Dopo BRT (ex Bartolini), Geodis, DHL e Ceva Logistic, anche Ups cade sotto le indagini della Guardia di Finanza e della Procura di Milano. L’accusa è quella di somministrazione illecita di manodopera per un ammontare di 480 milioni di euro – oltre a 86 milioni di Iva – attraverso la stipula di contratti fittizi e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Per questi motivi la direzione distrettuale antimafia della Procura di Milano ha disposto un maxi sequestro nei confronti della società di spedizioni per frode fiscale di 86 milioni e 400 mila euro, eseguito dal Comando provinciale di Milano della Guardia di Finanza. Il provvedimento fa seguito alle indagini della Procura, del Nucleo di polizia economico finanziaria del capoluogo lombardo e del Settore contrasto illeciti dell’Agenzia delle Entrate. La Procura ha inoltre richiesto il divieto per la società di pubblicizzare beni e servizi per un anno.
Società filtro e cooperative serbatoio
La Guardia di Finanza avrebbe scoperto che i rapporti di lavoro con l’azienda venivano coperti da società filtro che a loro si volta si rivolgevano a cooperative “serbatoio”, che evitavano sistematicamente il versamento dell’Iva o dei contributi previdenziali dei lavoratori.
Di conseguenza i pubblici ministeri Giovanna Cavalleri e Paolo Storari hanno iscritto nel registro degli indagati i tre rappresentanti legali di Ups, che si sono succeduti dal 2017 al 2022. Gli avvisi di garanzia si stanno notificando agli ex manager e alla società, indagata per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Inoltre, sono in corso perquisizioni a persone e società coinvolte nelle province di Milano, Roma, Como e Reggio Emilia.
L’inchiesta e il sequestro sono l’ultima vicenda in ordine di tempo di una lunga serie di indagini nel settore della logistica, tutte incentrate sull’utilizzo da parte dei grandi operatori di piccoli consorzi e cooperative per gestire i flussi di manodopera, al fine di eludere il fisco ed evadere il versamento dei contributi previdenziali. Dal 2019 a oggi il PM Storari ha disposto sequestri per oltre 150 milioni di euro complessivi.
Dipendenti spostati in 178 diverse società dirette da prestanomi
Come avveniva la frode lo spiega la Procura. In sintesi, Ups esternalizzava in maniera illecita la sua forza lavoro, mettendola a carico di 178 diverse società che svolgevano la funzione di serbatoio di personale. Venivano poi emesse fatture false per operazioni inesistenti e stipulati falsi contratti di appalto al posto di quelli di somministrazione di manodopera.
Queste società, per lo più piccole cooperative, consorzi e società di capitali di breve durata, erano in realtà imprese fittizie rappresentate da prestanomi, tutte con notevoli criticità fiscali. Secondo la Procure le società non avevano alcuna ragione di esistere se non quella di fornire la propria forza lavoro a Ups, «con i dipendenti che venivano completamente assoggettati all’interno dei ritmi produttivi e che erano guidati da software per massimizzare la produttività».
Lo spedizioniere riusciva così a eludere il fisco anche attraverso la manipolazione delle loro buste paga, nelle quali venivano inserite voci non imponibili come diaria, trasferte, mensa e ristorni, tipiche delle realtà mutualistiche. Un onere che oltretutto ricadeva il più delle volte sulle spalle degli stessi lavoratori, costretti di continuo a spostarsi da una società all’altra, pena il licenziamento.
I dipendenti venivano infine costretti a firmare le proprie dimissioni, per poi essere assunti da un nuovo datore di lavoro svolgendo sempre le stesse mansioni per il medesimo committente, cioè Ups. Agli addetti veniva fornito solo un rapido preavviso orale, dando per scontato che tutti avrebbero accettato senza protestare a causa del loro impellente bisogno di lavorare.
Riceviamo e pubblichiamo lo statement di precisazione di UPS Italia:
«Portiamo avanti le nostre attività nel rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti a livello locale. Comprendiamo le ragioni sollevate dal Pubblico Ministero e abbiamo attive politiche e procedure all’interno del nostro programma di conformità che affrontano specificamente tali questioni.
Desideriamo precisare che questa indagine, che è ancora in una fase preliminare, riguarda presunte dichiarazioni fiscali irregolari e non il “caporalato” (pratiche di lavoro illecite) o la criminalità organizzata. Stiamo collaborando pienamente con le autorità e, poiché l’indagine è ancora in corso, al momento non possiamo fornire ulteriori dettagli».