«Le scadenze europee non sono compatibili con l’attuale tecnologia per l’elettrico. Serve più tempo». Lo sostiene Alfredo Liverani, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna che interviene in questa intervista a Uomini e Trasporti dopo l’annuncio a Cernobbio da parte dei ministri Urso e Salvini di chiedere la revisione delle tempistiche imposte dalla Commissione per l’addio al diesel. Quale investimento per le aziende di autotrasporto? «In questo momento, l’ibrido può essere una valida scelta per rinnovare le flotte».
A che punto siamo con l’elettrico per i mezzi pesanti? Abbiamo visto che le vendite stentano a decollare…
Gli aspetti politici e quelli tecnici si intersecano, seppure viaggiano su binari paralleli. Chiariamo subito che per l’elettrico più si eleva la potenza e più crescono le difficoltà. Se paragoniamo una minicar con circa 50 kilowattora di batterie che le consentono di avere una certa autonomia (diciamo di 100 chilometri), a un truck capiamo che a quest’ultimo serve un’autonomia molto più ampia in linea con la sua vocazione. Ma per riuscire a raggiungerla deve accollarsi una tonnellata e mezzo di batteria che pesa e toglie spazio al carico. Attenzione, quello elettrico, anche con potenze molto elevate, è un motore che in confronto al termico vince e stravince per una serie di caratteristiche, come il controllo e la ricarica, ma il suo punto debole rimane la batteria.
Tornando alla politica, secondo Lei, le scadenze europee sono compatibili con questa tecnologia?
Onestamente penso che non siano compatibili. La tecnologia dell’elettrico richiede ancora un passo avanti per poter pensare ad una sostituzione completa del parco circolante. Credo sia stato un entusiasmo eccessivo e prematuro, indotto forse anche dalle pressioni della Cina. La sostituzione completa comporta costi inaccettabili o comunque elevatissimi che le case costruttrici tendono a ricaricare sul prodotto, rendendo così i modelli elettrici in circolazione molto più costosi dei loro corrispettivi con motore endotermico. Infine, un altro problema legato alla diffusione dei veicoli a batterie sarà proprio l’eliminazione di quest’ultime a fine vita. Un aspetto ambientale significativo, ma per il momento trascurato.
Intanto però la transizione energetica porta gli obblighi di riduzione delle emissioni. Qual è la strada per i mezzi pesanti? I biocarburanti?
Certo, è una strada dove finalmente qualcosa è stato fatto e si sta facendo, non solo per i biocarburanti, ma anche attraverso la cattura della Co2 in partenza. Gli impianti per la cattura, infatti, sono complessi, ma anche fruttosi.
Su quale tecnologia consiglierebbe di investire nei prossimi 5 anni a un’azienda di autotrasporto impegnata a rinnovare la propria flotta?
Sicuramente consiglierei veicoli ibridi dove la parte termica rimane, anche alimentata con carburanti alternativi, senza dover modificare sostanzialmente la struttura, ma al tempo stesso è affiancata da una batteria relativamente piccola in grado di mantenere attivi i servizi, di spegnere il motore termico in certi momenti, come per esempio durante l’attività di carico-scarico. Quindi la batteria la metterei sull’elettronica, portando avanti veicoli ibridi plug-in che ricarico dove posso. Chiaramente le grandi compagnie che hanno una flotta nutrita possono dotarsi anche di postazioni di ricarica plug-in e una batteria che non raggiunga la tonnellata e mezzo.
Un’ultima domanda: per l’elettrico dobbiamo temere l’invasione cinese?
Il rischio esiste: i cinesi hanno imparato dagli europei a costruire le auto acquistando alcune case e attraendo i manager più capaci, inoltre molti sono andati a produrre in Cina. Ora vediamo i risultati , con prodotti nati senza una storia automobilistica, ma con prezzi veramente competitivi.