Fate mente locale sulla mozzarella che avete mangiato ieri sera: sapete attraverso quale contenitore mobile è arrivata fino alla vostra tavola? Rispondere: «il camion», non vale. Tutto ciò che arriva sulle nostre tavole viaggia in camion, perlomeno in ultima battuta. La domanda si riferisce, invece, a quell’allestimento che il camion si porta dietro e serve a conservare alla giusta temperatura gli alimenti trasportati: rimorchi e semirimorchi refrigerati. Ebbene, in Italia – come ha quantificato OITAF – Osservatorio Interdisciplinare Trasporto Alimenti e Farmaci, all’interno del secondo Libro Bianco del Trasporto ATP in Italia, presentato il 27 ottobre a Genova – ce ne sono in giro la bellezza di 17.529. E con tutto ciò che si mangia è anche normale.
La cosa anomale è che in media raggiungono un’età media di 16,4 anni.
La cosa anormale è che questi mezzi nel 60% dei casi sono di proprietà dello stesso produttore o della società commerciale che si occupa di distribuire la mozzarella. Quindi, una realtà spesso molto piccola e che interpreta il trasporto in conto proprio non come attività principale, ma come accessorio ad altro.
La cosa anormale è che la stessa società che magari promuove il valore ambientale che sprigiona dalla mozzarella che produce, etichettandola con qualche suffisso evocativo (del tipo «bio»), poi affida questo prodotto green a veicoli geriatrici, con tutto ciò che ne consegue in termini di inquinamento.
La cosa anormale è che, quindi, la flotta italiana di rimorchi e semirimorchi ATP è costituita per la stragrande maggioranza da mezzi già declassati a Isotermici Normali per il trasporto da 0° C in su, malgrado da lungo tempo esistano in commercio soluzioni avanzate per efficientare i consumi, per ridurre le emissioni di CO2 e di altri inquinanti e per garantire ai prodotti alimentari che consumiamo un’adeguata sicurezza.
Ci sono eccezioni, per carità, ma sono confinate a qualche decina di casi, vale a dire quelle mosche bianche rappresentate da grandi flotte di trainati operanti in conto terzi e in grado quindi di generare significative economie di scala. Ma si tratta, appunto, di una sparuta minoranza.
La distribuzione territoriale della flotta di allestimenti refrigerati
Poi ci sono le disparità territoriali e queste, in definitiva, sono normali. Nel senso che te le aspetti. Non stupisce, infatti, che il 44,8% degli allestimenti frigo in Italia alberghi al Sud, perché è da lì che parte quel made in Italy tanto apprezzato non soltanto al Nord, ma anche oltre frontiera. Ma a portarcelo – ci informa lo studio di OITAF – non sono vettori nazionali, ma le grandi flotte dell’Europa orientale che di fatto controlla il grosso del trasporto internazionale, perché quella italiana, al pari di quella francese (che raggiunge comunque i 120.000 veicoli da trasporto con un certificato ATP e circa 150.000 veicoli in totale) è tutta concentrata sul nazionale. E allora, tutto sommato non stupisce (malgrado preoccupi) che nella fascia di mercato più a Sud dell’Italia l’età media sia addirittura superiore del dato nazionale, toccando la bellezza dei 17,4 anni. Anche se, a dirla tutta i 13,9 anni del Nord Est non sono chissà quale vanto, considerando che i ricordati cugini francesi non vanno oltre i cinque anni di età media.
E se vi abbiamo rovinato la cena, ce ne scusiamo tanto…