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EDITORIALE | I conti sballati di un tempo accelerato

Si sta molto peggio quando si lavora tanto e si marginalizza poco, piuttosto che quando si arranca perché il mercato é fermo. E come se non bastasse all’orizzonte sta montando l’inflazione

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Tanto più la realtà diventa complessa, tanto più i suoi connotati assumono valore relativo. Questi anni folli lo dimostrano inequivocabilmente. Provate a pensare: un’azienda di autotrasporto che ha chiuso il bilancio di un anno orribile come il 2020 con una flessione del 10-15%, alla fine si ritiene soddisfatta. Al contrario, un’azienda che, nel 2021, vede il proprio fatturato aumentare del 30% ora prova non poche frustrazioni visto che non è riuscita a mettere via un euro di margine. Il perché è ovvio: è più facile accettare di vedere i propri conti in difficoltà quando l’economia arranca e la domanda ristagna, piuttosto che lavorare sodo, fatturare tanto e non guadagnare niente.

Almeno stavolta, però, la responsabilità di tali contraddizioni non è imputabile agli autotrasportatori, alle loro carenze organizzative o alla loro ridotta dimensione aziendale. Anche un gruppo del calibro di Fedex nel primo trimestre 2021 ha visto le proprie entrate aumentare del 14% e il proprio utile operativo assottigliarsi di quasi due punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2020.

La colpa – se così si può dire – risiede piuttosto in quel circolo tortuoso per cui i sistemi produttivi si erano preparati a imboccare il percorso recessivo indotto dalla pandemia, mentre invece la montagna di soldi pubblici riversata sui mercati ha di fatto aggirato la recessione e portato le economie occidentali a una rapida accelerazione della domanda (amplificata da un’ansia di ritorno alla normalità) quando l’offerta non era ancora in grado di soddisfarla. A quel punto i prezzi di tutto, compresi quelli che compaiono in un bilancio di un’azienda di autotrasporto sotto alla voce «costi» (carburanti, personale, veicoli, ecc), sono schizzati alle stelle.

Ma anche qui si è creata una deriva insostenibile. Perché è più facile pagare di più un bene o un servizio avendo la certezza di averlo nei tempi e nei modi contrattati, piuttosto che non riuscire a reperire il bene stesso e tutto ciò che con esso viene prodotto. Insomma, un conto è pagare il gas naturale più del doppio rispetto a pochi mesi fa, un conto è non riuscire a trovare AdBlue (e quindi a non far viaggiare i camion euro 6) perché il gas con cui questo si produce costa troppo. Un conto è pagare un camion il 5% in più di pochi mesi fa, un altro è non riuscire ad averlo in tempi ragionevoli perché non si trovano i microchip che gli consentono di funzionare. Un conto è pagare l’acciaio il 42% in più rispetto a inizio anno, un altro è andare ad acquistare un semirimorchio e non riuscire a sapere non soltanto la data di consegna, ma addirittura il prezzo finale del veicolo.

Com’è possibile? Lo spiega in modo chiaro Andrea Menci. In pratica accade così: un costruttore di trailer acquista un quantitativo di acciaio; il venditore gliene consegna soltanto una parte a un dato prezzo; l’altra la spedirà quando sarà possibile reperirla, aggiornando a quel punto la relativa quotazione. Ciò significa che il costruttore conoscerà il prezzo con cui ha pagato la materia prima soltanto in quel momento ipotetico. Quindi, quando nei giorni successivi andrà a raccogliere ordini dai clienti-trasportatori e cercherà di pianificare le future consegne dei prodotti, non conosce ancora quale sarà il costo di produzione del semirimorchio ordinato. Di conseguenza non sa nemmeno a quanto potrà venderlo al trasportatore.

Insomma, si va a imbastire una sorta di trattativa in bianco, in cui restano indefiniti alcuni elementi essenziali (tempo di consegna e, soprattutto, prezzo), che ricorda tanto quelle situazioni vissute nella Germania della Repubblica di Weimar, quando gli avventori di un ristorante ordinavano soltanto una pietanza all’inizio del pasto, perché per le altre dovevano nuovamente consultare un menu che nel frattempo era stato aggiornato al rialzo per colpa dell’iperinflazione.

E allora sarà brutto (seppure accettabile) perdere soldi quando l’economia rallenta, sarà bruttissimo (e difficilmente accettabile) non guadagnarne quando l’economia galoppa. Ma veder svanire il valore dei propri capitali giorno dopo giorno, senza fare assolutamente nulla, può anche gettare nello sconforto.

Daniele Di Ubaldo
Daniele Di Ubaldo
Direttore responsabile di Uomini e Trasporti

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