A inizio del 2025 si è compiuto il primo compleanno dall’istituzione della zona economica speciale unica nel Mezzogiorno: il Governo Meloni aveva deciso, a metà del 2023, di trasformare l’assetto di questa misura di politica economica varata dal Governo Gentiloni adottando un diverso schema di perimetro territoriale.
L’origine del disegno che ha introdotto le Zes, parte dalle esperienze internazionali maturate nei decenni precedenti per effetto della globalizzazione, soprattutto nelle nazioni asiatiche. Nel mondo ne sono state istituite quasi 6.000. Con le otto Zes create con la legge del 2017 era stata tentata la strada di introdurre politiche selettive di sviluppo. Una tale impostazione è stata però subito annacquata dalla perimetrazione delle Zes, dal momento che le Regioni decisero di allargare le maglie, stemperando la scelta di favorire la focalizzazione rispetto alla dispersione.
Un disegno più volte ritoccato
Il disegno della governance nelle Zes meridionali è cambiato più volte nella fase iniziale di attuazione; prima il Comitato di gestione era stato affidato alla guida dei Presidenti delle Autorità di Sistema Portuale, poi vennero aggiunti i rappresentanti dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia, infine si decise la nomina di un commissario di governo.
Più interessante era la prospettiva di ridurre le pratiche burocratiche necessarie per l’insediamento di attività produttive, ma solo con il governo Draghi si configurò la norma sull’autorizzazione unica, che rendeva esigibile la dichiarazione di semplificazione. Insomma, non sono mancati elementi di criticità nell’attuazione delle zone economiche sociali all’interno delle regioni meridionali. Non è una novità: si tratta di uno degli elementi strutturali che hanno rallentato l’elasticità del tessuto del Paese.
Contraddizioni da sanare: la logica della Zes Unica e l’autonomia differenziata
Con il governo Meloni si cambia passo. Da otto Zes regionali meridionali siamo passati nel 2024 a un’unica entità. Peccato che intanto l’Italia abbia tentato nello stesso tempo di compiere un percorso contrario, con l’approvazione della legge n. 86/24 sulla autonomia differenziata, che ha provato a impostare un processo per l’assegnazione alle regioni di competenza esclusiva in materie strategiche. Politicamente la Zes unica effettua una scelta netta e opposta: mentre si lavora per assegnare maggiori poteri alle regioni settentrionali, il territorio meridionale viene accentrato in un unico modello di funzionamento.
Il bilancio di un’esperienza
A un anno e mezzo di distanza dalla decisione assunta dal Governo di unificare le otto Zes meridionali in un unico contenitore istituzionale, è giunto il momento di tracciare un bilancio. Con la Zes unica viene reimpiantata la vecchia architettura del credito di imposta come strumento per incentivare gli investimenti, senza però alcun effetto sostanziale sulla struttura economica delle regioni meridionali. Salvare capra e cavoli in politica economica non è mai la migliore idea. I guasti del paternalismo rischiano ancora una volta di danneggiare il Mezzogiorno. Dare poco a tanti è stata per lungo tempo una ricetta buona per mantenere il consenso, ma non per generare sviluppo.
CHI È PIETRO SPIRITO
Pietro Spirito è laureato in Scienze politiche all’Università Federico II di Napoli e vanta una lunga carriera nei trasporti che lo ha visto, tra l’altro, impegnato in diversi incarichi nel Gruppo Ferrovie dello Stato, Direttore generale dell’Interporto di Bologna, Coo di Atac, Presidente dell’Autorità portuale di Napoli e Professore di economia dei trasporti all’Università Tor Vergata di Roma.
Attualmente insegna Management delle infrastrutture all’Universitas Mercatorum.