L’autotrasportatore che ci suggerisce il ristorante del mese si chiama Gigi Panariello ed è nato a Scafati, in provincia di Salerno, l’8 settembre 1960. Ha cominciato a lavorare nel trasporto merci nel lontano 1978, dedicandosi quasi subito a fare il conducente. Oggi lavora per un’azienda napoletana, la Chemical Express, che movimenta prodotti chimici e rifiuti industriali liquidi in tutta Europa. «Vado da Bruno (il proprietario del Millennium, ora in pensione – ndR) ormai da tanti anni – ci spiega – perché lui e i suoi collaboratori sono persone molto alla mano, cortesi e professionali. Anche se vuoi qualcosa di semplice, come uno spaghetto aglio e olio, te lo fa senza problemi pure se non è in menu. C’è un’atmosfera molto familiare, ci facciamo quattro risate insieme, non è un problema anche se arrivi un po’ in ritardo e questo me lo fa preferire a tanti posti dove ti trattano come uno qualsiasi».
Panariello ci dice che i piatti – specie i primi – sono abbondanti e gustosi, in particolare quelli a base di agnello e le specialità locali, come l’amatriciana, «che è veramente uno spettacolo». «Quando sono in Italia mi piace mangiare in trattoria – conclude Gigi – perché si sente meno la solitudine e recuperi quel contatto umano che a volte manca nel nostro lavoro. Al Millennium poi la gentilezza e il calore umano rendono la pausa ancor più invitante».
Hotel Millennium
Il locale di Orte, ora in mano a Marco Felici, il figlio di Bruno, festeggia nel 2021 il 38simo anno di attività. Nel 2000 il ristorante – che si chiamava Da Bruno – è stato ristrutturato ed è stato costruito ex novo l’hotel. Proprio per celebrare il passaggio nel XXI secolo, la struttura è stata rinominata «Millennium».
La vicinanza all’autostrada (3-400 m dal casello) e il grandissimo parcheggio che gira intorno all’edificio (con una capienza di 60-65 autocarri) ne fanno un noto punto di riferimento per gli autotrasportatori che percorrono E35 ed E45. Anche se non si dorme nell’albergo, è disponibile il servizio doccia, al prezzo di 2,50 euro. Passando al cibo, il menu fisso da 18 euro comprende bruschetta d’apertura, primo (con pasta fatta in casa), secondo, contorno, bevande e caffè.
«Andiamo particolarmente orgogliosi dei nostri strozzapreti alla burina con panna, salsiccia e funghi – spiega Marco – Quando vengono i vecchi clienti la prima domanda che fanno è se ce li abbiamo ancora». Vecchi clienti che ormai fanno parte integrale della locanda: «Durante la settimana sappiamo già chi arriverà – sorride Felici – Persone che abbiamo imparato a conoscere nel tempo e che ci mettono sempre di buonumore».
Secondo Marco, infatti, la convivialità è un elemento fondamentale per il successo del ristorante: «Cerchiamo di socializzare con chi viene a mangiare da noi. Non ci interessa solo fare buona ristorazione, ma creare un ottimo rapporto con gli ospiti, specie quelli abituali, in modo da farli stare bene e farli tornare per questo». Così si recupera quella dimensione umana, quella condivisione di caratteri e idee perduta durante la pandemia, ma che anche prima del Covid si era smarrita in quei locali grigi, asettici e deprimenti in cui spesso i trasportatori erano costretti a fermarsi. Insomma, mangiare al ristorante sta significando di nuovo prendersi cura di se stessi. Per fortuna.