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Ricozzi: “Per l’autotrasporto una politica industriale di ampio respiro che coinvolga istituzioni e committenza”

Una logistica collaborativa che però non può essere solo di iniziativa privatistica, ma deve nascere dalla politica e dalle istituzioni e puntare sulla semplificazione normativa, la digitalizzazione e la revisione degli incentivi statali. È questa l’indicazione di Clara Ricozzi, per molti anni a capo della direzione generale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, poi segretario generale della Consulta alla quale abbiamo chiesto di indicare le priorità per una nuova riforma dell’autotrasporto anche alla luce delle proposte uscite dal convegno organizzato dall’Università di Trieste per celebrare i 20 anni del D.lgs 286/2005

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Non è stata la mancanza di volontà politica a far naufragare l’azione messa in campo 20 anni fa con il D.lgs 286/2005 come ha sostenuto Paolo Uggè in un’intervista alla nostra testata in occasione del convegno organizzato dall’Università di Trieste. Anzi.  Secondo Clara Ricozzi, Direttore generale della direzione autotrasporto di persone e cose del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti all’epoca della riforma e successivamente segretario generale della Consulta: “La politica ha cercato di colmare le lacune che sono emerse alla prova dei fatti, ma non è bastato”. Ora è il tempo, secondo Ricozzi, di voltare pagina per immaginare una politica industriale di ampio respiro per un settore che in questi anni è cresciuto, si è strutturato, ma combatte ancora diverse incertezze e illegalità. Una politica che però abbracci istituzioni e committenza perché alla base – dice Ricozzi – ci deve essere collaborazione.  

Prima di tutto dobbiamo ricordare che la legge 32/2005, nata dall’intesa fra l’esecutivo e le principali associazioni dei vettori e dei committenti, delegava il Governo ad adottare decreti legislativi su tre diverse tematiche: la liberalizzazione regolata dell’esercizio dell’attività di autotrasporto di merci per conto di terzi; il riordino del Comitato centrale dell’Albo degli autotrasportatori e della Consulta per l’autotrasporto e la logistica, realizzato con il D.lgs 284; la liberalizzazione dell’esercizio delle autolinee di competenza statale, disposta con il D.lgs 285. La ratio che ha ispirato il d.lgs. 286 è stata principalmente l’esigenza di superare la disciplina della legge 298 del 1974 sulle tariffe obbligatorie a forcella, un sistema che si era rivelato di fatto inefficace: non aveva impedito l’applicazione di riduzioni della tariffa minima consentita dalla forcella e aveva distorto il mercato, generando una concorrenza esasperata fra vettori che offrivano tariffe non in grado di coprire i loro costi di esercizio, magari con la riserva mentale di rivalersi in un secondo momento sui committenti, con la richiesta delle differenze fra i prezzi praticati e le tariffe di legge. Per di più, gli uffici ministeriali sul territorio praticamente non effettuavano i controlli previsti dalla legge, se non su richiesta del vettore, proprio allo scopo di ottenere le differenze tariffarie.

Sicuramente restano validi i principi ispiratori: l’introduzione della libera concorrenza nel mercato dell’autotrasporto, purché compatibile con il rispetto delle regole in materia di sicurezza della circolazione e di sicurezza sociale. Come sappiamo, però, la persistente debolezza contrattuale dei vettori, con la conseguente “guerra tra poveri”, ha indotto il legislatore a intervenire più volte proprio per tutelare le imprese meno attrezzate nei confronti delle richieste dei committenti. Basti ricordare l’ormai celebre articolo 83 bis della legge 133/2008, nato dalla crisi del prezzo del gasolio, con il meccanismo di adeguamento automatico del corrispettivo dei contratti di trasporto, fortemente contestato dalla committenza industriale, da applicarsi in relazione alle variazioni del prezzo del gasolio. E poi, negli anni successivi, sempre sulla spinta delle associazioni dell’autotrasporto, troviamo ancora numerosi rimaneggiamenti del decreto 286: in primis, la legge 127/2010, che ha dettato le disposizioni in materia di tempi di pagamento e tempi massimi di attesa al carico e scarico delle merci, oggi ritenute insufficienti dalle stesse associazioni per garantire la regolarità del mercato. Ricordiamo che la legge 127 aveva anche tentato di introdurre i costi minimi di sicurezza, poi bocciati dalla Corte di giustizia europea e in qualche modo sostituiti dai “valori indicativi” di riferimento dei costi di esercizio dalla legge di stabilità 2015. Quest’ultima ha anche dettato la nuova disciplina della subvezione, finalizzata ad accorciare la catena del trasporto, prevedendo l’obbligo di limitarla a un solo passaggio. In sostanza, nel ventennio successivo alla riforma, la politica ha cercato di colmare le lacune che sono emerse alla prova dei fatti, ma evidentemente non è bastato: è mancata, infatti, l’effettiva incentivazione dei contratti stipulati in forma scritta e la concreta attuazione del principio di corresponsabilità di vettore, committente, caricatore e proprietario della merce trasportata. Inoltre, come è stato ricordato nel recente convegno di Trieste, aspetti qualificanti, quale per esempio la certificazione di qualità delle imprese di autotrasporto, meritano di essere confermati e rafforzati: sono fondamentali, a questo scopo, il confronto e la collaborazione fra vettori e committenti, che trovavano modo di svolgersi nella disciolta Consulta per la logistica. Oggi ritroviamo questa possibilità in iniziative di natura privatistica, come l’Osservatorio Transport Compliance Rating, dove sono presenti associazioni di autotrasportatori accanto a rappresentanze di rilievo della committenza, con il comune obiettivo di dar vita a una filiera etica e sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale, attraverso la condivisione dei valori di qualità, sicurezza stradale, sostenibilità, rispetto delle regole.   

