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Aree di servizio: al palo la riorganizzazione dei carburanti in autostrada. Gestori sul piede di guerra  

Il Piano varato l’estate scorsa puntava rimettere a gara gli spazi per il rifornimento e la ristorazione, gravati oggi da pesanti royalties che fanno schizzare i prezzi e calare i consumi. Ma prima è intervenuta l’Autorità di regolazione dei Trasporti che ha sollevato il conflitto di competenza, poi Unem ha impugnato il provvedimento davanti al Tar del Lazio. I big dei carburanti non vogliono la proroga di due anni, in conflitto con i gestori degli impianti (Faib, Fegica e Figisc) che oggi in assemblea potrebbero proclamare alcuni giorni di sciopero

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È finito sotto un macigno di carte bollate, prima con il niet dell’Autorità per la regolazione dei Trasporti (ART) e poi con il ricorso davanti al Tar presentato dalle compagnie petrolifere riunite in Unem, il piano di razionalizzazione della rete di distribuzione del carburante in autostrada, varato con un decreto interministeriale Infrastrutture-Ambiente l’estate scorsa. E ora il conflitto potrebbe portare alla serrata degli impianti. Oggi, infatti, le tre associazioni dei gestori degli impianti (Faib, Fegica e Figisc), riunite in assemblea, potrebbero proclamare alcuni giorni di sciopero. 

Royalties alte, prezzi alle stelle e consumi in calo

La vicenda nasce nel lontano 2015 con il primo tentativo di razionalizzare gli impianti di distribuzione carburante e ristorazione in autostrada. Un sistema che attualmente è gestito direttamente dalle concessionarie autostradali che, attraverso gare d’appalto, danno in subconcessione alle compagnie petrolifere la gestione degli spazi. Qui subentra un ulteriore passaggio con le major petrolifere che affidano la gestione degli impianti a terzi. Parliamo di una rete di oltre 450 aree di servizio che negli anni ha perso attrattività, appesantita da margini sempre più ridotti nonostante i prezzi dei prodotti (carburanti e panini) alle stelle. Il dito è puntato contro le royalties che i concessionari autostradali richiederebbero in cambio della gestione alle compagnie petrolifere che, a loro volta, riversano sui prezzi finali. Il risultato? Queste aree di sosta perdono di competitività, i consumi calano a picco e così i fatturati dei gestori finali.

Il tentativo di razionalizzazione

Il decreto approvato questa estate (“Piano di ristrutturazione della rete delle aree di servizio presenti sui sedimi autostradali”, decreto interministeriale n. 181 del 5 luglio 2024 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) puntava ad aggiornare il piano di ristrutturazione della rete delle aree di servizio, introducendo nuovi criteri per la selezione degli operatori. Tra questi, anche l’innalzamento del livello del servizio all’utenza a prezzi congrui. Il piano, che non conteneva misure specifiche per gli autotrasportatori o per il parcheggio dei mezzi pesanti, invece prevedeva misure per la sostenibilità ambientale, per i carburanti alternativi e alcuni standard per il comfort di tutte le tipologie di utenti. Il tutto da realizzare nell’arco di due anni: una sorta di proroga delle subconcessioni. 

Tutti contro tutti

Contro il provvedimento dapprima è intervenuta l’Art sollevando il conflitto di competenza sulla regolazione del mercato (e quindi di appalti e subappalti) in ambito infrastrutturale, poi è arrivato il ricorso al Tar del Lazio da parte di Unem (ex Unione Petrolifera) con l’impugnazione solo dell’articolo 11.1 “Misure temporanee” che concede la proroga delle subconcessioni alle compagnie petrolifere e quindi ai gestori finali degli impianti. Unem vorrebbe in tempi rapidi la ridefinizione delle royalties, i gestori però contestano la mossa dei big dei carburanti: “Il tutto condito (il ricorso al TAR, ndr) dalle consunte menzogne sulla “rigidità contrattuale” e sull’overpricing ingiustificato – si legge in un comunicato congiunto di Faib, Fegica e Figisc – che nasconde solo l’incapacità cronica di gestire i rapporti secondo legge, a cominciare dal leader del mercato che si rifiuta da ben 14 anni di rinnovare gli accordi collettivi previsti dalla normativa vigente”. Insomma, un tutti contro tutti dove a perderci è (anche) il servizio in autostrada. 

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