Valore del tempo risparmiato per i collegamenti tra il Continente e la Sicilia: 7,7 miliardi, riduzione dei costi operativi: 270 milioni, risparmio delle emissioni clima alteranti: 2,5 miliardi. Ecco alcuni dei benefici che il ponte sullo Stretto porterà alla mobilità delle regioni interessate Calabria e Sicilia che poi si espanderanno a tutto il sistema paese, con ricadure importanti anche per la Lombardia e l’Emilia-Romagna per un totale di risultati positivi per più di 1,8 miliardi di euro con un rapporto costi benefici di 1,2. Questo è, in sintesi, l’impatto che il Ponte sullo Stretto sull’ecosistema economico e sociale italiano, calcolato in uno studio commissionato da Unioncamere Sicilia a Uniontrasporti e Openeconomics presentato oggi a Roma. “Il ponte sullo Stretto sarà un moltiplicatore di sviluppo per il Paese – ha detto il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini intervenuto all’evento – Contribuirà a migliorare la vita agli autotrasportatori con una rivoluzione culturale per tutta la Sicilia”. Infatti, secondo Alessandro Aricò, assessore alle infrastrutture della regione Sicilia, il costo del ponte (circa 13,5 miliardi) sarebbe ammortizzabile in due anni tenendo conto del gap infrastrutturale della Sicilia quantificato in 6 miliardi di euro all’anno.
Lo studio analizza, seguendo i principi guida dettati a tal fine dalla Comunità Europea, i costi e i benefici generati da una delle opere più importanti previste dal piano di investimenti infrastrutturali del Governo nell’ambito della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) e, in particolare, del completamento del corridoio “Scandinavo-Mediterraneo”, calcolando i vantaggi per il tessuto produttivo di tutta l’area, per la logistica, il traffico passeggeri e merci, al netto dei costi sostenuti dal sistema paese. Già durante la fase cantieristica l’opera sarà in grado di apportare un contributo di 23,1 miliardi al PIL, creare 36.700 posti di lavoro stabili e alimentare con 10,3 miliardi complessivi di euro le entrate fiscali nelle casse dello Stato. Sottopone inoltre l’opera ad un’analisi del rischio economico che è risultata positiva nel 70% dei casi, evidenziando un grado di rischiosità assolutamente non elevato, e comunque attenzionato.
“Oltre 70 anni fa, nell’agosto del 1953, la Camera di Commercio di Messina organizzò un convegno dedicato al Ponte sullo Stretto che, perorandone la necessità, chiamò a raccolta illustri personalità del mondo politico nazionale e regionale insieme a tecnici e ingegneri di fama internazionale – ha ricordato durante il convegno Ivo Blandina, nella sua triplice veste di presidente della CCIAA di Messina, vicepresidente vicario di Unioncamere Sicilia e presidente di Uniontrasporti. – Oggi le conoscenze scientifiche, le tecnologie, il crescente livello di infrastrutturazione del territorio, reso possibile dagli ingenti investimenti del Governo, e i tempi, che allora non erano forse ancora maturi, ci spingono a scartare l’opzione zero e a considerare seriamente i benefici che la realizzazione di questo collegamento stabile recheranno al tessuto sociale, economico e produttivo, non soltanto di Messina e della Sicilia, ma dell’intero sistema Paese. Lo studio presentato oggi – ha concluso Blandina – lo dimostra con efficacia. Quindi che tutto sia fatto nel pieno e ineludibile rispetto dell’ambiente e della sicurezza, ma che sia fatto.”
“Il Ponte rappresenta il ritorno alla realizzazione di un’infrastruttura nazionale dopo moltissimi anni dall’ultima, significativa infrastruttura realizzata: l’Alta Velocità”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “E’ il segnale di un Paese che non insegue più le logiche di manutenzione e di ammodernamento, peraltro necessarie, ma rappresenta la ripartenza di una comunità economica e sociale. Una comunità capace di progettare e realizzare nuove opere per garantire la crescita di un Paese, superando quella separazione geofisica di oltre 3 chilometri, che oggi costa alle imprese una sorta di dazio permanente”.
I benefici del cantiere
Nel corso del convegno è stato illustrato come l’analisi dell’impatto del cantiere abbia evidenziato la rilevanza dell’opera per l’economia italiana anche nel corso della sua realizzazione. Oltre a Calabria e Sicilia, direttamente interessate dalla costruzione, i maggiori benefici in termini di PIL si avranno in Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto grazie all’attivazione di catene di fornitura presenti sui relativi tessuti produttivi. Mentre saranno manifattura, costruzione e servizi alle imprese i settori maggiormente attivati dal maxi-cantiere, con un forte indotto indiretto sui servizi alle persone e quelli diretti alla Pubblica amministrazione. Già in questa fase il gettito di entrate fiscali atteso nelle casse dello Stato è pari a 10,3 miliardi di euro che si tradurranno in spese e servizi a favore della collettività.
L’impatto del ponte
A fronte di un investimento attualizzato pari a 9.083 milioni di euro, i benefici complessivi dell’opera a regime sono stati calcolati in 10.931 milioni di euro, con un valore economico netto (VANE) a favore del sistema paese pari a 1.848 milioni di euro.
Nell’analisi i costi di investimento e di gestione sono stati trasformati, in linea con quanto previsto dalle Linee Guida Operative europee, in costi economici attraverso l’utilizzo di «prezzi ombra» che depurano i valori finanziari dalle imperfezioni di mercato. Inoltre, tutti i valori – sia i benefici che i costi – sono espressi in valore attuale, tenendo cioè conto dell’effetto tempo, mediante l’applicazione di un tasso di sconto sociale del 3%, fissato dall’Unione Europea, spalmato nell’arco temporale dei trenta anni di gestione dell’infrastruttura da parte della Società Stretto di Messina.
L’analisi costi-benefici ha preso in considerazione, tra le diverse voci valutate, il valore del tempo risparmiato per l’attraversamento dello Stretto per passeggeri e merci, la riduzione dei costi operativi prodotto dal collegamento stabile, il risparmio di costi esterni dovuto all’abbassamento delle emissioni inquinanti, il valore delle opere di mitigazione e anche, come unico fattore negativo, l’aumento dell’incidentalità – oggi inesistente – dovuto all’utilizzo della modalità stradale rispetto alla navigazione marittima.