Non parlerei di mancanza di volontà politica, ma piuttosto di carenze organizzative e insufficienza di risorse di personale da parte degli organi deputati ai controlli, sia per quelli su strada che interessano il rispetto delle regole in materia di sicurezza stradale, sia per quelli sulle imprese di autotrasporto e sul lavoro degli autisti. E mi sembrerebbe inverosimile, o quanto meno difficile da provare, un intervento della committenza mirato a impedire i controlli stessi. Vanno indubbiamente intensificate le verifiche congiunte fra Polstrada e ministero dei Trasporti, anche attraverso i Centri Mobili di Revisione sui mezzi pesanti, e va salutato con favore l’imminente acquisto di nuovi Centri. A questo riguardo, ferma restando l’attuale lista di controllo, sicuramente esaustiva, raccoglierei l’invito di ripristinare la scheda di trasporto (eliminata a suo tempo troppo frettolosamente), anche per contrastare un eccessivo ricorso alla subvezione. Inoltre, occorre una maggiore presenza degli ispettori del lavoro sul controllo dei tempi di guida degli autisti. 

Negli ultimi 10 anni, secondo i dati dell’Albo degli autotrasportatori, delle circa 99.000 imprese iscritte, quelle monoveicolari rappresentano circa il 22% e quelle con un parco veicolare da 2 a 5 veicoli arrivano al 32%, per un totale del 55% di micro e piccole imprese, mentre le «strutturate» sono meno dell’1%. Ciò significa che il settore si è andato rafforzando sotto il profilo della dimensione aziendale, ma che ancora sono pochi i players realmente in grado di stare sul mercato con un effettivo potere contrattuale. Questo giustifica in parte il permanere di un confronto sostanzialmente conflittuale delle associazioni di categoria con le istituzioni, allo scopo di ottenere regole di maggiore tutela delle imprese nei confronti dei committenti.

Occorre superare le forme di concorrenza al ribasso fra operatori logistici, che compromettono la sicurezza dei dipendenti e la qualità dei servizi. Si tratta, come sappiamo, di fenomeni particolarmente presenti in segmenti specifici, come le consegne in ambito urbano, dove troppo spesso si verificano forme di evasione fiscale e di vero e proprio caporalato, con inchieste che coinvolgono anche colossi della distribuzione. L’obiettivo della logistica etica, vale a dire trasparenza e regolarità del mercato, oltre alla sicurezza di coloro che vi lavorano, implica confronto e collaborazione, non solo fra gli organi di controllo, che pure sono essenziali, ma anche fra i diversi operatori a vario titolo interessati alla legalità dei contratti di trasporto e/o di logistica, e le loro organizzazioni rappresentative. A questo proposito, mi sembra interessante la recente iniziativa di alcune associazioni di vettori e committenti, di dar vita ad un “patto di filiera”, fondato sulla corretta applicazione del CCNL.    

L’obiettivo principale dovrebbe essere quello del rafforzamento strutturale del settore, che, senza demolire i principi della liberalizzazione regolata, tenga conto almeno di tre esigenze: la semplificazione della miriade di norme che complicano l’esercizio dell’attività, magari arrivando a una sorta di codice dell’autotrasporto; la logistica sostenibile, da perseguire attraverso il ricorso alla digitalizzazione e alla transizione ecologicala ridefinizione delle misure di sostegno e degli incentivi al settore, con una graduale eliminazione degli aiuti a pioggia, per far posto a sistemi in grado anche di favorire la competitività delle imprese italiane nel contesto europeo. Per far ciò, va messa allo studio una politica industriale di ampio respiro, che coinvolga le istituzioni pubbliche interessate (non solo il ministero dei Trasporti) e le organizzazioni associative dei settori economici coinvolti.

Certamente, ma non bastano iniziative private sul modello dell’Osservatorio TCR: la logistica “collaborativa” dovrebbe essere sancita a livello istituzionale. Non dico di resuscitare la Consulta della logistica, bensì di dar vita quanto meno a tavoli tematici: per esempio, penso a un tavolo di lavoro che, nell’ambito di una nuova politica industriale, si dovrebbe prefiggere l’obiettivo del superamento del sistema “franco fabbrica”, e nel quale far confrontare la committenza industriale e il comparto dell’autotrasporto e della logistica, con il supporto di professionisti esperti nei settori economici interessati.

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