È inutile farsi illusioni. I balbettanti accordi dell’ultim’ora che hanno portato alla chiusura di una serie di cantieri autostradali nelle tratte e nel periodo di maggior traffico (in pratica sul nodo di Genova e sulla A14 tra Marche e Abruzzo) avranno l’effetto di una doccia striminzita durante una traversata nel deserto. Non solo perché si tratta di pochi siti in un’Italia disseminata di lavori, ma anche perché, passate le ferie, tutto tornerà come prima, anzi peggio di prima, soprattutto per chi sulle strade e con le strade ci lavora. Perché la tragedia del ponte Morandi a Genova, il cui crollo il 14 agosto 2018 provocò 43 morti, ha reso palese ciò che era sotto gli occhi di tutti: che in Italia ponti, viadotti, cavalcavia, sottopassi, tunnel, trafori – quelle che in gergo ingegneristico si chiamano «opere d’arte» – sono «ammalorati» di vecchiaia e hanno quasi tutti un disperato bisogno di essere messi in sicurezza.
E, in nome della sicurezza, è scattata una corsa indistinta alla verifica e alla riparazione – accentuata da un aumento di livello degli standard – che si è rapidamente propagata su tutte le strade italiane, trattando con la stessa urgenza un viadotto gravemente pericolante e un tratto di asfalto sconnesso, senza tener conto di quanti problemi una miriade di cantieri aperti contemporaneamente possa creare non solo in termini di disagi alla circolazione, ma anche di danni all’economia – sia legata alla produzione sia turistica – e a quella stessa sicurezza in nome della quale erano stati aperti. A fine giugno, tre camion sono rimasti coinvolti in un tragico tamponamento a catena con incendio nei pressi di un cantiere sulla A14 fra Grottammare e San Benedetto del Tronto: due morti e un ferito grave. La dinamica dell’incidente non è stata ancora precisata, ma di certo i rallentamenti e i cambi di corsia o di carreggiata qualche rischio lo creano. La pericolosità dei cantieri, del resto, è riconosciuta esplicitamente da una direttiva europea e dal decreto legislativo 35/11 che l’ha recepita in Italia ed è, dunque, logico ritenere che i rischi aumentano quando i cantieri sono assai frequenti.
A metà maggio Altroconsumo ha svolto un check sullo stato delle nostre autostrade: in tre giorni e mezzo i suoi inviati hanno completato un giro lungo le principali arterie nazionali. Partiti da Milano, sull’A1, a Bologna hanno proseguito verso la A14, fino a Pescara, dove hanno imboccato l’A25 verso Roma per poi risalire a Nord lungo la A1, fino a Firenze, girando sulla A11 e, poi, sulla A12 per arrivare a Genova e completare il giro sulla A1 fino a Milano. 1.500 km costellati, come i grani di un rosario, da 80 cantieri: uno ogni 18,5 km. Le punte sono sulla Spezia-Genova (A12), uno ogni 6,4 km (14 lavori su 90 km) e sulla Ancona-Pescara (A14): uno ogni 8,5 km (19 su 190 km). Il tutto con riduzioni di corsie, cambi di carreggiata anche in galleria, velocità discontinue, corsie d’emergenza occupate, rallentamenti e code. Nonostante il viaggio avvenisse a metà settimana, in condizioni meteo ottimali e in un periodo di traffico limitato
Il rimborso del pedaggio
In vista delle vacanze, un’altra associazione di consumatori, Assoutenti (che – come Altroconsumo – ha lanciato una class action in tema di rimborso dei pedaggi), ha chiesto al governo di studiare un «indennizzo traffico». «Oggi se un treno o un aereo arriva a destinazione con eccessivo ritardo», ha dichiarato il presidente dell’associazione Furio Truzzi, «ai passeggeri spetta un risarcimento in denaro regolato dalle norme nazionali e comunitarie. Non esiste alcun motivo per cui lo stesso meccanismo non debba essere adottato nel settore autostradale, dal momento che gli utenti pagano salati pedaggi per attraversare la rete, subendo spesso ritardi intollerabili che creano un evidente danno morale e materiale». Quello del rimborso dei pedaggi, in realtà, è una delle misure già adottate con una certa frequenza e a singhiozzo – in particolare da Autostrade per l’Italia nel disastrato nodo ligure e nella tormentata autostrada adriatica – a ristoro del danno causato dai cantieri, almeno là dove la situazione è più drammatica.
