Si gioca tutto sulle dimensioni e sulla forza contrattuale l’equilibrio delle attese. Se in Italia crescono fino al paradosso di un camion fermo in media 5,14 ore al giorno raccontato nella prima uscita dei 100 numeri tech, la ragione, secondo Alessando Peron, segretario generale di Fiap, è da ricercare nella struttura del settore con «la maggior parte delle aziende di piccole dimensioni e per questo non in grado a far valere la propria forza». Soluzione? Aggregazione e cultura di filiera che vuol dire anche impegno della committenza per fluidificare i flussi e rispetto per gli autisti come professionisti del trasporto.
Crescono le ore di attesa per l’autotrasporto. Che cosa si può fare?
La media di oltre 5 ore al giorno che un camion sta fermo in attesa è un dato che mette a nudo quello che Fiap sta dicendo da anni. Io mi chiedo: perché questo non succede all’estero, in Francia o in Germania? Vuol sapere perché? Non perché ci sono delle norme che lo impediscono, ma perché ci sono imprenditori che non lascerebbero mai un camion fermo ad aspettare con un costo che varia tra i 55 e i 60 euro all’ora. Da noi succede perché la maggior parte delle aziende è di piccole dimensioni e non è in grado a far valere la propria forza. Intendiamoci, abbiamo bisogno di piccole e medie realtà che rendono questo settore flessibile e competitivo, ma se la maggior parte ha dimensioni ridotte rischiamo che diventi l’anello fragile del sistema che ha bisogno di accettare qualunque condizione pur di restare a galla. L’idea che l’autotrasporto debba essere artigianale collima poco con le sfide globali che il settore si trova ad affrontare.
Allora che cosa possono fare le aziende?
Noi diciamo che i piccoli devono aggregarsi o entrare in organizzazioni più strutturate che diano loro la forza per imporsi con la committenza. Chi può crescere deve farlo, gli altri, i padroncini più piccoli, possiamo aiutarli a trasformarsi in autisti dipendenti in grado di avere una condizione economica anche più vantaggiosa di quella attuale. Oggi le microaziende sono asfissiate da costi che aumentano e da un mercato in trasformazione. La Fiap sarà anche al loro fianco in questo processo.
Parliamo della committenza. Non crede che debba fare la propria parte per snellire i flussi?
La committenza è preoccupata dalla mancanza di autisti, ma sappiamo che spesso è difficile mandare conducenti in determinati Ce.Di. perché si attende troppo. Allora io dico: cambiamo approccio. Perché un supermercato sta aperto più di 12 ore al giorno, domenica e festivi inclusi e un Ce.Di. no? Oppure un camion deve stare fermo 6 ore? Proviamo a chiudere per 6 ore un punto vendita e vediamo che cosa succede? A parte le provocazioni, sicuramente la mancanza di efficienza va ad impattare sulla sostenibilità del sistema con ricadute sociali, ambientali ed economiche. In generale, la GDO è attenta alla sostenibilità, ma dovrebbero includere anche questi aspetti con un’organizzazione più efficiente dei Centri di distribuzione, dei magazzini, ma anche pensando a zone idonee per il ricevimento degli autisti. Dobbiamo restituire dignità a chi lavora per spostare le merci che un committente gli ha affidato. Per assurdo cinquant’anni fa c’era una cultura di filiera, gli autisti venivano accolti con cura nei magazzini, oggi c’è solo la cultura del prezzo, più basso, ovviamente.
A proposito di prezzo, stiamo notando che molti stanno internalizzando la logistica. Anche questo per risparmiare?
C’è un certo timore che i costi possano aumentare e che, anche complice la corresponsabilità, riportare all’interno dei processi possa essere vantaggioso. Ma non è sempre così. Bisogna smettere di acquistare il trasporto con tender che mirano solo al prezzo più basso e non alla qualità. Se il trasporto è diventato strategico per l’economia, occorre dimostrarlo anche negli acquisti.
Siamo alla vigilia del rush finale per il rinnovo del contratto nazionale dell’autotrasporto e logistica. Quale sarà l’impatto per le aziende?
Ci sono tutti i presupposti per fare un buon lavoro, ma occorre accelerare anche per le aziende stesse. Per dare la possibilità agli imprenditori di rinegoziare i contratti alla luce del nuovo costo del lavoro. Ecco perché sarebbe utile chiudere entro novembre. In fin dei conti, al di là delle prassi un po’ vetuste, gli argomenti sono condivisibile e le richieste non irraggiungibili.