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Tutto aumenta, tranne il gasolio: il trend che spiazza l’autotrasporto

Il gasolio ha segnato le riforme dell’autotrasporto. Quando in passato aumentava esageratamente di prezzo, le piccole imprese del settore, incapaci di ottenere incrementi di tariffa, ottenevano dallo Stato tutele specifiche o tramite apposite normative o tramite sussidi. Ma adesso che i veicoli, le assicurazioni, i pedaggi, il lavoro e persino i panini in autostrada costano di più, ma il gasolio scende dell’8,5% in due anni, come cambia la strategia delle rappresentanze del settore?

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La storia dell’autotrasporto è segnata dal gasolio. Se si verifica il contesto in cui sono state concepite le grandi riforme normative di questo settore, infatti, ci si accorge che quasi sempre sono successive a un aumento considerevole del prezzo del carburante. Perché esattamente in quel frangente, un settore polverizzato, che spende per riempire i serbatoi dei veicoli più del 30% del totale dei propri costi, manifesta la propria debolezza attraverso l’incapacità di pretendere dalla committenza una tariffa adeguata. A determinare questa situazione è stato in parte lo Stato, avendo favorito l’accesso nel settore di migliaia di padroncini quando, negli anni della ricostruzione post-bellica e in quelli del boom, c’era una carenza di autisti anche maggiore di quella attuale. A quel punto lo stesso Stato si è preoccupato di sostenere questi improvvisati (loro malgrado) imprenditori o tramite una legislazione di tutela (si vedano, per esempio, la clausola di adeguamento della tariffa al costo del gasolio o la norma sui costi minimi) o fornendogli sussidi economici buoni per la sopravvivenza, ma incapaci di produrre crescita, sviluppo e aggregazione. I nomi di questi sussidi sono noti: rimborso delle accise, riduzione dei pedaggi, deduzione forfettaria delle spese non documentate. Tutte iniezioni finanziarie che spesso hanno permesso a tanti bilanci di fatto in rosso, di assumere un colorito più vicino al nero.

Adesso, paradossalmente, dalla rassegna di tutti i costi che gravano su un’azienda di autotrasporto contenuta in questa Newsletter, l’unico a mostrare un ridimensionamento è proprio il gasolio. Mentre cioè tutti gli altri strumenti di lavoro necessari per trasportare merci su strada tracciano impennate decise, prolungando quella curva all’insù partita nel post-Covid, il carburante venduto in extrarete registra una flessione dell’8,5%, passando da 1,658 euro al litro dei primi mesi del 2023 agli attuali 1,516. Anche se – va chiarito – parliamo di qualcosa di molto diverso da un trend consolidato, visto che nell’arco del biennio ci sono stati anche andamenti opposti, con picchi preoccupanti nell’estate 2023 e nell’inverno 2024. Ma d’altra parte nel mondo esiste una tendenza che duri più di una stagione?

Per il resto, i trattori stradali sono aumentati del 7%, i semirimorchi fino al 30%, i premi assicurativi del 12,6%, gli affitti dei magazzini per la logistica del 3,2%, i pedaggi autostradali del 2,9%, i noli marittimi del 59% e addirittura un panino in un’area di sosta autostradale anche del 70%. Non abbiamo incluso nell’elenco il costo del lavoro, un po’ perché registra, a causa della carenza di molte professioni, una dinamica molto complessa, spesso rimessa alla trattativa privata e comunque da ultimo condizionata dagli aumenti salariali riconosciuti dal nuovo contratto collettivo. In ogni caso, se invece di guardare a due anni fa, si stabilisce una comparazione con il mercato di dieci anni fa, i salari totali (comprendendo cioè retribuzioni, bonus e indennità) sono aumentati di circa il 49%.

Le domande sospese a questo punto diventano almeno tre:
1) Il calo contenuto del gasolio ha almeno in parte compensato il cumulo degli altri aumenti?

2) E se così non fosse, le tariffe di trasporto nello stesso lasso temporale di quanto sono aumentate?

3) Infine, una rappresentanza sindacale a livello datoriale da sempre concentrata sul gasolio, riuscirà a rivedere le proprie strategie di tutela della categoria?

La risposta alla prima domanda è: no, assolutamente

La risposta alla seconda domanda è: quasi mai; anzi, spesso qualche committente che si crede molto furbo, sapendo della flessione del gasolio, si appella alla clausola di adeguamento per chiedere di abbassare le tariffe.

La risposta alla terza domanda, invece, la affidiamo a due voci, espressione di due associazioni di categoria: Patrizio Ricci e Alessandro Peron, rispettivamente presidente nazionale di Cna-Fita e segretario nazionale di Fiap.

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