano che «l’obiettivo reale del Si Cobas era ed è quello di eliminare la LGD come operatrice nel settore». Questo, secondo Ichino, per indurre «le committenti, e in particolare Unes, ad avvalersi di appaltatrici più disposte ad accogliere le sue richieste di esenzione di parte delle retribuzioni, indennità varie e premi di produzione, da imposizione fiscale e contributiva».
Il paradosso – concludeva l’avvocato – è che con l’accusa di qualche irregolarità in singole buste-paga, risultata inesistente, si maschera il reale obiettivo del Si Cobas, che è quello di ottenere una irregolarità e non trasparenza generale e sistematica».