«It’s a MAN’s World», cantava James Brown con una voce talmente graffiante da contrastare le più diffuse sonorità anni Sessanta. Allo stesso modo, il MAN TGX 18.520 contrasta l’idea di camion da flotta – quindi, per opinione generale, insipido e anonimo – tramandata, inutilmente, per troppi anni.
Personalmente, appena l’ho incontrato ho pensato che fosse terribilmente funky e una tale definizione va tradotta come «spirito diretto», «immediato», in parte «disinibito».
E allora, potevo mai rifiutare un giro con un personaggio così?
L’abito che fa… tutt’altro che monaco
Partiamo dall’abbigliamento. Il MAX TGX ha scelto una linea che gli conferisce dinamismo, tagliando i conti con un passato dalle forme squadrate, pur conservando una sua riconoscibile identità.
I suoi lineamenti diventano più fluidi, direi sfoltiti, a favore di un’aerodinamica presente persino nell’aletta parasole, elemento solitamente disturbatore del quoziente CX e proprio per questo disegnato in modo da non interferire nei consumi.
Mi piace pensare che a Monaco qualcuno ha compreso che immaginare un camion senza aletta parasole, equivale un po’ come pensare a James Brown senza l’iconica pettinatura: perde di credibilità e di appeal. Ecco, qualcuno doveva dirlo.
Sullo stesso fronte combattono anche le guarnizioni sul parabrezza e sugli spoiler laterali, voluti per migliorare, oltre che l’aerodinamica, il rumore in cabina. Perché – anche questo bisogna dirlo – i fruscii di sottofondo stanno bene solo se stai ascoltando un vinile; in camion il fascino retrò è meglio lasciarlo fuori dalla cabina.
In definitiva, quindi, il MAN TGX si presenta come un tipo raffinato, dal guizzo vintage, ma carismatico e accattivante. Vabbé, dico pure questo: di quelli che ti fanno intendere che al primo sguardo cadrai nelle sue mani.
Bello fuori, pulito dentro
Dinamico esteriormente, immediato interiormente. Il MAN TGX, cioè, a livello caratteriale non lascia spazio a convenevoli inutili e facilita l’accesso in cabina con un’apertura porta a 90 gradi e con una salita totalmente frontale evitandoti, così, quella spiacevole sensazione di dover inclinare la tua direzione a suo favore.
Il suo spazio è pulito, lineare e nodale. Coerente – come detto – con il suo aspetto. E uno così non può che mantenere le promesse. Nel senso che in cabina trovi esattamente ciò che ti aspetti: cuccetta comoda, ampi gavoni sopra il parabrezza e sotto la branda, possibilità di personalizzarlo al massimo, anche arricchendolo di microonde e macchinetta del caffè dedicati a chi fa linea. Si adatta, insomma, a tutti i suoi ospiti.
Volante rivisto in toto, adattandolo alle tendenze del mercato che sembrano quasi pretendere la sistemazione del cruise control sulla razza sinistra, il selettore delle marce sulla leva del retarder, l’infotainment sulla razza di destra.
Anche la possibilità di spostarlo con l’inclinazione desiderata fa di MAN un tipo accomodante quando si tratta di guidabilità e sicurezza.
In parte sacrificata appare la zona della plancia, perché è vero che in guida non bisogna distrarsi, a maggior ragione vista l’elevata connettività presente sul veicolo, ma sarebbe stato più pratico qualche ripiano di appoggio in più per gli oggetti personali dell’autista che, qui, non trovano spazio se non dietro al cruscotto, dove si arriva allungandosi un po’.
Bene, invece, il lato passeggero che prevede il classico tavolino estraibile e il famoso poggia piedi, facendoti capire che è uno che ama la compagnia.
La vera novità, però, è rappresentata dal joystick davanti alla consolle della plancia che permette un totale controllo delle informazioni di navigazione senza mai staccare la schiena dal sedile: può ingrandire la mappa, selezionare il punto esatto o effettuare ricerche scrivendo direttamente sul pad.
Questo dettaglio, una volta testato, diventa qualcosa di irrinunciabile. Come il mix di sonorità di James Brown.
Poi, improvvisamente, il futuro
Il mix dei generi musicali è un segno dei tempi. E qui trova alloggio. Perché oltre al funky, percepisco molto soul.
E quest’anima ricca di sfaccettature, è forse l’esibizione del MAN che meno ti aspetti, quella che ti accompagna verso sonorità inaspettate.
La guida è comoda, fluida e piacevole, la cambiata senza troppe dispersioni, con quattro possibili mappature (due economy, una performance e una per le manovre) sinonimo di assoluta versatilità.
Perde un po’ in ripresa, soprattutto su strada normale, ma lui è un performer e non un semplice cantante: sa che quello che conta è la totalità dello spettacolo, non la singola canzone e ti insegna come mixare tutti gli elementi per ottenere il massimo risultato.
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La visibilità è diretta e le videocamere offrono una visuale nitida e ben suddivisa per avere tutto sotto controllo guardando in un’unica direzione. Lo schermo si divide in quattro riquadri: uno che fa da specchio principale, uno per il grandangolo e due per i punti ciechi (frontale e laterale), cambiando la grandezza dei riquadri a seconda del tipo di strada che stiamo percorrendo e fanno anche da allarme visivo in caso di rischio collisione.
E questo sfoggio di tecnologia avanzata colpisce. Sorprende cioè che accanto in quel tipo dal fascino retrò, diretto e audace, trovi spazio anche un’indole visionaria, che assume i connotati dell’avanguandia quando ti prende la mano e ti mostra cosa significhi la «guida autonoma».
Con la navigazione accesa del navigatore integrato, il camion rallenta da solo prima degli svincoli, delle rotonde e curve pericolose lasciandomi decisamente sgomenta.
Se i radar rilevano un ostacolo (segnalato tramite sistema di led, suoni e cornici luminose sugli specchi), MAN mantiene la corsia anche se il conducente vorrebbe comunque sterzare.
Lo stesso sistema funge da sicurezza in fase di rientro, con la freccia di sinistra accesa i led lampeggiano e quando si spengono significa che siamo a distanza giusta per rientrare.
E qui viene fuori un’altra piega caratteriale inattesa. Perché TGX è uno consapevole di ciò che vuole da una relazione, prova tanto rispetto per i propri spazi e per i propri valori, ma difficilmente è pronto a scendere a compromessi.
E quindi, se ti fidi di lui e ti lasci trasportare, ti terrà al sicuro, facendoti scoprire anche lati di te rimasti latenti.
Ma soprattutto permettendoti di sperimentare un modo di guidare proiettato al futuro e dando un nuovo significato alla parola «trasporto», un significato che include anche emozioni, percezioni e attrattività.
Esattamente come James Brown fece con la musica.