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Straordinari e trasferte, gli accordi aziendali sono validi anche per i dipendenti che non li sottoscrivono

La Corte d’Appello di Milano, sezione lavoro, ha stabilito che per quanto riguarda la forfetizzazione degli straordinari e delle indennità di trasferta gli accordi sindacali si applicano alla totalità dei lavoratori dipendenti delle aziende che rientrano nel campo di applicazione degli accordi stessi, anche in assenza di specifica sottoscrizione da parte del singolo lavoratore

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Il tema di oggi riguarda la forfetizzazione degli straordinari e delle indennità di trasferta, in relazione all’applicazione in questo contesto degli accordi aziendali anche a quei dipendenti che non li abbiano sottoscritti personalmente. È una fattispecie di cui si è occupata una recente sentenza – la n.926/2022 – della Corte d’Appello di Milano, Sezione lavoro, chiamata a giudicare di una decisione in primo grado del Tribunale di Sondrio. Il Tribunale aveva deliberato contro un lavoratore di un’azienda di trasporti che chiedeva il pagamento di differenze retributive a titolo di indennità di trasferta, di lavoro straordinario e delle relative incidenze sul TFR e sulle mensilità aggiuntive, una somma di circa 40 mila euro più gli interessi e la rivalutazione monetaria.

IL FATTO

L’autotrasportatore, prima soggetto a contratti a termine poi assunto come dipendente dall’azienda nel 2014, era stato licenziato per giusta causa 4 anni e mezzo dopo. Non avendo nulla da eccepire sul licenziamento, l’autista riteneva invece di non aver percepito in liquidazione il corretto trattamento retributivo. La datrice di lavoro sosteneva al contrario che il ricorrente avesse svolto orario di lavoro discontinuo e che quindi andasse applicato un accordo aziendale di secondo livello firmato il 3 giugno 2017 con le organizzazioni sindacali, in cui appunto si trattava l’accertamento della discontinuità dell’orario di lavoro dei dipendenti e la conseguente forfetizzazione dei trattamenti economici per lavoro straordinario e indennità di trasferta. Sulla base di queste argomentazioni, il Tribunale di Sondrio aveva deciso che l’accordo aziendale «era vincolante anche per il ricorrente che non risulta iscritto ad altre organizzazioni sindacali e non era dissenziente sul contenuto dell’accordo». Inoltre l’organo giudicante di primo grado spiegava che «i lavoratori sono tenuti, a pena di decadenza, a rivendicare per iscritto eventuali differenze per il lavoro straordinario e per indennità di trasferta nel termine perentorio di 4 mesi dal momento di maturazione» e che quindi «dal 3 giugno 2017, il ricorrente dovrebbe aver sempre seguito un orario conforme alle disposizioni di cui all’art. 11 bis e segg. del CCNL Logistica Trasporto Merci e Spedizioni – cosa non avvenuta – né si comprende per quale motivo il datore di lavoro avrebbe dovuto disapplicare l’accordo proprio nei confronti del ricorrente».

LA DECISIONE

Ma l’autotrasportatore non si è arreso ed è ricorso in appello contro la sentenza di primo grado. Anche la Corte d’Appello di Milano, però, non gli ha dato ragione. Vediamo perché.
Innanzitutto la Corte d’Appello, richiamando l’art. 11 bis del CCNL, ricorda che il comma 10 afferma che agli accordi sulla forfetizzazione degli straordinari e delle indennità di trasferta va applicata una clausola di decadenza. Recita infatti l’articolo: «Il lavoratore è tenuto, a pena di decadenza, a chiedere il pagamento delle differenze di indennità di trasferta e di compenso per lavoro straordinario che ritenga dovute… nel termine perentorio di sei mesi dalla data in cui riceve i compensi ai titoli suddetti. Gli accordi di cui sopra dovranno essere firmati dai lavoratori interessati». È in sostanza una clausola di salvaguardia per cui eventuali rivendicazioni devono essere fatte valere entro tempi certi, se no decadono. L’accordo aziendale in questione, anzi, prevedeva tempi anche più ristretti, in quanto i lavoratori erano tenuti «a pena di decadenza, a rivendicare per iscritto eventuali differenze per il lavoro straordinario e per indennità di trasferta nel termine perentorio di 4 mesi dal momento della maturazione». Il ricorrente, invece, solo con PEC del 5 marzo 2020 aveva chiesto all’azienda il pagamento delle differenze secondo lui maturate in corso di rapporto, quindi fuori dal tempo massimo previsto.
A questo punto la domanda che sorge spontanea è se un accordo aziendale di questo tipo possa essere applicabile anche ai lavoratori che non l’hanno sottoscritto specificamente, come nel caso del ricorrente. La Corte di Milano pensa di sì, riportando l’orientamento della Corte di Cassazione per cui «i contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell’azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l’unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l’esplicito dissenso dall’accordo». Questa validità erga omnes – sottolinea la Corte Suprema – si giustifica con la tutela di interessi collettivi nel contesto lavorativo e aziendale, anche per quei lavoratori non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti. La Corte milanese pertanto ha respinto le tesi del conducente, secondo cui il conferimento di efficacia delle disposizioni in materia di orario di lavoro contenute nell’accordo, per divenire vincolanti, avrebbero dovuto essere da lui firmate.

LE CONSEGUENZE

La Corte d’appello ha deciso in conclusione che il lavoratore risulta inesorabilmente decaduto «dalla possibilità di ottenere il pagamento di differenze retributive di qualsivoglia natura maturate successivamente al giugno 2017». Inoltre ha ritenuto che «l’appellante non abbia allegato né dedotto i motivi per cui la quantificazione dello straordinario e delle indennità di trasferta, riconosciuta dalla società nel corso del rapporto per il periodo dal 2017 fino alla cessazione del 2019, si sia discostata dai criteri stabiliti dall’accordo aziendale, avendo basato l’intero ricorso introduttivo e i relativi conteggi sull’erroneo convincimento che l’orario settimanale fosse di 39 ore settimanali, in luogo di quello corretto di 47 indicato nell’accordo». L’impugnazione del lavoratore è stata quindi rigettata, con integrale conferma della sentenza di primo grado.
Il principio generale che deriva da questa sentenza avrà un impatto notevole anche per future cause. In sostanza, è ribadita la regola per cui sono gli accordi a definire in via forfettaria i trattamenti di trasferta e il compenso per lavoro straordinario e che questi si applicano alla totalità dei lavoratori dipendenti delle aziende che rientrano nel campo di applicazione degli accordi stessi. Non importa dunque che manchi la specifica sottoscrizione dell’intesa da parte di un lavoratore: l’accordo sarà comunque applicabile, anche relativamente alla discontinuità dell’orario di lavoro dei dipendenti e alla forfetizzazione dei trattamenti economici per lavoro straordinario e indennità di trasferta.

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