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Subvezione, Assotir chiede di rivedere la normativa: “Piccole e medie imprese in sofferenza”

Presentato oggi uno studio redatto dall’Università di Catania dal quale emerge la fotografia di un settore in cui le piccole realtà sono indebitate e faticano ad avere bilanci soddisfacenti, mentre i grandi player “presentano un grado di dipendenza esterna maggiore grazie all’acquisto di servizi di trasporto”. “Occorre lavorare sull’aggregazione”, consiglia Rosario Faraci, relatore dello studio, mentre Assotir chiede la revisione del decreto di recepimento del Regolamento europeo 1055/2020 che norma i requisiti di accesso alla professione, il rispetto dei tempi di pagamento, dei tempi di carico e scarico e l’introduzione dei costi minimi obbligatori

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Un sistema in sofferenza nel quale le microimprese appaiono molto più stressate delle grandi realtà, con un alto tasso di indebitamento, margini ridotti, e una crescita di fatturato alla quale non corrisponde un altrettanto incremento degli utili. È questa la fotografia dell’autotrasporto che emerge dallo studio presentato oggi a Roma da Assotir. Il report intitolato “Analisi economica dell’autotrasporto italiano degli ultimi dieci anni, basata sui bilanci delle imprese” redatto da Rosario Faraci, Professore di economia all’Università di Catania, riporta infatti un settore sbilanciato, dove “le grandi aziende presentano un grado di dipendenza esterna maggiore rispetto alla piccole realtà – spiega Faraci – e nel quale occorre essere consapevoli che la soluzione rimane l’aggregazione per avere maggiore massa critica e per contrastare il potere dei grandi gruppi”. Ma intanto, Assotir torna a chiedere una mano alla politica, rappresentata in sala dai maggiori esponenti della Commissione Trasporti della Camera con il Presidente Salvatore Deidda (FdI), il Vicepresidente, Andrea Casu (PD) e Roberto Traversi (M5S). “Occorre dare regole idonee a questo settore – ha chiesto a gran voce Anna Vita Manigrasso, Presidente di Assotir – In primis, bisogna rivedere la disciplina per la subvezione al fine di limitare i passaggi intermedi. Occorre un effettivo rispetto dei tempi di pagamento, dei tempi di carico e scarico e l’introduzione di costi minimi obbligatori. Tutto questo per innescare dinamiche utili per far tornare l’autotrasporto un settore attraente per gli imprenditori”.

Un aiuto deciso alla politica è stato chiesto anche da Claudio Donati, segretario generale di Assotir. “Non siamo per il piccolo è bello, ma dobbiamo aiutare il passaggio verso dimensioni più ampie delle aziende – ha sottolineato Donati – e fare un lavoro culturale con i nostri imprenditori, ma cambiare la disciplina sulla subvezione è una necessità impredicibile: chiediamo al Governo che cosa vuole fare”.

Il riferimento è al recepimento del Regolamento 1055 del 2020 che norma i requisiti di accesso alla professione, recepito in Italia con il decreto del MIT dell’8 aprile 2022 “Attuazione delle modifiche introdotte ai regolamenti (CE) n. 1071/2009 e (CE) n. 1072/2009 con il regolamento (UE) 2020/1055 in materia di accesso alla professione ed al mercato del trasporto su strada” che, secondo l’associazione, dovrebbe essere rivisto per tenere conto della disponibilità del parco mezzi da parte delle aziende rispetto al fatturato generato.

La sofferenza delle microimprese

Infatti, tra le caratteristiche che emergono dallo studio dell’Università di Catania, condotto su un campione di aziende di trasporto utilizzando dati di bilancio disponibili nel database AIDA Bureau Van Djik (BVD), c’è anche uno sbilanciamento tra fatturato e utili che interessa maggiormente le piccole aziende e le ditte individuali che costituiscono oltre il 66% del campione. In altre parole, in 10 anni il fatturato delle microimprese è esploso con una crescita del 174,93%, in termini percentuali la maggiore registrata nel campione, mentre gli utili nello stesso periodo sono cresciuti del 215,40%, segnando la performance peggiore. A questo si somma una redditività bassa (+4,9%) e l’alto indebitamento (+204,9%) che induce a pensare che i piccoli non riescano ad ottimizzare i costi e allo stesso tempo devono accettare tariffe al di sotto del mercato.

Le performance delle grandi realtà

La differenza emerge se comparata nello stesso lasso di tempo alle performance delle grandi aziende, che costituiscono solo lo 0,48% del campione, ma che hanno visto i fatturati aumentare del 108,9%, ma ancora di più gli utili del 537,74% con una redditività che si aggira intorno al 10% e debiti cresciuti dell’83,17%. Un percorso che lo studio legge comparando il grado di integrazione verticale nella filiera, indice che attesta quante fasi di un processo produttivo viene gestito in proprio da un’impresa, senza affidarsi a soggetti terzi. “Questo indice – ha spiegato Faraci – è nettamente più elevato tra le imprese di piccole dimensioni, perché sono quelle che nei fatti gestiscono il trasporto delle merci”. Questo valore in media nel settore è pari a 19, ma che per le grandi imprese scende a 18 con una maggiore esposizione verso la fornitura di servizi dall’esterno, mentre per le piccole e medie imprese questo valore si alza toccando il 30%. Ergo, nelle realtà più piccole la subvezione è limitata, più le dimensioni si ingrandiscono, più si è portati a considerare il ricorso a servizi esterni, con il coinvolgimento di vettori medio-piccoli. 

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