Lo spazio Schengen a quarant’anni dalla sua nascita presenta sempre più buchi. Il trattato che lo ha istituito, siglato nel 1985, doveva servire a rimuovere le frontiere interne tra 29 paesi europei, 25 dei 27 dell’Unione tranne Irlanda e Cipro, con l’aggiunta di Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtestein. Per il trasporto merci la sua nascita è stata una manna dal cielo, perché consente di risparmiare il tempo che si perde nei controlli alle frontiere. E il tempo – si sa – equivale a denaro. Ma oggi le ragioni economiche vengono sopraffatte dai timori suscitati dall’immigrazione irregolare nelle popolazioni, che la politica tenta di sedare proprio ristalendo i controlli. Metodo promesso anche dal vincitore delle elezioni tedesche, il leader della CDU Friedrich Merz, che per cercare di frenare emorragie elettorali verso partiti dell’ultradestra ha promesso di rialzare i confini Schengen per frenare gli attraversamenti illegali.
I confini in cui avvengono i controlli
Non si tratta comunque di casi isolati, né eccezionali. Nell’accordo di Schengen, infatti, era già previsto che in momenti di emergenza di potessero rimettere le chiavi alle frontiere, seppure per un periodo massimo di sei mesi. E ci si appellò a questa clausola anche durante l’emergenza covid. Oggi però la situazione sta andando fuori controllo, tanto che ci sono dieci paesi che “si sentono in emergenza”. Passiamo in rassegna:
Germania: fino al 15 settembre 2025 si controllano tutti i confini dello Stato.
Bulgaria: fino al 30 giugno 2025 si controlla il confine con la Romania.
Slovenia: fino al 21 giugno 2025 si controllano i confini con Croazia e Ungheria
Italia: fino al 18 giugno 2025 si controlla il confine con la Slovenia.
Austria: fino all’11 maggio 2025 si controllano i confini con Ungheria e Slovenia.
Paesi Bassi: fino all’8 giugno 2025 si controllano i confini aerei con Belgio e Germania.
Norvegia: fino all’11 maggio 2025 si controllano i collegamenti in traghetto verso paesi Schengen.
Danimarca: fino all’11 maggio 2025 si controllano i confini anche marittimi con la Germania.
Francia: fino al 30 aprile 2025 si controllano i confini con Belgio, Lussemburgo, Germania, Svizzera, Italia e Spagna.
Svezia: fino all’11 maggio 2025 si controllano tutti i confini interni.
Il tempo perso e una stima dei danni
Ristabilire i controlli, però, non equivale a ripristinare i varchi di frontiera. Più semplicemente significa effettuare verifiche mobili e temporanee che comunque creano disagi e code, tanto che è frequente che lungo alcune direttrici il traffico commerciale si sposta da una strada all’altra proprio per non perdere tempo. Cosa che è avvenuta per esempio al confine tra Germania e Paesi Bassi lungo la A1, dove i rallentamenti creati dalle ispezioni, che durano mediamente tra i 15 e i 30 minuti, ha indotto molti conducenti a preferire la più scomoda ma più scorrevole N35.
Rimane l’interrogativo di fondo: quanto costerebbe ristabilire le frontiere interne nell’area Schengen? È una domanda che nel 2016 si pose anche la Commissione europea, che cercò di rispondere con un apposito studio da cui emergeva che il costo diretto ammonterebbe a una cifra che si aggira tra i cinque e i diciotto miliardi di euro all’anno. Ma oggi, c’è da giurarci, sarebbero anche molti di più.