Dopo i budget relativamente «ricchi» del 2021 e 2022 (rispettivamente di 177,5 e 73 milioni; si veda articolo a p. 24), tutto nel 2023 sembra tornare alla magra normalità, salvo colpi di coda al momento non prevedibili.
Lo stanziamento stabilito finora per l’anno in corso si limita alla quota del Fondo Autotrasporto del ministero dei Trasporti destinato agli investimenti (come normato dal DM n.103 del 11 marzo 2022), pari a 25 milioni di euro, oltre alla tranche del Fondo Elevata Sostenibilità spettante al 2023, pari a 10 milioni. Per essere utilizzate dalle imprese, tuttavia, i primi hanno bisogno di una cornice regolatoria che la Direzione Autotrasporto del MIT ancora deve emettere, a dispetto delle rassicurazioni date di recente alle associazioni di filiera.
A questi potrebbero aggiungersi ulteriori 9 milioni stanziati per il 2023 dal precedente governo per sostenere l’acquisto di veicoli commerciali Zero Emission (ossia, Full Electric e Fuel Cell) e le relative infrastrutture di ricarica, nel quadro del cosiddetto «Fondo Mobilità Sostenibile», ma a tutt’oggi non si ha contezza sull’effettiva messa a disposizione di tali risorse.
È evidente, quindi, che si tratta di una situazione parecchio confusa, al punto da indurre le associazioni dell’autotrasporto e dell’automotive a progettare una proposta organica e unitaria da rivolgere nei prossimi mesi agli stakeholder istituzionali. Si intende prefigurare un sistema ex-novo di finanziamento alle imprese per il sostegno alla transizione tecnologica del parco che sia più allineata all’effettivo fabbisogno del mercato, oltre che più accessibile, tempestivo e lineare per le imprese.
I crediti d’imposta
Oltretutto, a questo scenario di budget ridotto si aggiunge un quadro al ribasso anche per quegli strumenti che negli ultimi anni sono stati apprezzati non solo dalle imprese di autotrasporto, ma dall’intera filiera del trasporto merci. In particolare, l’ultima Legge di Bilancio non ha confermato il credito d’imposta al 6% a sostegno degli acquisti in beni strumentali – che nel 2021 era al 10% e che fino al 2020 era strutturato come Superammortamento al 20% – che ha rappresentato un toccasana per molte aziende di trasporto, sia in conto terzi che in conto proprio, impegnate nel rinnovo tecnologico del parco mezzi.
In particolare, le imprese in conto terzi hanno perso la possibilità di cumulare il credito d’imposta sui beni strumentali con gli incentivi previsti nelle varie versioni del Fondo Investimenti Autotrasporto. In questo quadro appare una compensazione insufficiente la residua conferma delle risorse a supporto dei prestiti agevolati alle PMI per l’acquisto di beni strumentali previsti dal decreto Nuova Sabatini.
L’ecobonus per i leggeri
La panoramica sulle risorse pubbliche a sostegno delle imprese di trasporto merci per fare fronte alle sfide della transizione ecologica non può ignorare il ruolo che ha avuto – e che ancor più potrà avere in futuro – lo strumento dell’«Ecobonus», gestito dal ministero delle Imprese (MIMIT) mediante Invitalia e destinato, oltre che alle vetture, anche ai commerciali leggeri fino a 3,5 ton di portata (classificati dal codice della strada come N1).
Nel 2021, per quest’ultima tipologia di mezzi, erano stati stanziati 50 milioni di euro, di cui 15 riservati ai full electric. Allettanti gli sconti – applicabili direttamente dal concessionario – che hanno previsto, per esempio, 3.500 euro per i van da 3,5 ton, con rottamazione (2.000 euro in assenza di rottamazione). L’agilità, la semplicità e la linearità delle procedure, gestite da Invitalia, hanno consentito un successo notevole per questo Ecobonus, con l’assorbimento rapido da parte del mercato di tutte le risorse disponibili.
Ma la sua spinta propulsiva per i veicoli commerciali leggeri si è indebolita molto nel 2022, quando, su diretto impulso del ministro per la Mobilità sostenibile, sono stati messi a disposizione per il rinnovo del parco dei leggeri 10 milioni di euro da destinare:
- esclusivamente alle PMI
- solo per l’acquisto di veicoli full electric
- con rottamazione obbligatoria e senza possibilità di ricorrere al noleggio a lungo termine.
Una misura che è tutt’ora in vigore e che presenta notevoli e sorprendenti vincoli: per esempio, l’esclusione del noleggio, ma anche la rottamazione obbligatoria e la limitazione alle PMI che non incoraggiano gli investimenti proprio delle imprese più strutturate, ossia di quelle più in grado di accelerare la transizione. E, difatti, dei 10 milioni di budget disponibili ne è stato speso in un anno appena 1 milione.
Ancor più che il Fondo Investimenti Autotrasporto, dunque, lo strumento dell’Ecobonus per i veicoli commerciali leggeri avrebbe bisogno di un urgente e profondo intervento di revisione, finalizzato a utilizzare in modo più utile le risorse ancora non spese, quantificabili nei 9 milioni rimasti al palo nel 2022, oltre agli ulteriori 15 milioni stanziati per il 2023.