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Renault T480 TurboCompound. Eclettico come Victor Hugo

Può servire alle flotte e anche rendere la vita facile a un padroncino. Può condurre verso il risparmio imponendoti bassi giri e anche farti entusiasmare nelle scalate. Può indicare soluzioni concrete e anche coccolare l’autista con iniezioni di comfort quasi geniali. Insomma, il Renault T è un camion versatile e flessibile. In grado di convincerti che il trasporto è sì pesante e impegnativo, ma può anche essere divertente e pieno di entusiasmo

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Hugo. È questo il nome che ho dato al Renault T480 TurboCompound, dopo averlo conosciuto e accompagnato da Milano a Torino. Perché Hugo? Innanzi tutto, perché è un nome simpatico, che magari a qualcuno ricorda Fantozzi. Ma il motivo è un altro: scritto così – con l’«acca» davanti – con un’evidente declinazione francese, diventa una sorta di omaggio a Victor Hugo, scrittore francese eclettico, quanto questo camion.

Ma a dimostrare spessore letterario è stato anche Piero, mio compagno di viaggio e driver-formatore di Renault Trucks Italia che, oltre ad avermi fatto ridere durante tutto il tragitto, mi ha insegnato l’arte della guida dei camion di nuova generazione e mi ha fatto capire come la versatilità – e quindi l’eclettismo – sia per la Losanga la caratteristica fondamentale con cui riuscire oggi a essere competitivi.

Design: un aspetto giovanile

Nonostante le linee un po’ troppo marcate sulla parte inferiore del muso, il Renault T vince grazie all’assoluta riconoscibilità. Non fonde in alcun modo il proprio stile con quello di altre case, permettendoti di riconoscerlo al primo sguardo da qualsiasi angolatura.
A livello estetico ha magari qualcosa da perfezionare, ma è certo che, tra tutti i veicoli in circolazione, questo camion è quello più giovanile e in grado di trovare spazio anche nel mercato delle customizzazioni. Segno che i produttori dello storico Magnum hanno intrapreso, rispetto al design, un originale percorso identitario che lascia libero spazio alle interpretazioni personali. Nel senso che a qualcuno potrà sembrare un camion da flotte, ma per tanti padroncini risulta calibrato alle loro esigenze. E in quest’ultimo mondo, si sa, la personalizzazione è spesso di casa.
Gli elementi che connotano come giovanile il Renault T480 sono tanti: è sportivo, dinamico, scattante. Ti dà l’idea di essere un tipo alla mano, di quelli con cui si può parlare di tutto sentendoti libero di essere chi sei veramente. Nessuna soggezione di fronte a lui. Al contrario, il suo aspetto suona quasi come un invito gentile: «Dai, andiamo a farci un giro!».
E se fosse un ragazzo me lo immaginerei con un sorriso rassicurante, davanti a cui ti viene naturale raccontare tutto, senza paura di essere giudicata.

Interni: il fascino è nei dettagli

Giudizio confermato anche quando si sale in cabina. Perché è lì che capisci che il Renault T non punta alla pomposità degli interni, ma su soluzioni intelligenti in grado di metterti a tuo agio e adatte alla compagnia di chiunque. Prova ne sia che sono trascorsi pochi minuti dal nostro incontro e per me è già definibile un «camion amichevole».

Sul volante ti fornisce tutti gli strumenti utili e dietro le razze, grazie a rotelle nascoste, consente di non spostare mai le mani alla ricerca dei bottoni. L’unica cosa leggermente scomoda è la leva extra del controllo della radio: un po’ ingombrante e, soprattutto in fase di conoscenza, può essere confusa con quella del retarder o del freno motore. Ma è ovvio: tempo mezza giornata e ci si fa l’abitudine.

Il fascino francese, però, per me sprigiona dai dettagli, in particolare quelli semplici quanto efficaci. Faccio qualche esempio. Il portadocumenti: trovo pratico inserirlo all’interno di un ampio cassetto sotto la radio, perché così non li rovini e hai tutto a portata di mano. Oppure, i due portaoggetti posti sul lato passeggero: è intelligente sfruttare quest’area in genere trascurata in termini di accessori, così come lo è mettere l’autista in condizione di sfruttarli in modo vario. A questo scopo è fondamentale aver creato, tramite apposito foro, un collegamento tra un vano e l’impianto di areazione, così da poterlo scaldare o raffreddare. O, ancora, il portatelefono, accessorio banale ma necessario che qui diventa di una semplicità imbarazzante, di quelle che ti fanno pensare «ma perché nessuno ci ha pensato prima?»: di fatto, è una barra magnetica integrata nella plancia con due fermi. Design lineare, privo di ingombri fastidiosi e, soprattutto, fornito di serie.

