Se la digitalizzazione richiede investimenti importanti per portare vantaggi alle imprese, figuriamoci la transizione ecologica. Mentre le istituzioni europee si rimbalzano la scelta definitiva sui tipi di alimentazioni da impiegare sui camion dopo il 2040 (sempre che la scadenza sia confermata), mentre le case costruttrici si fanno la guerra a colpi di investimenti su motori elettrici o a biocarburanti o e–fuels, o stringono alleanze per trovare soluzioni a lungo termine (l’ultimo è il progetto H2Accelerate di Daimler, Volvo e Iveco, per mettere in funzione 150 camion a celle a combustibile con finanziamenti europei), le imprese di autotrasporto vivono con imbarazzo una fase in cui non è facile capire dove si andrà a parare e quale sarà la scelta finale.
Ma non tutti stanno con le mani in mano. C’è anche chi ragiona in grande, verifica in proprio le possibilità ed espande la ricerca ad altri settori contigui. È il caso dell’altoatesina Fercam, il cui fatturato (943 milioni nel 2021 e più di un miliardo nel 2022) è costituito per il 52% dai 3.350 camion del settore full truck load (FTL), che ha avviato due progetti tarati sulle proprie esigenze distributive, per essere pronta ad affrontare un futuro fatto di alimentazioni alternative: uno per il trasporto a medio e lungo raggio con veicoli pesanti, l’altro per la distribuzione urbana, con i veicoli leggeri. Il primo utilizza biometano per 50 veicoli (Fercam ha una partecipazione in una centrale biogas a Vipiteno e sta provando anche il biodiesel HVO di Eni con una stazione di rifornimento a Bolzano); il secondo ha già testato in città diversi tipi di veicoli elettrici fino ai 35 quintali per scoprire che non sono mezzi adatti al ciclo distributivo dell’azienda. «Fercam», ha spiegato a K44 Dino Menichetti, Regional manager dell’azienda di Bolzano, «è un operatore logistico che trasporta merce piuttosto pesante e quindi ha bisogno di veicoli con una portata significativa, ma anche, allo stesso tempo, con dimensioni compatte per distribuire all’interno dei centri urbani».
Per questo, l’azienda ha virato su 16 furgoni Iveco Daily a metano da 7,2 ton, già in circolazione a Roma. «Il vantaggio di questi veicoli», ha chiarito Menichetti, «è che hanno una capacità di carico in termini di peso che è dalle 5 alle 6 volte superiore al classico furgone. Se io utilizzo veicoli che hanno capacità di carico superiore, diminuisco il numero complessivo dei veicoli circolanti».
E l’elettrico? «Oggi», ha risposto Menichetti, «in questo segmento Iveco ha appena messo in listino l’eDaily, che proveremo anche nella configurazione da 7,2 ton. Nel frattempo, proprio a Roma – dove facciamo 1.500 consegne al giorno – abbiamo introdotto una motrice elettrica Renault DZE da 16 ton con una portata utile di circa 90 quintali e questo sarà un bel banco di prova per testare l’utilizzo non solo nel ciclo operativo della distribuzione, ma anche per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica di cui dovremo dotare i nostri magazzini». Perché, per ottimizzare il veicolo e ammortizzarne i costi elevati sarebbe necessario utilizzarlo per due missioni al giorno, ma per farlo occorre un’infrastruttura di ricarica con colonnine ad alta tensione. «Oggi quasi tutti i nostri siti», ha ricordato Menichetti, «sono alimentati con cabine di bassa tensione. Modificarli comporta costi importanti, per cui stiamo valutando la possibilità di utilizzare al massimo l’energia elettrica rinnovabile che produciamo di giorno con i nostri pannelli fotovoltaici. Lo studio è così complesso che ci stiamo rivolgendo anche a università con cui collaboriamo da anni, come il Politecnico di Milano».
Ma Fercam valuta anche un’altra possibilità: il recupero di aree industriali dismesse dove realizzare veri e propri centri di ricarica multi fuel. «È un’ipotesi», ha detto Menichetti, «che stiamo caldeggiando a Roma, dove collaboriamo al piano urbano della logistica sostenibile, ma anche in diverse altre città: si tratta di realizzare un’infrastruttura, inserita all’interno del contesto dove è insediata la maggior parte delle aziende logistiche, in cui siano presenti colonnine di ricarica elettriche, stazioni di rifornimento di biocarburanti e un domani l’idrogeno da mettere a disposizione degli operatori. Questo faciliterebbe l’introduzione di ulteriori veicoli elettrici, perché a quel punto noi impresa ci potremmo concentrare sugli investimenti per i veicoli a zero emissioni, non dovendo organizzarci anche per la parte infrastrutturale».