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Da qui all’eternit

Andando a scaricare in un vecchio magazzino ho notato delle lastre ondulate, tipiche delle vecchie coperture in amianto. Ma non erano bandite perché nocive per la salute? Luciano P_Brescia

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È stato definito il «minerale magico» per le eccezionali proprietà tecnologiche. È resistente alla trazione, al fuoco, al calore, all’attrito, all’abrasione, agli agenti chimici e biologici, è flessibile, fonoassorbente e termoisolante, versatile, praticamente indistruttibile. Può essere filato e tessuto, da qui l’appellativo di «lana della salamandra», l’animale che riusciva a sfidare il fuoco senza danno. Ce lo ricorda una canzone di Rino Gaetano quando Berta filava e filava la lana, ma filava anche l’amianto per il vestito del santo che andava sul rogo…

Per tutte queste caratteristiche associate a un costo estremamente contenuto, a partire dalla fine dell’800 l’amianto – detto anche asbesto – è stato oggetto di un ampio utilizzo nell’industria, nell’edilizia e in vari prodotti (tute protettive e farmaci inclusi) che ne hanno condizionato una diffusione mondiale senza precedenti. Basti pensare alle lastre ondulate fatte di quella miscela di amianto-cemento nota col nome di «Eternit» (dal latino eternità).

La prima descrizione di una possibile associazione fra malattie polmonari e polvere di asbesto risale agli inizi del ‘900 e nel 1927 viene coniato il termine asbestosi per indicare una specifica patologia del polmone provocata dall’inalazione di fibre d’amianto. A partire dal 1935 vengono pubblicati i primi casi di tumori polmonari e di tumore maligno (mesotelioma) della pleura nei lavoratori esposti seguiti da importanti studi epidemiologici che hanno portato la comunità scientifica nel 1965 a esprimere un consenso unanime sulla cancerogenicità di questo materiale.

La pericolosità risiede proprio nella consistenza fibrosa che è alla base delle versatili proprietà tecnologiche. L’inalazione delle fibre può provocare malattie del polmone quali asbestosi e carcinoma nonchè patologie pre-tumorali e tumorali della pleura. Oltre al mesotelioma pleurico, tumore «simbolo» dell’esposizione ad amianto, risulta sicuramente aumentato il rischio per altre neoplasie quali quelle gastrointestinali, laringee e renali. Tutti i tipi di amianto sono cancerogeni e non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre nell’aria non sia pericolosa. L’esposizione prolungata nel tempo o a elevate concentrazioni, aumenta esponenzialmente la probabilità di contrarre le patologie correlate che si manifestano anche dopo molti anni (da 10 a 15 per l’asbestosi a anche 20-40 per il carcinoma polmonare e il mesotelioma).

A essere colpiti non sono solo i lavoratori direttamente esposti, ma anche coloro che più o meno consapevolmente inalano polveri contaminate come gli addetti alla manutenzione di impianti e apparecchiature e le persone che vivono in ambienti edificati con materiali contenenti amianto. È stata segnalata la possibilità di esposizione ad asbesto anche nel settore degli autotrasporti, ad esempio, nel caso di trasporto del minerale e/o per contatto con le fibre eventualmente presenti all’interno del veicolo. È stata ipotizzata l’esposizione anche per gli autotrasportatori che hanno rimosso le macerie degli edifici del Word Trade Center di New York dopo l’attentato dell’11 settembre 2001.

Il fatto che i rischi dell’amianto sulla salute siano noti ormai da quasi un secolo, non ne impedisce l’impiego su vasta scala. L’asbesto è oggi al bando in 52 paesi (in Italia dal 1992), ma l’industria continua ad estrarne e trattarne ancora due milioni di tonnellate l’anno. La maggior parte del minerale prodotto proviene dai paesi dell’ex Unione Sovietica, e da Cina, Brasile e Canada, mentre i maggiori consumatori sono i paesi in via di sviluppo e soprattutto quelli in forte crescita economica e scarse tutele socio-sanitarie come Cina, India, Brasile, Russia e paesi dell’ex Unione Sovietica. In realtà la salute dell’umanità non può attendere e la messa al bando dell’amianto in tutto il mondo non è più procrastinabile.

Per questo è fondamentale che i dati sulla pericolosità dell’asbesto siano diffusi e accessibili a tutta la popolazione mondiale e soprattutto che la ricerca e la divulgazione della ricerca scientifica siano libere e svincolate dagli interessi dell’industria dell’amianto.

Buon viaggio!

Annagiulia Gramenzi
Annagiulia Gramenzi
Ricercatore Dip. medicina clinica Univ. Bologna
Scrivete a Annagiulia Gramenzi: salute@uominietrasporti.it

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