L’ha sponsorizzata a fine maggio la stessa presidente della commissione Trasporti della Camera, Raffella Paita, dopo un’audizione dei concessionari delle autostrade liguri presentando una proposta di legge per l’abolizione dei pedaggi per tutto l’anno, dal momento che «il quadro emerso attraverso le risposte rende evidente che i lavori sono ancora indietro». Fino a che, a luglio inoltrato, lo stesso ministro delle Infrastrutture della Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha annunciato che la misura sarà introdotta anche nelle 15 convenzioni in via di rinnovo. Ma il rimborso del pedaggio, per chi con le autostrade ci lavora, è una ben magra consolazione.
«Se mi riduci i costi di qualche decina di euro», fa rapidamente i conti Giuseppe Tagnochetti, responsabile di Trasportounito per la Liguria, «mentre io, per le code, non riesco a fare un viaggio che me ne fa fatturare 250, è un ristoro ridicolo». La soluzione, dunque, va cercata sulla strada. Gli stessi autotrasportatori sono convinti che la manutenzione sia necessaria e anche urgente. «La sicurezza è essenziale e la vogliamo tutti», conviene Tagnochetti, «ma stiamo attenti perché tanti incidenti sono generati proprio dai cantieri».
E Gilberto Gasparoni, segretario di Confartigianato Trasporti Marche condivide e precisa: «I lavori vanno fatti, ma c’è modo e modo: ci vuole intelligenza e attenzione». Solo che il «modo e modo» non può che variare a seconda delle circostanze e delle condizioni, del tipo di intervento necessario e della sua urgenza, dei tempi per realizzarlo e delle modalità operative, in un florilegio di misure, di alternative e di espedienti come i lavori notturni, le chiusure nei week end, i cantieri «mobili», le deviazioni programmate, i rallentamenti e i distanziamenti, la concentrazione degli interventi, l’informazione tempestiva, che in questi mesi sono gli strumenti messi in campo per coniugare la sicurezza con la mobilità.
Il laboratorio della Liguria
È la Liguria a fare da laboratorio di questa clinica del disagio da traffico. E non poteva essere altrimenti. La riapertura dell’ex Ponte Morandi, oggi San Giorgio, non ha risolto granché. Nella Regione ci sono 285 delle 587 gallerie di Autostrade per l’Italia, un quarto di quelle esistenti in tutta Europa. Per ognuna, secondo le nuove e più rigorose modalità di controllo decise e partite lo scorso anno, c’è da fare un primo esame visivo con georadar e laser scanner (già concluso per tutte) e un secondo con carotaggi (tuttora in corso). Soltanto dopo scatta l’intervento di manutenzione, anche all’improvviso. A metà maggio la chiusura del viadotto Ragone sulla A12 Genova-Livorno, tra Lavagna e Sestri Levante, ha fatto saltare la pianificazione decisa due giorni prima in una riunione in Regione tra ministero delle Infrastrutture (che decide le manutenzioni), ASPI (che le mette in atto) e operatori.
Da mesi questi incontri si susseguono. Il presidente della Regione, Giovanni Toti, incontra ogni settimana gestori autostradali, ministero e ispettori. Ma non sempre con gli autotrasportatori. «Noi negli ultimi mesi ne avremo fatti quattro o cinque», racconta Tagnochetti, «ma con scarsi risultati: coordinare la pianificazione è difficile, perché le questioni in campo sono diverse». Per esempio, Autostrade per l’Italia ha deciso di ridurre gradualmente il numero dei cantieri aperti: chiusura nei week end, nove interventi per 20 opere dal 21 giugno e solo quattro dal 1° luglio, per poi sospenderli del tutto a fine mese.
Il porto scoppia
Ciononostante, proprio il 1° luglio si sono creati oltre sette chilometri di coda su tutte le principali direttrici autostradali liguri e gli autotrasportatori in coda – riferisce un comunicato di Trasportounito – hanno lanciato «un vero e proprio tam-tam: scendere dai camion». La categoria, del resto, era da tempo in fibrillazione: un fermo di quattro giorni per protestare contro i cantieri, proclamato per il 15 giugno da CNA-Fita, Confartigianato Trasporti, Fai, Fiap, Legacooperative e Trasportounito era stato sospeso «per senso di responsabilità», in un clima incandescente perché a Genova non c’è solo il problema dei cantieri: sta scoppiando anche il porto. La ripresa del traffico container post-Covid sta mettendo in difficoltà lo smaltimento degli arrivi, lasciando i tir in attesa a intasare non solo gli accessi allo scalo ma anche le arterie circostanti.
