Anche il giudice di pace di Mantova entra a far parte della ormai folta schiera di tribunali che stanno decidendo a favore delle aziende di autotrasporto merci in materia di multe stradali.
Nel caso specifico il giudizio verteva su un’ordinanza della Prefettura della città lombarda– conseguente a un verbale di infrazione della Polizia Stradale – per violazione dell’art. 142 comma 11 del Codice della Strada, relativo al non funzionamento o alterazione del limitatore di velocità che comporti l’eccesso di velocità stesso.
L’azienda di autotrasporto contestava la violazione, affermando che il limitatore di velocità era perfettamente regolare, ma non in grado di funzionare su intere tratte caratterizzate da lunghi rettilinei con forti pendenze. Inoltre, l’avv. Roberto Iacovacci segnalava, come d’abitudine in queste cause, l’illegittimità dell’uso dello strumento di controllo velocità, mancando le prescritte approvazioni, omologazioni, verifiche e tarature, nonché altri vizi formali come la mancata indicazione del luogo e della percentuale di tolleranza strumentale applicata.
Di fronte a queste argomentazioni il giudice di pace dava ragione all’azienda.
«Secondo la legge – ha spiegato l’organo giudicante – il giudice non deve accertare la legittimità dell’atto amministrativo, ma la legittimità della pretesa sanzionatoria». In altri termini, per infliggere una sanzione occorre dimostrare la piena responsabilità di chi è accusato di quella violazione. La Cassazione ha abbandonato da tempo il principio della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, per cui l’opponente – in questo caso l’azienda di autotrasporto – non deve fornire prova del contrario, e cioè che l’ordinanza è illegittima, quanto dimostrare in giudizio la sua non responsabilità.
In relazione a quest’ultimo punto, quindi, il giudice di pace richiama l’art.3 della legge 689/81, secondo cui «per le violazioni colpite da sanzioni amministrative è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, sia essa dolosa o colposa».
Dalle prove acquisite risulta invece che il ricorrente abbia agito senza consapevolezza e involontariamente e, poiché la Prefettura non si è presentata in giudizio e non ha fornito alcuna prova in contrario, «l’opposizione è meritevole di accoglimento».
L’ordinanza prefettizia è stata di conseguenza annullata e le spese compensate.