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Allarme autisti, Frosi (Polimi): “Al centro le persone. Anche i software nella logistica tengano conto delle esigenze individuali”

Il direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano conferma che nel settore mancano poco meno di 30mila driver, ma anche figure professionali specializzate. Tra le soluzioni, comunicazione e formazione per elevare la reputazione del settore e strategie human centric per attrarre e trattenere i lavoratori: “Ogni austista è diverso. I software tengono presente le sensibilità delle persone. E lavorare per migliorare la vita sul camion”

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Mettere al centro le persone. Lo ripete anche Damiano Frosi, direttore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano che dal 2011 analizza la logistica e le sue dinamiche. Lo abbiamo coinvolto nel dibattito su come arginare l’emorragia di autisti, dopo l’uscita a metà agosto della Cgia di Mestre che ha denunciato la mancanza di 22mila driver anche rielaborando alcuni dati presenti nell’ultima edizione dei “100 numeri per capire l’autotrasporto” presentata a maggio nell’ambito del Transpotec a Milano. Comunicazione e formazione tra le strategie indicate da Frosi per elevare l’attrattività del settore, ma anche attenzione alle esigenze personali e psicologiche dei lavoratori. “Ogni austista è diverso – dice – i software devono tenerne conto”. Insomma, un approccio human centric che l’Osservatorio ha monitorato e che verrà presentato con il prossimo rapporto in programma il 12 novembre prossimo a Milano

Si è parlato molto di autisti che mancano, figure professionali introvabili nella logistica. L’Osservatorio conferma? 

L’Osservatorio ha stimato una carenza di personale nel settore della logistica pari a circa 60mila unità, per gli autisti siamo a poco meno di 30mila; quindi, direi che i 22mila stimati dalla Cgia di Mestre è un numero condivisibile. Oltre ai driver, noi rileviamo una forte insufficienza di magazzinieri legata anche e soprattutto all’evoluzione del lavoro in questi spazi che sono oramai caratterizzati dai ritmi imposti dall’e-commerce con turni molto lunghi, con tempi di lavoro che includono orari notturni e giorni festivi, insomma molto impegnativi. Inoltre, in forma meno accentuata, mancano anche nuove figure professionali in grado di leggere i dati, di sfruttare le nuove tecnologie. A mio parere abbiamo a che fare con un problema di attrattività del settore: un laureato a parità di trattamento sceglie un lavoro nell’industria perché conosce poco la logistica e si affida all’immaginario collettivo. Chi invece ci lavora trova un ambiente stimolante, pieno di sfide, chi sceglie la logistica solitamente non se ne pente. 

Per questo motivo l’Osservatorio sta studiando – e lo farà anche nell’edizione del prossimo novembre – alcuni modelli human centric?

La carenza di personale comincia ad essere molto pressante per il settore. Come Osservatorio abbiamo analizzato le modalità per attrarre le candidature: devi mettere le persone al centro se vuoi ottenere il risultato. Questo vale anche con la tecnologia che va dall’App per gli autisti alla grossa automazione per il magazzino: questi cambiamenti vanno sempre disegnati considerando il ruolo e le esigenze delle persone che ci lavorano. Culturalmente siamo stati abituati a considerare la logistica con una capacità infinita in termini di camion e persone. Oggi non è più così, in particolare dopo il Covid, ci troviamo a fare i conti con vincoli reali, quali la carenza di personale. La programmazione va fatta tenendo conto di questo e le politiche human centric diventano centrali. 

La committenza è consapevole di questo cambiamento?

Molto dipende dalle aziende. Abbiamo realtà molto consapevoli dell’importanza della logistica tanto che il responsabile siede nelle riunioni di vertice e altre dove è meno sentita l’esigenza, ma anche qui sta arrivando la consapevolezza. Ci sono esempi di grandi marchi come Zalando che esplicitano in modo inconfondibile l’importanza che la logistica ricopre nel loro business: nei magazzini ci sono spazi pulitissimi, servizi, luoghi di culto, palestre, spazi relax, ecc. Hanno capito che le persone della logistica vanno coccolate…

Ma comunque il settore è destinato a un grosso turn over di personale: il decreto flussi potrebbe aiutare?

Secondo me sì, ma occorre lavorare in primis sull’integrazione che in questi contesti diventa fondamentale: se viene trascurata, si rischia il fallimento dell’intero progetto.

Tornando agli autisti, quali sono le strategie che un’azienda può introdurre per fidelizzare i driver?

Sono convinto che è molto importante lavorare sull’immagine del settore con una comunicazione in grado di includere i drivers e farli sentire parte di un importante sistema produttivo. Questo si ottiene con una comunicazione adeguata e molta formazione. Poi occorrerebbe lavorare per migliorare la vita sul camion, eliminando o riducendo i tempi di attesa, per esempio, costruendo aree di sosta adeguate. Ricordo una foto scattata in Spagna dove due autisti giocano a scacchi durante l’attesa: ecco una cosa molto piccola, che però potrebbe essere molto apprezzata. Infine, introducendo più tecnologia, ma con intelligenza.

Ovvero? 

Ogni autista è diverso, ha le proprie esigenze, particolarità, temperamento. Il software che pianifica le attività deve poter tener presente – per quanto possibile – anche delle necessità e delle sensibilità delle persone. Occorre far evolvere la logica ripetitiva delle assegnazioni dei viaggi in base a dei parametri prestabiliti con la logica della ripetitività sulla base dei bisogni aziendali e costruire la pianificazione tenendo contro delle persone che andranno a svolgere quelle mansioni, della loro vita. 

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