E siamo arrivati alla pantomima: gli autotrasportatori (Trasportounito) hanno puntato il dito contro i terminalisti. I terminalisti (Psa che gestisce Genova Pra e Sech) se la sono presa con le autostrade. L’Autorità portuale ha messo una toppa, trovando – almeno in via provvisoria – due aree per 270 stalli, ma intanto era esplosa la protesta degli autisti (i sindacati hanno chiesto almeno un riconoscimento economico per il disagio) e i portuali hanno proclamato uno sciopero per protestare contro «un incontrollato ed eccessivo ricorso a doppi turni e inquadramenti precari da parte di più terminalisti e operatori». Mentre all’orizzonte si addensano sul porto le carovane automobilistiche di turisti pronti all’imbarco.
Adriatica, cantieri notturni
L’altra grande malata è la A14, Bologna-Taranto, soprattutto nel tratto marchigiano-abruzzese, tra Pedaso e Pescara, dove si accavallano una serie di cantieri – con scambi di carreggiata – per interventi in sei gallerie nelle Marche e due in Abruzzo. In più ci sono l’intervento sul viadotto Salinello, tra Val Vibrata e Giulianova, per la «riqualifica delle barriere bordo ponte» e quello, notturno, sul viadotto Cerrano, fra Atri-Pineto e Pescara nord. Questi ultimi rientrano negli interventi susseguenti al sequestro del guardrail deciso due anni fa dalla procura di Avellino, ritenendo quel modello poco sicuro, dopo un incidente avvenuto nel maggio 2013, sulla A16 Napoli-Canosa, quando un pullman turistico precipitò dal viadotto provocando la morte di 40 persone.
La misura costrinse – in attesa degli interventi di sostituzione – a restringere la carreggiata di ben 13 viadotti, eliminando le corsie esterne. Inevitabile il caos nel traffico, costretto a utilizzare solo una corsia per senso di marcia. Attualmente, mentre procede l’installazione del nuovo guardrail, la procura ha permesso di posizionare lungo i viadotti sequestrati pannelli provvisori di new jersey, riducendo così l’area stradale non percorribile. Restano però i cantieri per le gallerie. Dopo una fitta serie di riunioni fra ministero per le Infrastrutture, Autostrade per l’Italia e Regioni Marche e Abruzzo (alle quali però raramente sono stati invitati gli autotrasportatori), è stata decisa la sospensione di tutti i lavori diurni a partire dal 9 luglio (ed è stato preso un vago impegno del gestore a realizzare la terza corsia) che qualche miglioramento lo ha portato.
Ma in tempo di vacanze sono un problema anche le chiusure notturne, che riguarderanno 12 tratte autostradali e interesseranno anche la A24 Roma-Teramo e la A25 Roma-Pescara. Sulla direttrice adriatica, l’autostrada costituisce un’alternativa al traffico delle vacanze, proprio per gli spostamenti serali per raggiungere i locali clou delle movida in località come Pineto, Silvi Marina o Roseto degli Abruzzi. E, d’altra parte, i sindaci temono che le chiusure notturne riversino sulla SS 16 Adriatica il traffico pesante che viaggia di notte, intasando e creando code e ingorghi non solo sulla statale, ma anche sulla viabilità urbana.
Non solo autostrade: la E45
Anche perché i cantieri spuntano pure sulle strade statali, dove il coordinamento, la programmazione concordata, la consultazione allargata sono un’ipotesi del terzo tipo. Non a caso l’Anas ha deciso a metà luglio di chiudere 435 degli 800 cantieri presenti sulla sua rete, senza però precisare le date («a partire dal 23 luglio e fino al 5 settembre») né le tratte interessate (rinviando al sito «per la situazione dei cantieri inamovibili»).
