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Cassazione, per provare l’ubriachezza non è necessario l’alcoltest

La sentenza della Corte Suprema sancisce che per stabilire lo stato di ebbrezza di un conducente possono essere sufficienti le testimonianze degli agenti, l'odore di alcol e l'incapacità di autocontrollo. Ma l'etilometro non andrà in pensione

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Una recentissima sentenza della Cassazione2 giugno 2024 – ha attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica su un tema di grande rilevanza come quello della guida in stato di ubriachezza.
Si tratta di una decisione del tutto originale che, come vedremo, riguarda un automobilista, ma per similitudine potrebbe essere applicata anche a conducenti di veicoli pesanti o commerciali.

IL FATTO

La vicenda risale allo scorso luglio, quando un automobilista bresciano aveva causato un incidente mentre era ubriaco al volante, rifiutandosi però, all’arrivo degli agenti, di sottoporsi all’alcoltest. Condannato in primo grado, era ricorso in appello ma la Corte di Brescia aveva confermato il giudizio di colpevolezza con sei mesi di arresto e 1.500 euro di ammenda (con la sospensione condizionale della pena), oltre la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza alcolica.
Il condannato aveva nuovamente presentato ricorso in Cassazione, puntando sul fatto che gli accertamenti effettuati dai medici su richiesta della polizia giudiziaria non fossero utilizzabili, perché non risultava che all’indagato fosse stato consegnato l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore. Inoltre, secondo la difesa, i giudici avevano sbagliato nel ritenere provata la sussistenza dello stato di ebbrezza, supponendo che il tasso alcolemico avesse superato la soglia stabilita dal Codice della strada sulla base delle sole dichiarazioni degli agenti intervenuti. Secondo il ricorrente, infatti, in assenza di dati tecnici obiettivi, non è possibile stabilire in termini certi il livello di alcol effettivamente presente nel sangue al momento dei fatti. Non basterebbero cioè elementi sintomatici per ritenere superata la soglia di legge come quelli riferiti dai testimoni, ovvero la presenza di uno stato confusionale, gli avvenuti urti dell’auto contro il cordolo del marciapiede e la mancata risposta alle sollecitazioni degli agenti.
Per gli stessi motivi, risulterebbe anche illegittima la revoca della patente di guida, «non risultando comprovato da accertamenti tecnici obiettivi l’intervenuto superamento della soglia alcolica di 1,50 g/l normativamente richiesta per la sua applicazione».

LA DECISIONE

Ma la Corte Suprema – con una decisione sotto certi aspetti rivoluzionaria – non è stata di questo parere e ha accolto la richiesta del procuratore generale di rigettare il ricorso in quanto manifestamente infondato e di conseguenza improponibile.
Secondo il collegio giudicante, la sentenza è lineare, congrua e priva di contraddizioni evidenti. In primis lo è per motivi formali. È infatti inammissibile il ricorso che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto d’appello e respinti con motivazioni in secondo grado. In altri termini, se il motivo del ricorso in sede di legittimità si limita a ripetere quando già chiesto al giudice precedente, riproponendo le medesime argomentazioni, non si pone in maniera critica rispetto alla decisione che ne forma oggetto, ma solo a quella del grado precedente, così da giustificare la conseguente pronuncia di inammissibilità della censura.
Ma il ricorso non può essere accolto – dice la Corte – anche per motivi sostanziali. «La doglianza eccepita – si legge nella sentenza – circa l’illegittimità della motivazione con cui è stata desunta da meri dati di fatto riferiti da testi l’avvenuto superamento della soglia di tasso alcolemico… riguarda la sola interpretazione delle prove assunte e quindi è questione non passibile di valutazione in questa sede».
Inoltre – e questa è la parte più significativa del giudizio – «poiché l’esame strumentale non costituisce una prova legale, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base a elementi sintomatici per tutte le ipotesi del reato previste dal Codice della strada (art. 186, guida in stato di ebbrezza), qualora vengano oltrepassate le soglie superiori e sempre che la decisione sia sorretta da congrua motivazione».
Perciò, in assenza di un valido esame alcolimetrico (alcoltest), il giudice può trarre il proprio convincimento sulla sussistenza dello stato di ebbrezza «dalla presenza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici». Nel caso in esame, i giudici d’appello hanno giustamente individuato – a parere della Cassazione – questi elementi nello stato comatoso e di alterazione del guidatore alla vista degli agenti, «certamente riconducibile a un uso assai elevato di bevande alcoliche superiore alla soglia, per come si evince dalla riscontrata presenza di un forte odore acre di alcol nonché dalla assoluta sua incapacità di controllare l’auto in marcia e di rispondere alle domande della polizia».

LE CONSEGUENZE

L’effetto della sentenza degli Ermellini è particolarmente incisivo e deflagrante: l’alcoltest non è più indispensabile per provare lo stato di ubriachezza di chi è al volante. D’ora in avanti saranno sufficienti anche «elementi obiettivi e sintomatici», come appunto le testimonianze degli agenti di polizia, l’odore dell’alcol o anche l’incapacità di chi è alla guida di rispondere.
Insomma, l’alcoltest non sarebbe più necessario a verificare che il tasso alcolemico superi la soglia consentita di 1.5, passando da un dato oggettivo – la rilevazione dello stato alcolico con lo specifico dispositivo – a una valutazione soggettiva (lo stato comatoso e di alterazione riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche, l’odore di alcol o l’incapacità di autocontrollo).
La decisione della Corte Suprema potrebbe quindi aprire la strada a una serie di condanne senza accertamenti clinici e obiettivi, basate sulle sole testimonianze degli agenti e sulla loro percezione dello stato di alterazione del guidatore.
Ma questo significa che l’alcoltest non è più utilizzabile? Assolutamente no. Infatti, la sentenza si riferisce al superamento della soglia di 1,50 grammi per litro, cioè quei casi in cui è palese lo stato di ebbrezza. Con valori inferiori è più difficile che risulti così evidente la mancanza di lucidità e perciò si continuerà a utilizzare il “palloncino”.
Inoltre, il nuovo Codice della strada, approvato alla Camera e ora in attesa del via libera al Senato, prevede ancora l’uso dello strumento, che anzi sarà obbligatorio per chi è già stato condannato per guida in stato d’ebbrezza. Infine, la riforma prevede anche l’introduzione dell’alcolock, ovvero di quel dispositivo che non fa partire il veicolo se il guidatore ha bevuto, svolgendo in sostanza la funzione di un piccolo etilometro.

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