Marzo 2023. Un’impresa di autotrasporto valuta l’acquisto di un nuovo trattore stradale per rinnovare la flotta. Si orienta su un mezzo standard per il lungo raggio, motore 11 litri, assale 4×2, sospensioni paraboliche: il listino sfiora i 206.000 euro. Passano due anni. Stesso segmento, stesse caratteristiche: oggi, un veicolo analogo costa circa 221.000 euro. Un incremento che supera i 14.000 euro.
E non si tratta di un caso isolato. Secondo una stima elaborata dalla nostra redazione su una selezione di listini di mercato relativi a vari modelli di camion nuovi, tra marzo 2023 e marzo 2025 i prezzi medi sono cresciuti del 7%. Un dato che, seppur contenuto rispetto ad altre fiammate inflattive recenti, racconta una dinamica strutturale del settore.
Inflazione e costi lungo tutta la filiera
Il primo fattore alla base di questa crescita è ovviamente l’inflazione globale. Tra il 2022 e il 2024, i prezzi di materie prime fondamentali per l’industria dei veicoli industriali — come acciaio, alluminio, componentistica elettronica e semiconduttori — hanno registrato forti fluttuazioni e rialzi. A ciò si sono aggiunti i costi energetici, aumentati in modo significativo soprattutto nel 2023, con un impatto diretto su produzione e logistica. E di riflesso anche il trasporto dei componenti e dei veicoli «fatti e finiti» è diventato più oneroso, incidendo sul prezzo finale.
In questo contesto un altro elemento da considerare è quello della manodopera. In diversi Paesi europei, tra cui l’Italia, le rivendicazioni salariali e gli adeguamenti al costo della vita hanno portato a un incremento dei salari nel settore manifatturiero. Questo ha avuto effetti diretti sui costi di produzione, sia nella fase di assemblaggio dei veicoli sia nei comparti upstream della filiera industriale.
Camion più tecnologici
Il secondo elemento è legato all’evoluzione tecnica dei mezzi. I camion di ultima generazione sono dotati di un numero crescente di sistemi elettronici avanzati, pensati per migliorare la sicurezza e l’efficienza del mezzo. Dai sensori radar e lidar ai cruise control adattivi, dai sistemi di mantenimento della corsia alle camere digitali al posto degli specchietti retrovisori, fino a interfacce completamente digitali: ogni nuovo dispositivo rappresenta un investimento in hardware e software.
A questo si aggiunge un’accelerazione normativa importante. Da luglio 2024, infatti, l’Unione Europea ha introdotto l’obbligo di dotare tutti i nuovi veicoli pesanti immatricolati di una serie di sistemi di assistenza alla guida, come l’assistenza intelligente alla velocità, l’avviso di stanchezza del conducente, la frenata d’emergenza automatica, il mantenimento attivo della corsia e il rilevamento degli utenti vulnerabili (ne avevamo parlato qui). Misure fondamentali per la sicurezza stradale, ma che impattano direttamente sui costi di produzione.
Anche la connettività a bordo è oggi uno standard, con centraline in grado di trasmettere dati in tempo reale alla flotta e piattaforme per il monitoraggio remoto. Tutto ciò comporta sviluppi tecnologici costosi e aumenta la complessità produttiva, con un inevitabile riflesso sul prezzo finale.
Normative sempre più stringenti
Anche le normative sulle emissioni hanno un ruolo chiave nell’aumento dei costi. Sebbene lo standard Euro 7 sia stato ridimensionato e posticipato rispetto alle intenzioni iniziali della Commissione europea, i costruttori hanno già avviato importanti investimenti per adeguare i propri motori alle future soglie emissive.
L’integrazione di sistemi di post-trattamento dei gas di scarico sempre più sofisticati, sensori per il controllo delle emissioni e tecnologie ibride o pronte all’elettrificazione, ha reso i mezzi più complessi — e più costosi. C’è anche da dire che, in parallelo, alcuni costruttori hanno iniziato ad applicare un leggero rialzo dei prezzi sui modelli diesel, giustificandolo come parte di una strategia per accompagnare la transizione verso le motorizzazioni elettriche e a zero emissioni, per le quali hanno sostenuto ingenti costi di sviluppo, senza ancora vedere un significativo ritorno commerciale.
Supply chain, una normalità ancora fragile
Infine, non va sottovalutato l’effetto a lungo termine delle tensioni nella supply chain. La crisi dei semiconduttori che ha colpito duramente l’automotive tra il 2021 e il 2022 si è in parte attenuata, ma non del tutto superata. In molti casi, le aziende produttrici di camion hanno dovuto riorganizzare le proprie catene di fornitura, stipulando nuovi contratti o diversificando i fornitori.
Tuttora, alcune componenti critiche — soprattutto quelle elettroniche — sono soggette a tempi di consegna prolungati o a fluttuazioni di prezzo legate alla disponibilità globale. La necessità di mantenere «margini di sicurezza» nelle scorte e di affrontare imprevisti nei tempi di produzione ha comportato costi aggiuntivi, che si sono inevitabilmente riversati sul cliente finale. Che, alla fine, è sempre quello che paga il conto.