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Nuovo tachigrafo. Bruxelles rinvia ma lascia decidere agli Stati. Una proroga in attesa della proroga

Il d-day doveva scattare il 21 agosto, ma i nuovi strumenti ancora non sono disponibili e l’IRU ha chiesto una proroga a fine anno. Ma la DG Move della Commissione ha concesso poche settimane e ogni Stato ha fatto per conto suo. Ora Bruxelles dovrà cercare una soluzione condivisa

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Meraviglioso il nuovo tachigrafo intelligente. Si chiama «SMT2» e permette – fra le altre funzioni – di registrare automaticamente e, soprattutto, da remoto (ma, attenzione, le sanzioni possono essere comminate solo dopo un’ispezione del veicolo) i passaggi di frontiera, i tempi di guida e di riposo e la posizione al carico/scarico della merce, di collegarsi al sistema di autenticazione fornito da Galileo ed è dotato di un meccanismo anti-manomissione. Un gioiellino, insomma, fondamentale per contrastare il cabotaggio abusivo e i distacchi illegittimi, ma anche per controllare il rispetto dei tempi di guida e di riposo. E tutto questo è scattato dallo scorso 21 agosto, da quando, cioè, per volontà della Commissione europea, i nuovi veicoli per il trasporto di merci e persone superiori alle 3,5 tonnellate di portata, devono essere consegnati agli acquirenti con il nuovo straordinario strumento. Peccato che la crisi dei microchip abbia rallentato la produzione dei nuovi tachigrafi e che non ce ne siano abbastanza per rifornire le nuove immatricolazioni: secondo l’IRU, l’organizzazione internazionale degli autotrasportatori, in tutta Europa ne mancherebbero tra i 20 e i 40 mila. In Italia, il mistero dei Trasporti ne stima un fabbisogno tra i 7 e i 9 mila pezzi.

Bruxelles: la proroga decidetevela voi

Dunque – verrebbe da pensare – ci sarà una proroga, almeno fino a fine anno (come chiesto da tutti gli operatori) per evitare ai camionisti che effettuano trasporti internazionali una multa di quasi 3 mila euro (art. 179 del Codice della strada, fino a 2.853 euro per la messa in circolazione di un veicolo sprovvisto di tachigrafo oppure dotato di tachigrafo non omologato). Macché. Nonostante da mesi le associazioni degli autotrasportatori, dei costruttori di veicoli commerciali, dei concessionari facciano presente la contraddizione in termini e l’impossibilità di mettere su strada veicoli conformi alle disposizioni, la Direzione generale Move della Commissione UE se ne lava le mani e ribalta il problema sui Paesi membri, per non toccare il calendario già approvato che prevede altre tre scadenze: il 31 dicembre 2024 per la sostituzione dei vecchi tachigrafi analogici o digitali con i nuovi sui veicoli già immatricolati; il 19 agosto 2025 per la sostituzione dei cronotachigrafi di prima generazione; il 2026 per l’adeguamento dei veicoli commerciali tra le 2,4 e le 3,5 tonnellate.

A fine luglio, dopo un mese di febbrili trattative a Bruxelles, la DG Move ha emanato una circolare di compromesso: nessuna proroga generalizzata; ogni Stato membro potrà lasciare la libera circolazione sul proprio territorio ai nuovi veicoli anche se con il tachigrafo 4.0. E il ministero dell’Interno italiano si è adeguato, con una circolare (datata 9 agosto 2023) che fissa un regime di tolleranza fino al 30 settembre, ma la data è citata in una nota – quasi che fosse di secondaria importanza – ed è motivata con il fatto che «alla fine di settembre è prevista una nuova riunione del Comitato del trasporto stradale in seno alla DG Move». Dalla quale evidentemente si sperava scaturisse un’indicazione unitaria.

Un caos normativo

La partita, dunque, è ancora aperta. Anche perché altri otto paesi dell’Unione hanno subito sfruttato l’apertura offerta da Bruxelles: Irlanda, Norvegia e Lituania hanno rinviato il termine come l’Italia a fine settembre; di 4/6 mesi l’ha posticipato la Francia; al 31 dicembre 2023 l’hanno spostata Germania e Spagna; addirittura a fine aprile e a fine maggio 2024, la Svezia e l’Austria. Anche Regno Unito e Svizzera, che pur non essendo nell’Unione ne condividono i problemi della circolazione internazionale, hanno introdotto un regime di tolleranza (ma solo per il traffico interno) rispettivamente fino al 21 febbraio e al 31 maggio 2024.

Un caos normativo, insomma, che difficilmente può conciliarsi con un’entità che vorrebbe essere il più possibile unitaria come l’Unione europea. Al quale caos rischia di aggiungersi un nuovo problema: quello dei retrofit da installare sui veicoli immatricolati prima del 21 agosto 2023 se attivi nel trasporto internazionale. L’IRU prevede che anche in questo caso non sarà possibile rispettare la scadenza del 19 agosto 2025. I dispositivi non saranno disponibili per la retro installazione prima della fine del 2024 e bisognerà dotarne, secondo l’IRU, tra 1,5 e 2 milioni di veicoli. Difficile, dunque, rispettare anche quella scadenza. E il problema dei retrofit, ha scritto l’IRU nel convocare una riunione interna, «potrebbe diventare ancora più grande di quello attuale».

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