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Panaro (SRM): «Nei porti lo shock non c’è stato, ma occorre aumentare la nostra efficienza logistica»

La geopolitica ha ridisegnato i traffici nel Mediterraneo spostandoli verso Ovest, ma tutto sommato i porti italiani hanno tenuto. Secondo Alessandro Panaro, Capo del servizio Maritime & Energy di SRM, centro di ricerca collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, siamo in una fase di assestamento in cui occorre investire per accrescere l’efficienza logistica “che vuol dire tecnologie, snellimento delle procedure di sdoganamento e infrastrutture per permette alla merce di arrivare in un porto, ma anche di essere distribuita velocemente nell’entroterra”

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La perdita di container nei porti italiani è contenuta nonostante i gravi problemi geopolitici che di fatto stanno impedendo il passaggio delle grandi navi da Suez (leggi qui). Ma gli equilibri nel Mediterraneo stanno cambiando. Abbiamo chiesto un’analisi della situazione e delle possibili evoluzioni ad Alessandro Panaro, Capo del servizio Maritime & Energy di SRM, centro di ricerca economica collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo.

Più del 50% delle merci che arrivano nel Mediterraneo non toccano i porti italiani. Come si spiega?

Le dinamiche nel Mediterraneo sono molto cambiate a seguito delle guerre e degli investimenti che i grandi player internazionali stanno facendo. Il dato del 50%, alcune volte del 40%, di traffico che non riusciamo ad intercettare è rimasto stabile e tiene conto anche di questi avvenimenti. Ma, analizzando i dati del primo semestre 2024, lo shock drammatico che ci aspettavamo per i porti italiani non c’è stato. Avrebbero dovuto parlarci di una grave perdita di traffico: i problemi a Suez hanno imposto la revisione delle rotte con la circumnavigazione dell’Africa. Questo poteva tradursi in risultati da brivido che invece non abbiamo visto, anzi siamo rimasti sostanzialmente stabili. Qualche perdita l’abbiamo registrata nelle materie prime, ma dovuta alla flessione della domanda delle nostre imprese. C’è sicuramente una riprogettazione delle supply chain e questo, per esempio, si vede nel calo dei porti adriatici, oggi più lontani dalle rotte oceaniche. Quindi per tornare al Mediterraneo, stanno perdendo i porti situati più a Est a beneficio degli scali occidentali. Il Pireo, che sta all’imboccatura di Suez, ha perso circa il 12% di traffico, mentre Barcellona ha incassato un + 24% che vuol dire che ha aumentato di un quarto i movimenti, Tanger Med è cresciuto del 10% che, pur essendo un porto in espansione, ci indica che qualcosa avvenendo e sappiamo cosa, ma ci dice anche che si tratta di una situazione congiunturale legata a vicende geopolitiche che, voglio sperare, si risolveranno. 

Quindi i traffici si sono spostati verso occidente, ma non sono diminuiti, giusto?

Esattamente, mi sento di dire anche che la dinamica di area non è cambiata. Le merci provengono sostanzialmente dalla Cina, mentre l’export va verso gli Stati Uniti. Tutti ci interroghiamo su che cosa succederà con il nuovo assetto della politica americana, ma questo è un altro discorso. Ora possiamo dire che i mercati non sono cambiati. Seppure con una tendenza marcata che sta emergendo.

Ovvero?

Le catene di fornitura si stanno accorciando. Attenzione, non parliamo di reshoring, ovvero di aziende che spostano i siti produttivi, ma di avvicinamento dei rifornimenti.

E questo che cosa comporta?

Comporta l’incremento delle rotte di short sea shipping o addirittura la nascita di nuove rotte. Per esempio, tra poco partirà la Trieste-Damietta per l’Egitto e altre rotte da Trieste per la Turchia. Questo ci indica l’apertura di nuovi mercati in quando gli armatori mettono navi dove c’è traffico da intercettare. Tutti i grandi player stanno prevendendo rotte intra-regionali nel Mediterraneo. Se big come ad esempio MSC, Maersk e altri scelgono di rimanere nel Mediterraneo e confermare i porti italiani è un segnale positivo che dobbiamo cogliere e dobbiamo prepararci.

Come?

Abbiamo progetti infrastrutturali fermi da troppo tempo. Dobbiamo adeguare le nostre banchine alle dimensioni delle grandi navi. I porti che lo stanno facendo hanno visto incrementare i traffici con un’evidenza di ritorno degli investimenti. Abbiamo bisogno di aumentare la nostra efficienza logistica che vuol dire tecnologie, snellimento delle procedure di sdoganamento e infrastrutture. Insomma, tutto quello che permette alla merce di arrivare in un porto, ma anche di essere distribuita velocemente nell’entroterra. 

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