La sentenza di cui ci occupiamo oggi è interessante non solo perché conferma la corretta applicazione della normativa del settore del trasporto sull’azione diretta di cui all’art. 7-ter del d.lgs. n. 286/2005 (recupero crediti subvettore nei confronti del committente e dei precedenti vettori), ma perché approfondisce i temi della documentazione necessaria e delle tempistiche per l’azione giudiziaria.
In altre parole, il Tribunale di Foggia con una sentenza del 30 aprile 2024 evidenzia il ruolo cruciale della documentazione probatoria e della tempestività nelle azioni legali per la tutela dei diritti dei vettori che materialmente hanno eseguito i servizi di autotrasporto merce per conto terzi.
IL FATTO
Il Tribunale di Foggia era stato adito da una società committente di alcuni trasporti di merce per opporsi a un decreto ingiuntivo, emesso dallo stesso Tribunale su richiesta della società subvettrice che aveva effettuato materialmente il trasporto. Il decreto chiedeva – al committente e a una terza azienda primo vettore, in solido tra loro – il pagamento di circa 24.500 euro, oltre interessi e spese del procedimento di ingiunzione, come corrispettivo appunto dei trasporti commissionati dal mittente al primo vettore e da questi a loro come subvettore.
Il committente eccepiva la prescrizione del credito di oltre 9.000 euro (due fatture del 31 gennaio 2014 e del 31 agosto 2014). Inoltre la parte attrice chiedeva la rivalsa nei confronti del primo vettore, nei limiti del credito eventualmente accertato in favore del trasportatore finale.
Il primo vettore a sua volta aveva impugnato il medesimo decreto ingiuntivo, eccependo sia la prescrizione del credito di oltre 14.000 euro (sei fatture del 31 gennaio 2014, 31 agosto 2014, 29 novembre 2014, 31 gennaio 2015, 30 aprile 2015 e 29 maggio 2015), sia l‘avvenuto pagamento di quasi 27.000 euro in favore del subvettore.
L’azienda di trasporto subvettrice aveva ovviamente chiesto il rigetto dell’opposizione con conferma del decreto ingiuntivo impugnato, previa concessione della provvisoria esecuzione dello stesso.
Come si vede una questione piuttosto ingarbugliata, con reciproche accuse incrociate.
LA DECISIONE
Il Tribunale pugliese, nella persona della giudice Diletta Calò, ha parzialmente accolto l’opposizione del committente, ma vedremo come poi in pratica tale accoglimento sia stato limitatissimo.
Si parte dalla consolidata giurisprudenza di Cassazione in tema di inadempimento contrattuale, secondo cui «per provare l’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ma non l’inadempienza dell’obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte». È invece il debitore convenuto che ha l’onore di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, ovvero l’avvenuto adempimento.
Nello specifico – dice la giudice – ci sono elementi molto chiari e incontrovertibili: «Sono circostanze pacifiche, perché non contestate oltre che provate nei documenti, sia l’esistenza del rapporto contrattuale di trasporto fra committente e primo vettore e tra subcommittente e subvettore, parti in causa, sia l’esecuzione da parte dell’azienda subvettrice dei servizi riportati nelle fatture portate in causa».
Al contempo, la subvettrice ha allegato l‘inadempimento all’obbligazione di pagamento dei corrispettivi maturati in relazione ai trasporti eseguiti e ha esercitato l’azione sia nei confronti del suo subcommittente sia nei confronti della committente. È la giusta applicazione del famoso art. 7 ter del d.lgs. n. 286/2005, in sintesi «l‘azione diretta per il pagamento del corrispettivo nei confronti di tutti coloro che hanno ordinato il trasporto, obbligati in solido… fatta salva l’azione di rivalsa di ciascuno nei confronti della propria controparte contrattuale». Norma che – come sappiamo – è introdotta a favore e a garanzia del subvettore, astrattamente soggetto più debole rispetto agli altri attori del trasporto.
Resta però l’obiezione sia del committente che del primo vettore della parziale prescrizione della pretesa creditoria. Il Tribunale foggiano si richiama in questo caso all’art. 2951 Codice civile che, in materia di trasporto, prevede un termine di prescrizione breve di un anno, che decorre «dal giorno in cui è avvenuta o sarebbe dovuta avvenire la riconsegna della cosa al luogo di destinazione». La prescrizione breve è riconosciuta in modo incontrovertibile dalla Cassazione.
Ora, nella controversia in esame, il primo atto che interrompe la prescrizione è la diffida e messa in mora dell’avv.ta Bruni – difensore dell’azienda subvettrice – inviato al primo vettore il 20 ottobre 2015 (di cui è provata l’avvenuta ricezione). Poiché dunque è pacifica e non contestata la circostanza che la data di emissione delle fatture azionate coincide con quella di consegna della merce, soltanto il credito riportato nella fattura del 31 gennaio 2014 di quasi 200 euro risulta prescritto.
Viceversa,il credito della fattura del 31 agosto 2014 di quasi 9.000 euro non è ancora prescritto: infatti, anche se il documento contabile è stato emesso il 31 agosto, la scadenza ivi indicata è il 15 novembre 2014. Quindi solo da quel momento e non da quello di consegna della merce il termine annuale è iniziato a decorrere e risulta utilmente interrotto dalla diffida dell’ottobre 2015. Dice infatti ancora la Cassazione che “nel caso in cui il termine di adempimento dell’obbligazione sia stabilito, per esplicita volontà delle parti o per presunzione legale ex art. 1184 c.c. a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto precedentemente il creditore non può esigere la prestazione dovuta”. È un ragionamento che vale per tutti gli altri crediti richiesti dal subvettore che non risultano prescritti, guardando alle date di emissione e di scadenza delle stesse, nonché agli atti interruttivi posti in essere dal creditore.
Il primo vettore, infine, eccepiva di aver pagato quasi 27.000 euro al subvettore, ma questi importi non fanno parte delle fatture di cui è stato richiesto il pagamento.
LE CONSEGUENZE
In definitiva, in parziale accoglimento dell’opposizione, solo una delle fatture contestate non deve essere pagata in quanto caduta in prescrizione. Per questo il decreto ingiuntivo viene giustamente revocato, ma committente e primo vettore vengono comunque condannati, in solido fra loro, al pagamento in favore della società subvettrice di oltre 24.000 euro, con la maggiorazione degli interessi. A sua volta il primo vettore dovrà pagare al committente la somma che questi corrisponderà al subvettore, in esecuzione della sentenza.
Per le spese di lite, invece, un terzo di esse verrà compensato e 2/3 resteranno a carico delle opponenti. Infine, a causa dell’accoglimento della domanda di rivalsa del committente nei confronti del primo vettore, le spese di lite vanno poste interamente a carico di quest’ultimo.