Perciò chi volesse imboccare la maltrattata E45, dovrà informarsi online sulla situazione degli undici cantieri lungo il centinaio di chilometri tra Ravenna e Verghereto. Dove due viadotti hanno ormai un connotato simbolico: il lunghissimo Tevere IV e il Puleto. Il primo, partito a maggio 2019, ha portato a termine appena il 2% dei lavori nonostante la data di consegna sia stata fissata per il 13 settembre 2022. Non è una scommessa prevedere che non rispetterà i tempi. Il secondo, sequestrato due anni fa per un’inchiesta della magistratura che ha mandato a processo tre dirigenti Anas, ancora è fermo ai blocchi: dopo i ritardi per le esigenze probatorie dell’indagine e per la sospensione invernale ora è scattata la rescissione del contratto con la ditta appaltante in difficoltà finanziarie. La consegna, prevista per la stessa data del Tevere IV, è «in corso di definizione». Nel frattempo, occorre arrangiarsi, tra scambi di carreggiata, corsie uniche, limiti di velocità, divieti di sorpasso. E informazioni online.
I dannati della FI-PI-LI
Se per la superstrada europea su Facebook è stato creato un gruppo pubblico – «Vergogna E45» – di 9.159 membri, un’altra arteria è arrivata sui social: la Firenze-Pisa-Livorno (semplicemente Fipilì per gli addetti) ha un nome altrettanto significativo: «I Dannati della FI PI LI», 10.052 membri per raccontare code, disagi, ritardi e ingorghi. Eppure, è una Strada di grande comunicazione (SGC): mentre, più a Nord, la A11 Firenze-Mare è un’autostrada più a vocazione turistica, anche se serve il distretto tessile di Prato e il polo tecnologico di Lucca, la Fipilì collega il Valdarno meridionale con i porti toscani: sul suo percorso si trovano le zone industriali di Lastra a Signa, Montelupo Fiorentino, Empoli e Pontedera, nonché il Comprensorio del cuoio, nella zona di San Miniato. In poco meno di 100 km (34 anni per realizzarli) si accalcano quotidianamente circa 50 mila veicoli, di cui un buon 15% sono mezzi pesanti e il resto prevalentemente pendolari. Un traffico quadruplo rispetto a quello per cui era stata progettata negli anni Sessanta del secolo scorso, che richiede continui interventi di manutenzione. E che provoca un incidente ogni 40 ore. Tanto che 22 sindaci della zona hanno scritto a Regione e governo per chiedere la terza corsia.
Ma dell’inadeguatezza delle risposte istituzionali sono consapevoli anche gli amministratori locali, se il presidente della Regione, Eugenio Giani, ha proposto di affidare la gestione della superstrada a una concessionaria «che si occupi, preventivamente delle necessarie manutenzioni e sia tempestiva negli interventi». Quando, però, a inizio anno, una frana ha interrotto la carreggiata tra Ginestra Fiorentina e Lastra a Signa, dopo aver constatato che il danno richiedeva una spesa soggetta a gara d’appalto (e dunque tempi piuttosto lunghi), lo stesso Giani – spalleggiato dal sindaco di Firenze, Dario Nardella – non ha trovato di meglio che chiedere al ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, di dirottare obbligatoriamente i mezzi pesanti sulla Firenze-Mare. Ed è stata anche ventilata l’ipotesi di pedaggi sempre e solo per i camion.
Un confronto, no?
Dura la reazione degli autotrasportatori locali. Divieti e pedaggi «per un servizio che non c’è», ha replicato Maurizio Bandecchi, coordinatore di Assotir Toscana, sono «scorciatoie molto discutibili e poco meditate» che peraltro stanno «facendo emergere contraddizioni fra le stesse istituzioni coinvolte». Per questo Bandecchi ha chiesto «un confronto aperto e complessivo su tutto il sistema infrastrutturale toscano. Il nostro punto di vista è essenziale per avere un quadro completo dei problemi sul tappeto. Altrimenti a tappeto ci mandiamo il nostro sistema produttivo e la nostra economia».
Quella del confronto è la strada indicata anche da Gasparoni: «Bisognerebbe convocare i tavoli per tempo e ascoltare tutti: si devono aprire cantieri importanti? Bene, sentiamo enti e associazioni per concordare tutti gli accorgimenti possibili, dai cantieri notturni a quelli a ciclo continuo che permettono di concludere un intervento in dieci giorni anziché in un mese». Il fatto è che il confronto deve essere autentico, paritario e arrivare a decisioni condivise. A settembre sono previsti nuovi interventi molto invasivi in due gallerie sulla A10 Genova-Ventimiglia e sulla A26. «Ci hanno proposto una pianificazione di deviazioni deliranti», racconta Tagnochetti. «Abbiamo provato invano a cambiarla, ma finché il ministero si muove solo per dettare i controlli e gli interventi, la società Autostrade non ci sta a sentire».