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Rapporto operatore logistico-trasportatore, abusivo il recesso con preavviso di soli tre mesi

Il Tribunale di Milano ha riconosciuto la dipendenza economica dell’autotrasportatore nei confronti dell’operatore logistico, ritenendo di conseguenza insufficiente il termine di preavviso di 90 giorni imposto da quest’ultimo

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Una delle questioni più rilevanti nel settore del trasporto merci è la dinamica di potere che si viene a creare nelle relazioni contrattuali tra grandi operatori logistici e autotrasportatori. Una recente sentenza del Tribunale di Milano – segnalata dallo Studio Legale Scoccini & Associati – ha fornito un’interpretazione interessante del problema, riconoscendo in sostanza la situazione di dipendenza economica dell’autotrasportatore nei confronti di un operatore dominante nel settore logistico e qualificando di conseguenza come abusivo il recesso esercitato da quest’ultimo. Un verdetto che sicuramente aprirà un’accesa discussione sulle pratiche commerciali e sulla necessità di equilibrio e giustizia nei rapporti di potere in ambito economico.

IL FATTO

La vicenda prende il via dal contenzioso relativo al regolamento dei rapporti di dare/avere tra DHL, il noto operatore logistico, e un suo autotrasportatore, con il primo che pretendeva ulteriori somme alla chiusura del rapporto contrattuale ed il secondo che affermava di aver effettuato servizi di trasporto per il corriere senza essere stato completamente pagato. In questo caso il tema su cui dibattere è evidentemente quello della dipendenza economica di chi effettua le operazioni di trasporto rispetto alla committenza.

Come riferisce lo Studio Scoccini, il Tribunale meneghino apprendeva innanzitutto di una relazione ventennale durante la quale l’autotrasportatore ha lavorato in via esclusiva per quell’operatore di logistica, adattando continuamente la sua operatività alle esigenze e direttive di DHL. Questo ha incluso l’acquisto e la manutenzione di veicoli specificamente per i servizi dell’operatore di logistica, così come l’adattamento dei processi lavorativi ai protocolli del corriere, con una palese perdita di autonomia gestionale da parte dell’autotrasportatore.

LA DECISIONE

Ciò premesso – spiega il giudice – la decisione di DHL di recedere improvvisamente dal contratto con un preavviso di soli tre mesi, nonostante appunto la durata e la natura della relazione commerciale, è apparsa non solo sproporzionata, ma anche contraria ai principi di buona fede oggettiva. Il Tribunale ha sottolineato infatti che il recesso ha aggravato la già precaria situazione economica dell’autotrasportatore, lasciandolo senza le risorse necessarie per pagare i sub-vettori e causando così la sua liquidazione.

La Corte, insomma, ha evidenziato e riconosciuto la dipendenza economica dell’autotrasportatore da DHL, caratterizzata da un’evidente disparità di potere. Questo squilibrio è stato inquadrato all’interno della legge n. 192/1998, che censura l’abuso dello stato di dipendenza economica e protegge la parte più debole in una relazione commerciale. Il Tribunale ha inoltre stabilito che il recesso, pur essendo diritto contrattualmente previsto, deve essere esercitato in conformità con i principi di correttezza e buona fede, ovvero considerando le ripercussioni sulla controparte.

LE CONSEGUENZE

Il Tribunale delle Imprese del capoluogo lombardo ha così deciso di condannare DHL a rifondere più di mezzo milione di euro all’azienda di trasporto sua appaltatrice. Questo perché la società avrebbe esercitato un «effettivo controllo societario» sul suo subappaltatore che «non era in grado di determinare autonomamente le proprie scelte strategiche», poiché tutta «l’attività d’impresa era sottoposta al controllo, alle direttive e agli standard di DHL Express Italy».

Quali sono le conseguenze di questa condanna? Concordiamo con i difensori dell’azienda di trasporto che il caso evidenzia l’importanza di esaminare in modo approfondito le condizioni di dipendenza economica e di un uso consapevole dei diritti contrattuali, specialmente in contesti dove la disparità di potere può portare a decisioni che, pur legali, possono risultare eticamente e socialmente discutibili.

La sentenza del Tribunale di Milano stabilisce in questo senso un precedente significativo che potrebbe influenzare la condotta delle grandi imprese nei confronti di fornitori e partner commerciali più piccoli e vulnerabili. In particolare, la decisione ricorda alle imprese che il potere economico porta con sé una significativa responsabilità nei confronti dei partner commerciali e della società nel suo insieme.

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