Ma il voto massimo – dieci! – lo assegno alla zona notte, dove trovo accorgimenti che la rendono geniale, soprattutto nell’ottica delle flotte che difficilmente abbondano in personalizzazioni e, al contrario, optano per optional indispensabili. L’amaca, di minima spesa e massima resa, è senza dubbio la «mia preferita»: si può montare in entrambi i lati, a seconda della preferenza dell’autista, e permette di appoggiarsi per una pausa ristoro senza ricorrere alla branda reclinabile. Se si guida in due e si necessita del secondo letto, la si chiude lungo la parete posteriore liberando spazio utile in cabina.

Alla guida: quello che non ti chiede

L’approccio alla guida di Renault Trucks è il più strano che abbia provato finora. Contrariamente a quanto ci si aspetta, infatti, qui il gioco lo conduci tu, ma nei limiti del comfort di guida e del risparmio del carburante. Come a dire, il camion è disponibile a tutto, a patto di non superare determinate accortezze.

Gli arbitri del gioco si chiamano Optivision e Optiroll: grazie al cruise-control topografico, il veicolo regola gli intervalli di velocità e sfrutta l’inerzia del veicolo portando il cambio in folle, regolandosi sulle altimetrie della strada. Non sarà raro, quindi, percepire il camion accelerare prima della salita e, subito dopo, rilasciare fino alla velocità extra o, anche, vederlo scorrere in folle in tratti che all’occhio umano sembrano pianeggianti.

A sovraintendere il tutto ci pensa il Turbocompound, tecnologia applicata al motore che ha stravolto la vecchia guida preventiva e fornisce una lezione tutta nuova sul significato di coppia. È sufficiente un numero a comprendere in che senso: a 800 giri al minuto è già pronta per manifestarsi. E da lì deriva tutto il resto. Perché, da che mondo è mondo, un motore che gira poco consuma di conseguenza.

Ma quanto è bello rallentare?

A questo punto vi starete chiedendo: ma l’autista quand’è che può giocare come crede? Per farvelo capire va premesso che sul T480 l’accelerazione è bella, ma la fase di rallentamento entusiasma. Perché il divertimento è tutto nelle staccate. Tanto che per un attimo, quasi socchiudendo gli occhi, ho anche immaginato la voce di Guido Meda (l’emozionante telecronista della MotoGp) che descriveva il modo con cui, prima di entrare in una rotonda, scalavo le marce per sfruttare al massimo i 430 kW di potenza del freno motore Optibrake.

Poi, riaprendoli, sono tornata alla realtà e ho sentito nitida la voce di Piero: «Prima scali e poi azioni la leva». Me lo ha ripetuto così tante volte che alla fine mi sono convinta ad abbandonare la SP11R e a entrare in autostrada: almeno lì rotonde non ce ne sono. E pensare che fino a ieri mi divertivo a fare i test proprio perché non avevo il pensiero di dover scalare le marce…

Un nome, uno stile

A fine giornata mi ero lasciata alle spalle quel tipo di percorso misto con cui ogni giorno un autista di camion si trova a fare i conti. Un percorso che ha decretato il Renault T480 un camion divertente, reso facile da guidare grazie a un cambio pronto e scattante e a uno sterzo preciso e leggero.
Quel nome buffo – Hugo – con cui l’ho ribattezzato alla fine mi è sembrato azzeccatissimo. Perché, così come Victor Hugo ha portato la sua anima in più discipline, anche il Renault T480 mi appare come un simbolo di eclettismo, in grado di adattarsi a qualsiasi situazione e a tutti gli autisti. Un cocktail equilibrato – e se non sbaglio Hugo è anche un aperitivo fresco e leggero – ottenuto con dosi generose di intuitività, divertimento e flessibilità.

Con il suo stile energico e brillante e con il suo look giovanile, testimonia in modo esemplare il fatto che tutti possono approcciarsi a questo settore e tutti possono trovare il proprio modo di vivere il trasporto. Magari rivoluzionando dinamiche a volte troppo ferree e un po’ arrugginite.

Pensate che conquista sarebbe: riuscire a connotare il trasporto non soltanto come qualcosa di pesante e serioso, ma in modo giocoso, energico e ironico. Del resto «è dall’ironia che comincia la libertà». Parola di Victor Hugo!

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