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10 domande a… Michael Barbieri

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CARTA DI IDENTITÀ

NomeMichael
CognomeBarbieri
Età30
Stato Civilecelibe
Punto di partenzaGemonio (Va)
Anzianità di Servizio5 anni
Settore di attivitàbobine di carta, terriccio, generico
  • Oggi gli autisti di camion sono diventati «merce rara». Di giovani, poi, vai a trovarne… Tu che sei giovanissimo come mai hai scelto questo mestiere?

È una passione che ho ereditato da due generazioni. Sia mio nonno che mio padre erano autisti. In un certo senso è come se fossi cresciuto con il camion in casa. Ricordo che quando ero piccolo, al sabato mattina, piangevo disperato perché volevo che mio padre mi portasse sul camion con lui.

  • Tornassi indietro, rifaresti la stessa scelta?

La rifarei 100 volte. Salire su un bilico è stato il sogno di una vita. Certo, alcuni giorni è dura e non è sempre tutto rose e fiori, ma sono contento del mio lavoro.

  • C’è ancora qualcuno che oggi vuole fare questo mestiere?

Secondo me i giovani vorrebbero pure farlo, ma uno dei problemi principali sono i costi delle patenti ancora molto elevati. Spendere 5.000 euro tra CE e CQC è una follia. È normale che si vada alla ricerca di altro. E non penso che il meccanismo dei voucher possa risolvere, alla lunga, i problemi.

  • La difficoltà che più comunemente incontri nella tua routine giornaliera?

Il fatto di non sapere mai quando si rientra a casa, a causa del traffico. Troppo spesso mi capita di ritrovarmi imbottigliato in coda per ore, specie quando passo dalle parti di Milano. E ciò è una grande fonte di perdita di tempo e di stress.

  • Gli episodi che ti hanno segnato in questi primi cinque anni di carriera?

È brutto dirlo, ma il mio pensiero va a quando mi è capitato di assistere a incidenti stradali, soprattutto in caso di coinvolgimento di un collega. Sono immagini che ti rimangono impresse. Alla notte non ci dormi.

  • Il tuo mezzo preferito?

Quello che guido attualmente: un Volvo FH 500. Ce l’ho da poco in dotazione dalla ditta dove attualmente lavoro. Per me è il top. Mi è sempre piaciuto il suo design.

  • Sei più un tipo da camion «sobrio» o «decorato»?

I camion decorati son belli da vedere. Al Transpotec ce n’erano veramente di fantasiosi. Ma a me piace tenerlo così com’è. Lo personalizzo il giusto, senza sfociare nell’eccesso. Mi limito magari alle tendine parasole, al tappetino e ai coprisedili.

  • A proposito di Transpotec, grande protagonista è stata l’elettrificazione. Che idea ti sei fatto di questo trend?

Che ci vuole ancora tempo per la diffusione su larga scala. Oggi forse può avere un senso sulla distribuzione a corto raggio, ma sulle lunghe tratte non so quanto un camion elettrico possa riuscire a trasportare rispetto a un camion a gasolio. Penso alla tratta Varese-Venezia, che di solito copro caricando 350 quintali di bobine di carta. Solo a pensare di rimanere a secco di energia mi sale l’ansia…

  • Cosa ti ha colpito di più al Transpotec?

Essendo un appassionato di camion non potevo mancare a questo appuntamento. Sicuramente la nuova serie DAF mi ha impressionato. Vederla finalmente dal vivo è stato sensazionale. Le cabine allungate, il colore che gli hanno dato, l’aerodinamica… Hanno fatto davvero un gran bel lavoro.

  • Come vivi il tempo libero?

Mi piace mantenermi attivo e in forma. Quando posso vado in palestra e nei weekend faccio spesso trekking con gli amici.

Per leggere altre interviste ai protagonisti della strada, vai a «Voci on the road».

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