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Anche in Cina mancano autisti, ma la colpa è del capodanno

Il Capodanno cinese significa ritorno a casa di tanti autisti. Ma oggi significa pure quarantene obbligatorie. Conseguenza: la capacità di trasporto, già ridotta del 70%, si dimezzerà ulteriormente. E lo toccheremo con mano anche a casa nostra...

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Oggi in Cina iniziano i festeggiamenti per il capodanno cinese che andranno avanti fino 26 febbraio. Cosa c’entra questo con il trasporto merci? In realtà tale festività rischia di avere un impatto traumatico sul settore in quanto destinata a togliere dalle strade un alto numero di autisti. In pratica, seppure per un tempo limitato e non giustificato da ragioni di mercato, anche in Cina si faranno i conti con quella carenza di autisti con cui da anni ci misuriamo in Italia e in Europa. Proviamo a spiegare il perché.

Autisti in viaggio, ma non per lavoro

Per i cinesi il Capodanno è una festività importantissima e tutti la onorano rientrando nelle proprie città di origine, spesso diverse da quelle in cui si lavora. Ma quest’anno – contrariamente a quanto avvenne lo scorso, quando in realtà il virus era già in circolazione – a complicare le cose ci sono una serie di misure imposte dallo Stato per cercare di arginare il contagio, come per esempio le quarantene previste obbligatoriamente nel momento in cui si passa da una regione all’altra. Ciò significa, tanto per fare un esempio, che se un autista lavora per il porto di Shangai ed è originario di Wuhan, deve lasciare la regione di Zhejiang per raggiungere quella dell’Hubei è costretto a sottoporsi a un periodo di isolamento di un paio di settimane almeno. Si tenga conto, però, che i cinesi sono alcuni miliardi e quindi a muoversi saranno folle più o meno oceaniche. Prova ne sia che proprio allo scopo di organizzare le quarantene di queste folle oceaniche di cittadini in movimento nei centri più esposti alla pandemia sono stati realizzati in pochi giorni degli ospedali che servono proprio a ospitare questa particolare tipologia di “viandanti”. Per esempio, nella città di Shijiazhuang – che conta circa 10 milioni di abitanti – è stato edificato in appena dieci giorni un ospedale in grado di ricoverare per quarantena più di 4 mila persone.

Si fermano i camionisti cinesi, si bloccano le catene logistiche mondiali

Il fenomeno è così consistente che le aziende di trasporto prevedono una riduzione della forza lavoro del 50% nelle prossime due settimane di festività.

Per comprendere tutte le conseguenze di questo dato bisogna tenere presente due fattori:

  • il primo riguarda la capacità di trasporto della Cina che già prima di tale contingenza era stata ridotta al 70%. Quindi il dimezzamento va riferito a un dato già contratto;
  • Pechino si trova al centro delle relazioni logistiche globali. E quindi un piccolo anello che si viene a spezzare lungo la supply chain che interessa l’autista in viaggio da Shangai all’Hubei, rischia di avere riflessi fino a casa nostra. Tutto ciò per dire che chi oggi attende dalla Cina un container o necessita di spedirne uno in questa direzione incontrerà difficoltà quasi insormontabili proprio perché… mancano gli autisti.

Le varianti (produttive) alla Cina

Una dimostrazione di quanto questa situazione sia critica è data dal fatto che molte aziende occidentali che avevano negli anni scorsi insediato in Cina propri stabilimenti produttivi ora stanno valutando in concreto l’opportunità di trasferire i centri di fornitura in aree diverse, quali il Vietnam o le Filippine. Anche se, a onor del vero, almeno fino a ieri, ad accelerare tali processi era anche la politica doganale statunitense dell’era Trump. Ormai terminata

Redazione
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La redazione di Uomini e Trasporti

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