Dopo il pasticcio dello scorso settembre, dopo cioè la sentenza della Corte di Cassazione che aveva definito la targa prova uno strumento eccezionale, utilizzabili soltanto se il veicolo non è immatricolato e dotato di carta di circolazione, oggi la situazione sembra trovare una via di uscita. Nel decreto Infrastrutture (per la precisione il decreto Legge 10 settembre 2021, n. 121) è presente, all’articolo comma 3, una norma che puntualizza come l’autorizzazione alla circolazione di prova possa essere «utilizzata per la circolazione su strada dei veicoli non immatricolati e di quelli già muniti della carta di circolazione di cui agli articoli 93, 110 e 114 o del certificato di circolazione di cui all’articolo 97, anche in deroga agli obblighi previsti dall’articolo 80 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, qualora detti veicoli circolino su strada per esigenze connesse a prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento». Vale a dire in tutti quei casi in cui le officine o le concessionarie si trovano a dover circolare con un veicolo per esigenze legate appunto a collaudi o verifiche di interventi attuati.
In ogni caso – specifica sempre la disposizione – rimane l’obbligo di copertura assicurativa del titolare della targa prova (in base alla normativa esistente in materia di copertura di responsabilità civile verso terzi), per gli eventuali danni cagionati dal veicolo durante la circolazione in prova.
Ma di quanti veicoli prova può disporre ogni singolo operatore? Dipende, risponde lo stesso decreto. Nel senso che sarà parametrato al tipo di attività esercitata e dal numero di addetti. Ma per la quantificazione puntuale viene rimessa dalla normativa di oggi a un futuro decreto del Presidente della Repubblica.