Oggi ripeschiamo una sentenza della Corte d’Appello di Milano (la n.998 del 18 novembre 2024) perché ci può aiutare a comprendere la differenza tra il contratto di appalto di servizi di trasporto (tema disciplinato dagli art. 1655 ss. Codice Civile e art. 29 d.lgs. n. 276/2003) e il semplice contratto di trasporto (di cui agli art. 1678 ss. Codice Civile).
Una distinzione che ha importanti conseguenze a livello di trattamenti economici e normativi. A tal proposito ringraziamo per la segnalazione Irene Tagliabue, ricercatrice Adapt.
IL FATTO
La Corte lombarda era stata chiamata a decidere sui mancati pagamenti da parte dell’azienda di trasporto appaltatrice (contumace in aula) e, in solido, della committenza (ricorrente) ai dipendenti della prima delle retribuzioni e di svariate indennità (cassa, maneggio denaro, straordinari, TFR, ecc.).
Il giudice doveva stabilire, in altri termini, se la responsabilità solidale (ex secondo comma dell’art. 29 d.lgs. n. 276/2003) fosse in questo caso applicabile in quanto – come già asserito dal Tribunale di Milano in primo grado – tra le società interessate poteva sussistere un contratto di appalto di servizi di trasporto e non un mero contratto di trasporto.
LA DECISIONE
Nel prendere una decisione la Corte aveva poco dubbi e si pronunciava a favore dei dipendenti dell’azienda di trasporto. «Infatti – spiega la sentenza – in presenza di modalità continuative e durature della prestazione di trasporto per un unico committente, il rapporto va esaminato alla luce della presunzione di unicità del rapporto contrattuale, tale da ricondurre lo stesso all’istituto dell’appalto e non a singoli contratti di trasporto, pur reiterati fra le parti».
È un ragionamento che ha alle spalle una solida prassi giurisprudenziale. Ricorda infatti ancora la pronuncia che «la distinzione fra le due figure contrattuali (appalto di trasporto e contratto di trasporto) si fonda sul fatto che solo nell’appalto si configura un accordo di carattere unitario, mediante il quale le parti pianificano l’esecuzione di un servizio, costituito da una serie di trasporti da effettuarsi in via continuativa, da parte di un soggetto dotato di idonea organizzazione imprenditoriale e con rischio economico a proprio carico».
Nel caso in esame i giudici di primo e secondo grado sono concordi che questi elementi risultino presenti. Analizzando il documento contrattuale e il comportamento delle parti, infatti. pare emergere la sussistenza di un rapporto di carattere continuativo tra committente e vettore, per perseguire gli obiettivi del primo attraverso la ripetuta esecuzione nel tempo di servizi di trasporto, remunerati attraverso un corrispettivo di carattere unitario.
Una volta chiarito che la fattispecie in esame è a tutti gli effetti un appalto di servizi di trasporto, la Corte ha poi giustamente deciso che ad essa si possa applicare il regime di responsabilità solidale. In particolare, poiché l’indennità di maneggio denaro (art. 15 del CCNL logistica, trasporto merci e spedizione) ha natura retributiva, il giudice ha ritenuto che vada inclusa tra gli importi che il committente deve erogare al lavoratore, laddove quest’ultimo abbia diritto a percepirla in ragione dei compiti svolti.
LE CONSEGUENZE
In conclusione, la sentenza conferma senza dubbio gli orientamenti giurisprudenziali consolidatisi nel tempo sulla distinzione tra contratto di appalto di servizi di trasporto e contratto di trasporto, ribadendo come al sussistere del primo vada applicato l’art. 29 d.lgs. n. 276/2003 in materia di responsabilità solidale.
Mentre in altra sede la Cassazione ha escluso la sussistenza dell’appalto «a fronte di prestazioni isolate e sporadiche svolte dal vettore, che non si iscrivono nel perseguimento di un risultato complessivo e unitario e non presentano alcun tratto di affinità con l’appalto». In questo ambito manca il coinvolgimento e la compenetrazione nel processo produttivo del committente, che è poi la ratio della tutela riconosciuta ex art. 29.