Ormai è risaputo: in base alle norme introdotte dal Pacchetto Mobilità, un autista di camion non può trascorrere in cabina il riposo lungo 45 ore. Ma un agente di polizia che ferma un autista può richiedergli un documento – per esempio, una fattura – che fornisca la prova che abbia dormito all’esterno del veicolo? A questa domanda ha provato a rispondere la Commissione europea tramite una nota esplicativa sull’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 8, del regolamento (CE) n. 561/2006, chiarendo che i controlli consentiti (quelli cioè indicati dall’articolo 36 del Regolamento (UE) n. 165/20142) riguardano i fogli di registrazione del tachigrafo (se è analogico) o le registrazioni e stampe manuali e della carta del conducente (se il tachigrafo è digitale). Non è possibile allungare questo elenco, così come non è possibile – in base all’articolo 34, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 165/2014 – imporre al conducente l’obbligo di presentare un modulo che attesti la sua attività.
Quindi, se un autista viene trovato durante il riposo all’interno della cabina, se cioè viene pizzicato nel momento stesso in cui non sta rispettando il divieto di effettuare il riposo settimanale regolare, può essere multato. Così come è possibile per le autorità di uno Stato membro controllare i precedenti riposi settimanali consumati in altri Paesi. Però, la possibilità di stabilire tale verifica non comporta la facoltà di richiedere all’autista un documento che dimostri dove ha trascorso il riposo, perché non esiste per questi un obbligo in tal senso.
È chiaro però che, laddove la legge nazionale di un paese riconosca la parola dell’autista come una prova valida per appurare la violazione del divieto di riposo in cabina, a quel punto è possibile emettere una multa giustificandola tramite l’ammissione orale.