Alla fine sono i più buoni e i più legalisti ad avere la peggio. E allora tanto vale agire come fanno quelli meno buoni, per non dover pagare anche per loro. È questa la morale che sembra suggerire il presidente di Anita, Thomas Baumgartner, quando, di fronte alla sequela di conseguenze dannose provocate dalla decisione dell’Austria di chiedere da domenica 14 febbraio un certificato di negatività agli autisti italiani in transito al Brennero, suggerisce a chiare lettere una soluzione di reciprocità molto drastica: «Adotti anche il nostro Paese analoghe misure per i veicoli provenienti dal Tirolo per assicurare la necessaria sicurezza sanitaria e parità di condizioni. In caso contrario, a salvaguardia dei nostri autisti e delle nostre imprese, non possiamo escludere l’interruzione dei servizi verso il Nord Europa».
Per arrivare a una presa di posizione così energica, il presidente di Anita deve essere particolarmente furioso. D’altra parte, stavolta la vicenda, in parte replica di quanto accaduto nella scorsa primavera, ha richiesto un sacrificio al nostro autotrasporto ancora più pesante. Ricordiamo infatti che tutto inizia nel momento in cui il Tirolo viene classificato ad altissimo rischio Covid. A quel punto la Germania impone il test antigenico con esito negativo per i conducenti che, nelle 48 ore precedenti, giungano al proprio confine tramite il Tirolo. Passando altrove cioè – per esempio da Tarvisio – tutto resta invariato. Soltanto che a quel punto il governo del Tirolo inizia a controllare i camion che varcano il Brennero diretti in Germania e oltre. Le code sono inevitabili, anche perché le stesse autorità tirolesi contingentano il passaggio sul confine contenendo il transito a 40/50 veicoli all’ora anche nel caso in cui gli autisti al volante dispongano di certificazione Covid con esito negativo (regolarmente tradotta in inglese, tedesco e francese; presentarla in solo italiano equivale a non averla).
A quel punto a Roma, di fronte alle code chilometriche che si creano e di fronte ai disagi provati dagli autisti costretti al gelo (la temperatura viaggia intorno ai -15 gradi) e dalle loro aziende, impossibilitate a effettuare consegne nei tempi richiesti dai propri committenti, il primo consiglio dei ministri del governo Draghi prende subito in analisi la questione sistemando all’autoporto di Sadobre un centro in cui effettuare i tamponi agli autisti spaesati, infreddoliti e – ahimè – anche ammassati in coda. Da quanto si appura sui primi 1.800 tamponi effettuati soltanto tre forniscono esito positivo. Non si appura nulla invece di come abbiamo gestito i veicoli le aziende di questi tre autisti costretti a un’immediata quarantena.
Fatto sta che il problema nel frattempo si allarga. E così i concessionari della A22 pensano di adottare un’azione di filtraggio dei mezzi a Verona, in modo di deviare il traffico verso Tarvisio. Perché come detto da lì è possibile andare in Germania senza tamponi e certificati. In ogni caso è un giro gravoso perché costringe a percorrere 200 chilometri in più.
In questo modo – sottolinea Baumgartner – «abbiamo fatto il gioco del Tirolo che grazie alle azioni di filtraggio e dirottamento del traffico attuate in Italia, ha caricato sul nostro Paese la gestione dell’emergenza, i costi che ne sono derivati e liberato le proprie strade dal traffico di mezzi pesanti».
Ma questo è soltanto un pezzo del problema. L’altro è quello che riguarda le dinamiche interne all’Unione europea. E a tal proposito non può sfuggire che tanto la Germania quanto l’Austria abbiano adottato misure unilaterali. Il contrario cioè, di quanto richiede Bruxelles, sia nel metodo (unilaterale invece che condiviso) ma anche nel merito, visto che la stessa Commissione soltanto la scorsa settimana, per bocca della responsabile ai Trasporti Adina Valean, aveva richiesto di non fermare il traffico merci e di continuare a rispettare i corridoi verdi, per non mettere in ulteriore difficoltà le economie degli Stati membri già provato dalla crisi.
Ed è proprio questo il punto che manda su tutte le furie Baumgartner, perché l’Italia giustamente ha giocato la parte dei buoni e ha rispettato le Raccomandazioni comunitarie in materia, ma «se effettivamente le suddette decisioni sono motivate da reali esigenze sanitarie, chiediamo allora, oltre che di incontrare urgentemente il governo, che «anche il nostro Paese adotti analoghe misure per i veicoli provenienti dal Tirolo per assicurare la necessaria sicurezza sanitaria e parità di condizioni» E se ciò non avvenisse – conclude senza mezzi termini – «non possiamo escludere l’interruzione dei servizi verso il Nord Europa».
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