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Carenza autisti: quarantenni in fuga, ma al volante tornano gli under 25

I giovani tornano all’autotrasporto. A sorpresa gli under 25 titolari di una carta di qualificazione del conducente (Cqc) sono aumentati del 65,9% dal 2019 a oggi. Si tratta ancora di una fetta sottile nell’esercito dei conducenti con 7.190 unità che rappresentano poco meno del 10% del totale (nel 2019 erano 4.335), ma costituiscono senza ombra di dubbio il primo spiraglio di un’inversione di tendenza che comunque non cambia il segno di quella più nota, ovvero la crisi della professione

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I numeri della carenza di autisti in Italia sono potenti: rispetto al periodo pre-covid, oggi in Italia le Cqc attive sono diminuite di più di un terzo. Il dato, certificato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, estrapolato il 13 marzo 2024, ci dice che le Cqc sono passate da 1.177.077 del 2019 alle attuali 767.948, con un tonfo del 34,8% che, in termini assoluti, vuol dire che abbiamo 409.129 autisti in meno rispetto al 2019.

Chi è uscito in questi quattro anni dal mercato del lavoro? Non i più anziani come avremmo potuto immaginare. Chi nel 2019 aveva circa 60 anni è rimasto nel settore, ha rinnovato il documento e oggi ingrossa le file di quel plotone di 65-69enni, in aumento del 16,4% e composto da circa 20mila conducenti in attesa di raggiungere l’obiettivo della pensione. È la fascia di età tra i 30 e i 50 anni a registrare il calo più corposo. Gli autisti tra i 30 e i 59 anni sono diminuiti in 4 anni del 40%, passando dai 1.031.156 del 2019 agli attuali 626.045.

A fuggire a gambe levate dal settore è stato soprattutto chi nel periodo pre-pandemico aveva tra i 30 e i 35 anni, ovvero era nel pieno dell’attività lavorativa e ha potuto intravedere nuove opportunità in altri ambienti come, per esempio, la logistica dell’ultimo miglio per le consegne in ambito urbano, dove generalmente si circola con furgoni e mezzi più piccoli per i quali è sufficiente il possesso della patente B. Non è escluso neppure che qualcuno abbia imboccato la strada del reddito di cittadinanza, varato proprio a gennaio 2019 e che il fenomeno delle grandi dimissioni e del quiet quitting (il crescente atteggiamento di rifiuto di andare oltre il lavoro, poco compatibile con una professione che si svolge su strada) abbia interessato anche gli autisti: la pandemia ha costituito uno spartiacque nel quale l’esperienza scioccante si è sommata alle pesanti condizioni di lavoro nelle quali l’autotrasporto opera, mentre l’esplosione dell’e-commerce e della logistica urbana ha convinto molti a cambiare vita.

Lo stesso quadro con tinte meno intense emerge se analizziamo l’andamento delle patenti C, quelle utilizzate per la conduzione dei mezzi pesanti. Anche qui il segno “più” lo troviamo solo nei due estremi: da una parte i patentanti under 24 che crescono del 22,6% dal 2019 al 2024, seppure in termini assoluti i numeri sono ancora bassi e registrano poco più di 800 nuovi ingressi; dall’altra i senior (60-64 anni) in crescita in 4 anni del 7,3%.

Le fasce intermedie, invece, si assottigliano sempre più con una perdita totale del 18,5%, ma con punte del – 40% per gli autisti tra i 25 e i 35 anni. È vero, dunque, che l’età degli autisti cresce – oggi gli over 50 costituiscono il 67% del totale (nel 2019 era il 60,4%) – ma è anche vero che chi ha potuto trovare altre strade le ha percorse.

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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