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Debora Facchetti, una veterana del trasporto: «Ho girato l’Europa inseguendo una passione»

Alla guida da oltre trent’anni, Debora ha attraversato le strade di tutta Europa trasportando con il suo camion frigo frutta e verdura. Erano gli anni 90 quando decise di inseguire la sua passione con e dedizione, nonostante le difficoltà e una brutta rapina che nel 2009 l’ha portata a essere sequestrata nella sua cabina per cinque ore

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Debora Facchetti, classe 1971, è originaria di Grassobbio, in provincia di Bergamo, dove oggi è tornata a lavorare dopo aver girato l’Europa a bordo del suo bilico. Oggi è una veterana dell’autotrasporto, un’icona per le nuove leve, e ha molto da raccontarci sulla sua vita trascorsa a bordo dei mezzi pesanti.  Fin da piccola ha sempre avuto le idee chiare: il suo sogno “da grande” era guidare un camion. Un sogno nato tra i tavoli della trattoria di famiglia frequentata dai molti camionisti che guardava con ammirazione e invidia. Osservava i loro camion e sapeva che un giorno, anche lei, ne avrebbe avuto uno.

Determinata e spigliata, quando si tratta di aprire l’album dei ricordi Debora si fa più timida: «Per me l’autotrasporto è tutta la mia vita, raccontare del mio lavoro è come raccontare me stessa».

Partiamo dagli esordi, come hai iniziato? 

Sono cresciuta in mezzo ai camionisti che frequentavano la trattoria di famiglia, li ho sempre ammirati per il loro lavoro. Quando ho spiegato ai miei genitori che volevo diventare anche io un’autotrasportatrice penso che mamma abbia segretamente esultato. Abbiamo pochi anni di differenza per cui ci capiamo molto bene, in più da giovane anche lei avrebbe voluto guidare un camion, ma la vita l’ha portata a fare altro. In qualche modo con il mio lavoro ho realizzato anche il suo sogno nel cassetto. Appena compiuti i 18 anni ho preso la patente e l’anno successivo, era il 1990, ho iniziato a lavorare con DHL Aviation all’aeroporto di Orio al Serio. Inizialmente era un lavoro part-time: di giorno davo una mano ai miei genitori in trattoria e la sera, per 4 ore, guidavo i furgoni. Anni difficili, ma bellissimi. 

Quando hai iniziato a dedicarti totalmente a questo mestiere?

Qualche anno dopo, nel ’98, ho cambiato società e mi sono messa alla guida di un bilico con cui ho iniziato a fare tratte soprattutto all’estero. Ho lavorato anche in Sicilia e a Napoli, ma ho sempre fatto tratte lunghe: Spagna, Portogallo, Svezia, Svizzera, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca. Non ricordo neanche tutti i paesi in cui ho guidato, ma è grazie a questi viaggi che mi si è aperto un mondo: in Italia, agli inizi, erano poche le donne che facevano questo lavoro, circa una ventina (me compresa) e nella mia azienda ero l’unica. In giro per l’Europa, invece, di donne ce ne erano eccome, soprattutto tedesche, olandesi e francesi. All’estero fare la camionista era un lavoro come un altro, in Italia invece sono sempre stata guardata con un misto di ammirazione e diffidenza. Le persone si complimentavano con me per quello che facevo, ma c’era sempre il dubbio che non fossi in grado di farlo bene come lo avrebbe fatto un uomo.

Oggi è ancora così?

Sono cambiate tante cose. Oggi ci sono molte più donne in questo settore e con gli anni, con il lavoro e con l’impegno abbiamo saputo dimostrare che siamo perfettamente qualificate per fare questo mestiere. C’è molto rispetto tra i colleghi, ognuno di noi fa cose diverse e in modo diverso e se lo facciamo bene o male non dipende certo dal nostro genere. Quando si decide di intraprendere questa strada bisogna essere consapevoli che non è facile, ci sono barriere all’ingresso, ma l’essere donna non deve essere una di queste: io e le mie colleghe ne siamo la dimostrazione.

E con i colleghi all’estero i rapporti com’erano?

Ho sempre amato viaggiare all’estero, ho girato l’Europa per 22 anni e ad oggi è la cosa che mi manca di più del mio lavoro. Conoscevo poco le colleghe straniere, ma mi sono sempre trovata benissimo a lavorare con tutti. Spagna e Olanda, in particolare, erano le mie tratte preferite: lì la gente è calorosa e accogliente, mi hanno sempre fatto sentire come a casa, anche perché capitava che non rientrassi per 40/45 giorni consecutivi.

Quando stavi via così a lungo dove dormivi?

All’estero non è mai stato un problema passare tante notti fuori. Ci sono aree di servizio attrezzate con bagni per uomini e donne, docce, spogliatoi, lavatrici e asciugatrici, soprattutto in Germania e in Francia. Devo essere sincera: non posso dire di non avere mai paura. Soprattutto dopo la rapina che ho subìto. È successo nel 2009, ero a Cassino. Stavo dormendo quando due uomini mi hanno assalita in cabina bloccandomi. La loro prima reazione quando si sono accorti che ero una donna è stata di sorpresa, ricordo che addirittura si scusarono, ma mi dissero che dovevano fare il loro lavoro. Mi hanno tenuta sequestrata in cabina per cinque ore, mentre uno rubava il carico e l’altro mi controllava. Sono state ore terribili, anche se io reagii con più calma di quanto anche loro non si aspettassero. Mi misi addirittura a chiacchierare con l’uomo con me in cabina: era una situazione surreale, ma a distanza di diversi anni penso di essere stata fortunata e che in fondo mi sia andata bene. La paura è stata tanta e ancora oggi non nego di averne, sono cose che ti segnano. Nonostante questo episodio ho continuato a fare il mio lavoro con passione e con la consapevolezza che anche le situazioni più difficili si possono superare. Mi è capitato altre volte di subire tentativi di furto, fortunatamente non andati a buon fine, ma ho imparato a gestire certe situazioni: mi tutelo, chiamo subito qualcuno e aspetto in cabina. La paura non deve essere un limite, il mio lavoro è bellissimo e non permetto a niente o nessuno di rovinarmelo.

Oggi dormi ancora fuori con il camion? 

Sì, lavoro principalmente nel Nord Italia. Parto da Bergamo la domenica e rientro il venerdì sera facendo varie tappe tra Tortona, Alessandria, Milano e Brescia. Non è mai stato un problema per me stare fuori casa, l’autotrasporto era ed è ancora la mia unica e più grande passione. Motivo per cui non ho mai pensato a una famiglia: non è mi è capitato di trovare la persona giusta e quindi mi sono dedicata al mio lavoro. Non me ne pento, è una scelta che rifarei altre cento volte: io sono felice.

Cosa ti aspetti dal futuro? 

Non vedo l’ora tornare a viaggiare in Europa, mi piacciono le tratte lunghe, hai molto tempo per stare con te stessa e pensare. Uno dei ricordi più belli che conservo risale al 1999: eravamo sei camion e dovevamo andare in Inghilterra. Siamo rimasti bloccati a bordo della nave per diciotto ore. Un viaggio interminabile ma in cui abbiamo fatto squadra e ci siamo sostenuti a vicenda. Ecco, è questo il bello di questo mestiere, secondo me: un lavoro solitario, dove si impara a fare i conti con sé stessi, ma in cui quando ho avuto bisogno di una mano c’è sempre stato qualcuno disposto ad aiutarmi.

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