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Inchiesta Amazon Transport: ecco quando il caporalato digitale trasforma il padroncino in una società controllata

Secondo Massimo Campailla, avvocato dello Studio Zunarelli e docente all’Università di Trieste si applicherebbe l’articolo 2359 n. 3 del Codice civile che comporterebbe il controllo da parte della multinazionale sulle piccole realtà subappaltatrici in caso di dipendenza esclusiva dell’azienda più debole

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L’esclusiva contrattuale per le commesse dei trasporti, la cessione del logo, del veicolo, gli acquisti centralizzati e la minuziosa gestione del traffico da parte del committente portano a un controllo molto stringente di piccole realtà da parte di una grande multinazionale. In questo caso, la fattispecie configurata dalla magistratura penale quale eterodirezione o caporalato digitale che dir si voglia, potrebbe trasformare il rapporto anche sotto il profilo civilistico, facendolo fuoriuscire dallo schema di contratto di trasporto vettore-subvettore e riconfigurandolo come una dipendenza equiparabile a quella tra una società controllante e una controllata. A sostenerlo è Massimo Campailla (nella foto sotto), avvocato dello Studio Zunarelli e docente di diritto della Navigazione e dei Trasporti all’Università di Trieste, che aveva già descritto la nuova visione in un’intervista pubblicata nell’ultima edizione dei “100 numeri per capire l’autotrasporto – Tutte le spine della sostenibilità”, commentando quello che gli autori del volume hanno chiamato “franchising dell’autotrasporto”.  

Da padroncino a controllato

All’indomani della vicenda giudiziaria che vede imputata dalla Procura di Milano Amazon Transport proprio con l’accusa di eterodirezione dei corrieri per le consegne dell’ultimo miglio, abbiamo chiesto a Campailla di aiutarci a capire come possono evolvere i rapporti tra multinazionali e subappaltatori. 

“A livello civilistico – spiega Campailla – il controllo di una società su un’altra si può configurare non solo con la detenzione delle partecipazioni, ma in linea con l’articolo 2359 del Codice civile, anche con un’influenza contrattuale dominante che riduce al minimo l’autonomia del controllato, fino a configurarlo appartenente allo stesso gruppo. Al configurarsi di un simile contesto opera una presunzione di coordinamento e controllo della controllante sulla controllata, con una serie di conseguenze giuridiche di un certo rilievo, tra cui il rispetto di specifici obblighi di pubblicità e rendicontazione in capo alla controllata e, per la controllante, al ricorrere dei presupposti di legge, l’onere di redazione del bilancio consolidato e dichiarazione nel bilancio di sostenibilità delle emissioni delle società che si controllano. In caso contrario potremmo in taluni casi trovarci davanti a falso in bilancio o a operazioni di greenwashing”. 

La multinazionale responsabile in solido

Insomma, secondo il giurista, non ci sarebbero dubbi, la dipendenza economica del più debole pesa sul più forte, e in caso di difficoltà nei conti, o peggio di bancarotta, “il controllante potrebbe, in taluni casi, – ipotizza Campailla – anche subire delle conseguenze patrimoniali nel caso in cui risultasse confermata l’illecita delle condotte che sembrerebbe configurare la magistratura inquirente. Ferma restando la responsabilità patrimoniale della controllante nel caso in cui dovesse emergere che la direzione e coordinamento aveva profili di illiceità o, comunque, non era esercitata nell’effettivo interesse della controllata. Siamo davanti a nuovi complessi scenari – conclude il giurista – che andranno comunque verificati caso per caso”. Ma intanto i tribunali sono al lavoro su alcuni di questi. 

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