L’Italia è il paese dei problemi. Quello in cui se ne risolve uno e se ne crea contemporaneamente un altro. Un esempio evidente in tal senso si trova all’interno del decreto Lavoro, quello approvato lo scorso 1° maggio (ma entrato in vigore il 4 maggio). Tra le altre misure che contiene c’è quella che esonera gli autotrasportatori, almeno per il 2023, dal versamento del contributo all’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART). Benissimo, direte voi. Problema in questo risolto, seppure soltanto momentaneamente. Nel senso che l’anno prossimo – c’è da giurarci – tornerà a manifestarsi «più forte che pria». Il problema creato dalla risoluzione del primo problema riguarda le tempistiche: il contributo all’ART, infatti, andava pagato entro il 28 aprile. Quindi, è molto probabile che in tanti quel contributo lo abbiano pagato prima ancora che venisse congelato. E quindi a questo punto come si fa ad avere indietro quei soldi che non si sarebbero dovuti pagare?
La risposta si trova in una comunicazione della stessa ART, inviata in questi giorni, tramite PEC, alle imprese che si trovano nella situazione descritta. In pratica, consiglia di entrare nell’area riservata http://secure.autorita-trasporti.it e di rettificare la dichiarazione presentata a suo tempo, indicando nella voce di esclusione E01 i ricavi relativi all’autotrasporto di cose per conto di terzi, che di fatto sono stati esonerato dal Decreto Lavoro.
Una volta ripresentata la dichiarazione, inserita la causa di esclusione dal pagamento del contributo 2023 ed effettuate le opportune verifiche, ART provvederà quindi a rimborsare degli importi versati, maggiorati degli interessi legali. Gli importi saranno accreditati nei conti correnti corrispondenti ai codici IBAN indicati dalle imprese.