Manca poco ormai al 15 ottobre, data in cui la certificazione verde (conosciuta meglio come «green pass») sarà obbligatoria anche per i lavoratori per accedere ai luoghi di lavoro. Una misura che, come si sa, sta suscitando polemiche in tutto il Paese. Vedi la protesta a Trieste – raccontata da Repubblica – dei lavoratori che hanno minacciato il blocco a oltranza dello scalo portuale, vedi i numerosi cortei di lavoratori in agitazione scesi nelle piazze di Genova, Torino, Roma, Milano e Firenze per dire «no» all’obbligo del green pass.
Nel settore dei trasporti il clima resta particolarmente teso. In più di un occasione le principali associazioni di categoria hanno manifestato le proprie preoccupazioni, parlando di «rischio paralisi» e di «bomba ad orologeria» pronta ad esplodere. Ma che cosa potrà succedere dal 15 ottobre per i dipendenti delle imprese di trasporto? Difficile ad oggi fornire una risposta certa, anche perché non è possibile quantificare quanto personale viaggiante si è vaccinato (oppure no).
Il governo ha cercato intanto di disinnescare i possibili effetti collaterali di questa situazione con un decreto che autorizza i datori di lavoro ad avere la possibilità di sapere con un largo anticipo quali e quanti lavoratori non sono in possesso di green pass laddove esistano esigenze organizzative, così da trovare eventualmente delle soluzioni in grado di far fronte a tutti gli impegni rispetto alle consegne. Questo dovrebbe consentire a chi organizza i turni di lavoro, quindi, di sapere in anticipo su quante persone potrà contare. Un aspetto sicuramente importante per la logistica, settore in cui la programmazione è essenziale, forse più che altrove.
Rimangono però ancora alcuni nodi. Come devono comportarsi, ad esempio, gli autisti stranieri? Anch’essi sono tenuti al rispetto della normativa anche se, spesso, provengono da Paesi in ritardo con la campagna vaccinale o che hanno utilizzato vaccini non validati in Unione europea come ad esempio il vaccino russo Sputnik? Su questo punto il Governo non ha ancora districato tutti i fili ed è proprio qui che le associazioni incalzano chiedendo chiarimenti.
Conftrasporto-Confcommercio parla di un «30% di autotrasportatori stranieri non vaccinati», mentre Fiap stima «inefficienze e una possibile riduzione della capacità di consegna sino al 50%, derivanti dalla necessità per le imprese di dover effettuare i controlli e per gli autisti privi di green pass di doversi sottoporre ai tamponi (al momento peraltro difficili da prenotare)».
Secondo Fiap la sospensione costretta dei servizi per mancanza di manodopera, unita al fatto che il nostro Paese già da tempo vive una situazione critica dal punto di vista della carenza di personale, potrebbe creare un grave danno economico non solo per le imprese del settore, ma per l’intero Paese, ricordando che «senza i trasportatori in piena pandemia il Paese si sarebbe bloccato». Proprio quello, insomma, che non deve accadere ora.
«Ci auguriamo – ha affermato il Segretario generale FIAP Alessandro Peron – che ci sia una presa di coscienza della reale portata del problema e che il Governo accolga la nostra richiesta di esonerare dal controllo del green pass gli operatori dell’autotrasporto impiegati nelle attività di carico e scarico».
Anche ANITA è intervenuta sulla questione chiedendo «deroghe specifiche per tutti i conducenti, siano essi italiani che esteri», mentre Unatras preme affinché venga garantita «l’omogenea applicazione della norma, al fine di evitare fenomeni di dumping da parte di vettori stranieri».