Come hanno annunciato gli esperti, anche se la pandemia da Covid 19 continua ad affliggerci, cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel, grazie alla somministrazione dei vaccini che, distribuita in quattro fasi a cadenza trimestrale, dovrebbe concludersi – se le tempistiche di consegna vengono effettivamente rispettate – nel corso di quest’anno. Ma è sul tema delle categorie sociali cui dare priorità della somministrazione dei vaccini che rischia di aprirsi un dibattito di non facile soluzione.
Cominciamo col dire che, mentre è in corso la prima fase della campagna vaccinale, siamo costretti ad assistere a differenze non marginali nella scelta delle categorie prioritarie, dovute alla parcellizzazione delle competenze in materia sanitaria fra diverse Regioni, mentre tale scelta dovrebbe rientrare fra i compiti non delegabili dall’Amministrazione centrale. Come sappiamo, quest’ultima, attraverso il Commissario preposto all’emergenza Covid, ha indicato nelle persone più fragili (ospiti delle RSA e operatori sanitari) le prime categorie da vaccinare. Peraltro, come si è potuto riscontrare già nei primi giorni di gennaio, le Regioni sembrano andare in ordine sparso, privilegiando l’una o l’altra categoria sociale (non solo RSA, ma anche medici e pediatri di base, dentisti, farmacisti, ma non in tutte le Regioni). Occorre, quindi, innanzitutto, che sia lo Stato a farsi carico di individuare le categorie sociali cui somministrare i vaccini nelle diverse fasi e di indicare in modo inequivocabile i soggetti che ne fanno parte.
Nella seconda fase, la platea dei vaccinandi comprenderà i soggetti ultrasessantenni o con particolari fragilità, i gruppi socio-demografici a rischio e il personale scolastico ad alta priorità, mentre, nella terza fase, che dovrebbe aver luogo da luglio a settembre, sono inseriti, fra gli altri, gli addetti ai servizi essenziali, fra i quali sono citate le forze dell’ordine, ma anche i conducenti di veicoli adibiti al pubblico trasporto di persone.
«Non sembra dubitabile che i trasportatori, siano essi lavoratori dipendenti o padroncini, svolgano servizi di pubblica utilità, ai quali quindi somministrare i vaccini anti Covid 19. Occorrerebbe però passare dalle parole ai fatti: ci auguriamo che, su input della ministra dei Trasporti, a ciò provveda il Commissario preposto all’emergenza pandemica»
Per quel che riguarda il settore della logistica, ancora non preso in considerazione, appare sicuramente fondata la richiesta di diverse organizzazioni associative di inserire gli operatori del trasporto merci e delle piattaforme logistiche, ivi compresi i magazzinieri, fra gli addetti ai servizi essenziali.
In effetti, non sembra oggettivamente dubitabile che, alla stregua di quelli addetti al trasporto delle persone, si tratti di soggetti – siano essi lavoratori dipendenti o “padroncini” – che svolgono servizi di pubblica utilità nei confronti di cittadini e imprese, ai quali fanno arrivare beni di primaria necessità per vivere e produrre, correndo anche rischi di contagio, connessi agli inevitabili contatti con altri soggetti, lavoratori e non, nelle diverse Regioni italiane dove si trovano a operare.
Ciò è apparso ancor più vero nei periodi di lockdown o di restrizioni imposte alla circolazione e a svariate attività commerciali, allorché, solo grazie all’efficace e tempestiva risposta all’emergenza da parte degli operatori del trasporto, i cittadini hanno potuto approvvigionarsi di prodotti, disponibili nei supermercati come nelle farmacie, senza soluzioni di continuità: è, infatti, in quelle occasioni, che è emersa la centralità e strategicità della logistica delle merci come settore “pilastro” per il funzionamento dell’intero sistema paese, come riconosciuto dalle stesse pubbliche autorità, in più passaggi istituzionali. Non solo ripetute manifestazioni di riconoscenza (come, da ultimo, lo spot natalizio diffuso dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), ma anche fatti concreti, come la sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali disposta dal primo decreto legge emergenziale Cura Italia, testimoniano del ruolo fondamentale finalmente acquisito dal settore logistico, quale «motore necessario al funzionamento di qualsiasi attività, produzione o servizio» (così definito dall’Allegato «Infrastrutture #Italia Veloce» al Documento di Economia e Finanza 2020).
Va da sé, quindi, che, anche per ricomprendere gli operatori del trasporto e della logistica fra le categorie addette ai servizi essenziali alle quali somministrare i vaccini anti Covid 19, occorrerebbe passare dalle parole ai fatti: ci auguriamo che, su input della ministra dei Trasporti, a ciò provveda il Commissario preposto all’emergenza pandemica.